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di Massimo Libonati - Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1981)
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RIPRODUZIONE (XXXI, p. 398)

Massimo Libonati

Aspetti molecolari della riproduzione.- Carattere distintivo degli organismi viventi è la capacità di riprodursi perpetuando le proprie caratteristiche nelle generazioni successive. È ormai chiaramente stabilito che la trasmissione dei caratteri ereditari dell'organismo (della specie), per lungo tempo ignorata nella sua essenza o dapprima erroneamente attribuita alla componente proteica dei cromosomi, è competenza degli acidi nucleici. La scoperta (O.T. Avery e coll., 1944) che il DNA è quasi sempre (più raramente lo è l'RNA) il depositario dell'informazione genetica, pose la questione di quale fosse il meccanismo molecolare della trasmissione dei caratteri ereditari. La risposta a tale quesito venne dalla comprensione della struttura del DNA (J. D. watson e F. H. C. Crick, 1953), struttura che immediatamente suggerì un convincente modello di replica del materiale genetico, che può esemplificarsi come segue.

Il DNA, generalmente a doppia elica (alcuni virus hanno DNA a catena singola), si svolge nelle sue due catene polinucleotidiche componenti, ognuna delle quali diviene lo stampo sul quale si riforma per azione enzimatica una catena complementare, con produzione, quindi, di due doppie eliche (fig. 1) in tutto eguali a quella originaria (la generazione; v. nucleici, acidi, in questa App.). Si noti, tuttavia, che ognuna di esse è per metà costituita dalla molecola originaria, contenendo, cioè, una delle due eliche della molecola genitrice, l'altra - complementare e neoformata - essendo totalmente nuova. La replica del DNA è detta, pertanto, "semiconservativa". La ripetizione di tale processo assicura il perpetuarsi della trasmissione dell'informazione genetica alle generazioni successive. Appare evidente che, a partire dalla IIa generazione in poi (fig. 1), accanto alle due molecole di DNA che si formeranno secondo le modalità descritte or ora, si troveranno due nuove molecole (e nelle successive generazioni via via altre) sempre identiche a quella originaria, ma costruite con materiale nucleotidico totalmente nuovo.

Negli anni successivi furono prodotte eleganti riprove sperimentali del meccanismo di replica ipotizzato da Crick e Watson, le quali dimostrarono inconfutabilmente che il modello proposto era assolutamente corretto. La precisione del processo duplicativo è garantita dal principio di complementarità che regola l'appaiamento delle basi azotate.

Le fasi e le caratteristiche salienti del processo di replica del DNA note attualmente possono riassumersi come segue.

1. Il disavvolgimento della doppia elica avviene in corrispondenza di un "punto di crescita" o "biforcazione" o "forcella" (fig. 2 e 3). Perché il fenomeno abbia luogo occorre che la tensione imposta alla molecola del DNA dalla sua struttura a doppia elica si rilasci in corrispondenza di un cosiddetto "perno" di rotazione. L'instaurarsi di tale perno potrebbe avvenire mediante interruzione di una delle due catene del DNA ad opera di un enzima di tipo endonucleasico; tale interruzione consentirebbe ovviamente una libera rotazione intorno a un legame fosfodiesterico nell'altra elica. In un secondo momento, la ricostituzione del legame fosfodiesterico scisso potrebbe avvenire per l'azione di un enzima del tipo della DNA ligasi.

2. Il processo di replica può procedere sul cromosoma sia in una sola direzione che in entrambe le direzioni opposte: il movimento bidirezionale, che necessita di due punti di crescita o forcelle, è il più comune.

3. La replica incomincia in un punto preciso, chiamato origine (fig. 4 e 5), sui cromosomi batterici e virali. Va ricordato che batteri a crescita rapida possono presentare cromosomi con diverse forcelle, corrispondenti a processi di duplicazione iniziati prima che i precedenti siano terminati. In tal modo può notevolmente aumentare la velocità di duplicazione del DNA batterico. Invece, la replica dei cromosomi eucariotici incomincia sempre in corrispondenza di diversi punti di origine, situati in posizioni diverse lungo il DNA cromosomico: ciò è comprensibile e spiegabile vista la molto maggiore lunghezza dei DNA eucariotici rispetto a quelli batterici o virali (fig. 6). In conclusione, per il gran numero di forcelle simultaneamente in attività, la velocità totale di replica di un cromosoma eucariotico può risultare maggiore di quella di uno batterico. A ogni unità di replica si dà il nome di "replicone".

4. La replica di entrambe le catene del DNA procede per aggiunta successiva di nucleotidi sempre nella direzione 5′ → 3′.

5. La replica avviene per sintesi "discontinua" di frammenti relativamente brevi di DNA (frammenti di ORazaki). Questi segmenti, rappresentati da circa 100 nucleotidi nelle cellule animali e da circa 1000-2000 nucleotidi in quelle procariotiche, sono poi saldati l'uno all'altro per azione dell'enzima DNA ligasi.

6. Il processo di replica dipende dalla "trascrizione". In altre parole, esso inizia solo previa sintesi di brevi segmenti di RNA, complementari di tratti a singola elica di DNA, operata dalla RNA polimerasi DNA-dipendente. Le DNA polimerasi (isolate da animali e batteri) non sono in grado, cioè, di dare avvio a una nuova catena di DNA in assenza di questo innesco (primer), rappresentato dai brevi segmenti di RNA suddetti. In Escherichia coli essi sono costituiti da 50-100 nucleotidi e la loro estremità 3′ − OH offre, per così dire, un appiglio alla DNA polimerasi per la sintesi del DNA. Le nuove catene di DNA iniziano, perciò, con l'unione covalente di un deossiribonucleotide al ribonucleotide terminale suddetto, tale legame covalente essendo molto specifico. Nello stampo (DNA) devono esistere perciò segnali specifici che impongono il passaggio dalla sintesi complementare di RNA (trascrizione), costituente l'innesco suddetto, a quella di DNA. Da una trascrizione di breve durata si passa, cioè, a un processo di replica vero e proprio. In un secondo momento, i brevi segmenti a doppia elica ibridi DNA-RNA vengono attaccati da nucleasi, quale, per es., la ribonucleasi H o ibridasi, la quale elimina da essi la porzione poliribonucleotidica. I "vuoti" così determinatisi nella struttura a doppia elica del DNA vengono poi riempiti per azione DNA polimerasica.

La replica del DNA a singola elica, genoma di alcuni virus batterici (ΦX 174, s13, F1, M13), poggia essenzialmente sugli stessi principi di quella del DNA a doppia elica. Essa avviene, infatti, previa sintesi di una catena polideossiribonucleotidica complementare di quella virale infettante. Le due catene complementari costituiscono, così, una "forma replicativa" a doppia elica, in seno alla quale la catena polideossiribonucleotidica neoformata rappresenta lo stampo per la replica di DNA identico a quello virale.

Enzimi coinvolti nella replica del DNA. - In breve sintesi, gli enzimi che prendono parte al processo di replica del DNA sono: a) le varie DNA polimerasi (I, II e III). Di queste, l'ultima pare abbia precipua funzione polimerizzante, la I quella di riempire eventuali "vuoti" della catena neosintetizzata; la funzione della II non è ancora chiara; b) La RNA polimerasi DNA-dipendente; c) Le DNA ligasi (ATP- o NAD+-dipendenti); d) Le nucleasi (da ricordare che la DNA polimerasi I esplica anche due distinte attività nucleasiche, molto importanti per l'azione riparatrice e correttrice, che l'enzima possiede), che possono partecipare in vario modo: producendo interruzioni di una catena, e cioè punti di origine; scindendo, ancora, una catena in modo da dar luogo ai "perni" di rotazione suddetti; eliminando i segmenti di RNA fungenti da innesco; operando scissioni specifiche durante la maturazione e definitiva organizzazione dei cromosomi virali; eliminando zone "difettose" sul DNA, che possano ostacolare o interrompere il processo replicativo (cfr. quanto detto a proposito delle attività nucleasiche della DNA polimerasi I); rifornendo la riserva cellulare di unità nucleotidiche (necessarie per i processi di sintesi enzimatica del DNA (= replica)) mediante, per es., demolizione del DNA di cellule infettate da virus.

Proteine disavvolgenti. - Il problema fisico del disavvolgimento delle molecole a doppia elica di DNA, spesso strettamente impacchettate in spazi limitati, non può dirsi risolto. Anche a questo proposito, notevole interesse possono avere le cosiddette "proteine disavvolgenti", trovate in batteri e in cellule eucariotiche. La loro capacità di favorire la separazione delle due eliche del DNA è dovuta alla proprietà che esse hanno di abbassare notevolmente la temperatura di denaturazione del DNA, per denaturazione intendendosi, appunto, la separazione delle due catene del DNA fra di loro. Per inciso, sperimentalmente la denaturazione è ottenibile mediante agenti diversi (temperatura, estremi di pH, ecc.), che determinino rottura dei legami idrogeno e indebolimento delle interazioni idrofobiche, responsabili dell'appaiamento delle due catene complementari e della stabilità della struttura del DNA. La suddetta proprietà delle proteine disavvolgenti si spiega, d'altra parte, con la loro spiccata affinità di legame per catene polideossiribonucleotidiche singole, tale legame essendo fortemente cooperativo e le molecole proteiche allineandosi, regolarmente giustapposte, lungo una catena di DNA.

Ruolo delle membrane nel processo di replica. - Le membrane, in particolare la superficie interna di esse, che possono essere coinvolte nella replica del DNA, sono quella cellulare dei batteri, quella nucleare delle cellule animali. Varie considerazioni suffragano l'idea di una connessione fra membrana e DNA, presumibilmente mediata da una proteina specifica. Tuttavia, sia il sito di attacco fra membrana e DNA, che l'eventuale ruolo della proteina mediatrice sono incerti per attuale scarsezza di prove sperimentali definitive.

Inibitori del processo di replica. - Numerosi inibitori di fasi diverse del processo di replica del DNA sono noti: fra quelli che al DNA si legano in maniera non covalente possono ricordarsi il bromuro d'etidio e la cancanomicina; fra quelli che instaurano un legame covalente col DNA (con conseguenze più o meno note e complicate) e ne inibiscono la replica sono, per es., la mitomicina e la bleomicina. Fra i cosiddetti analoghi dei nucleotidi, il cui meccanismo d'azione è ovviamente diverso, basti rammentare i dideossinucleoside trifosfati, gli arabinosilnucleoside trifosfati e il 3′-amino ATP, la 5-idrossiuridina, ecc.

Proteine associate al DNA eucariotico. - Al DNA delle cellule eucariotiche si trovano legati gl'istoni (noti in cinque tipi principali), proteine molto basiche, di modeste dimensioni e molto simili fra loro nei diversi tipi di cellule e nelle diverse specie. La loro funzione pare sia principalmente quella di mantenere la compattezza del DNA nei cromosomi, non quella del controllo dell'espressione genica, poco verosimile vista la scarsa eterogeneità degl'istoni. Tale funzione regolatrice e di controllo potrebbe invece essere esplicata da un gruppo numeroso di proteine acide, molto eterogenee, che pure si trovano associate al DNA eucariotico. Tenuto conto della complessità dell'organizzazione strutturale del DNA degli eucarioti, occorre considerare che le modalità di replica nel caso del DNA eucariotico possono nella realtà essere ben più complicate di quanto potrebbe desumersi dalla descrizione fatta prima, necessariamente schematica e semplificata.

Bibl.: O. T. Avery, C. M. MacLeod, M. J. McCarty, Studies on the chemical nature of the substance inducing transformation of pneumococcal types. Induction of transformation by a deoxyribonucleic acid fraction isolated from pneumococcus type III, in Journal of experimental medicine, vol. 79 (1944), p. 137; J. D. Watson, F. H. C. Crick, Molecular structure of nucleic acids. A structure for Deoxyribose Nucleic Acid, in Nature, vol. 171 (1953), p. 737; id., Genetical implications of the structure of Deoxiribonucleic Acid, ibid., p. 964; M. Meselson, F. W. Stahl, J. Vinograd, Equilibrium sedimentation of macromecules in density gradients, in Proceedings of the National Academy of Science USA, vol. 43 (1957), p. 581; M. Meselson, F. W. Stahl, The replication of DNA innEscherichia coli, ibid., vol. 44 (1958), p. 671; G. S. Stent, Molecular genetics. An introductory narrative, San Francisco 1971; L. Stryer, Biochimica, Bologna 1977; J. D. Watson, Molecular biology of the gene, New York e Amsterdam 1977.

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