riporto
Contratto regolato dall’art. 1549 del codice civile. Esso prevede che una parte, detta riportato, trasferisca all’altra, detta riportatore, la proprietà temporanea di una certa quantità di titoli contro pagamento in contanti di un certo prezzo; alla scadenza del termine pattuito il riportatore è obbligato a restituirli in cambio di un valore che può essere superiore o inferiore a quello iniziale. La struttura formale è quella di un contratto unitario, ma nella sostanza il r. si compone di una coppia di operazioni simmetriche a pronti e a termine. Può essere utilizzato quando il riportato abbia nel breve periodo necessità di denaro liquido e non voglia privarsi definitivamente dei titoli che dà a r. perché ritiene che il loro prezzo aumenterà; in questo caso il valore di riacquisto supera quello iniziale. Il contratto è assimilabile a un prestito garantito dai titoli dati a riporto. Altre volte può essere interesse del riportatore avere la disponibilità, solo temporanea, del titolo con varie motivazioni: partecipare a una assemblea con diritto di voto, o evitare di trovarsi, quando ciò sia vietato dalla legge, nella posizione di venditore a termine allo scoperto in una operazione parallela. In questi casi il prezzo di riacquisto è inferiore a quello iniziale e il contratto si definisce deporto (➔). ● Si indica con r. di perdite a fini fiscali la possibilità di detrarre dall’utile imponibile di impresa perdite pregresse, cioè verificatesi in anni precedenti. Fino al d.l. 98/2011 tale opportunità era esercitabile solo nei 5 anni successivi a tale evento; in seguito sono stati aboliti i limiti di tempo, ma il r. non può superare l’80% del reddito imponibile dell’esercizio.