rischio
rìschio s. m. – Pericolo al quale si è esposti individualmente o collettivamente in un determinato contesto. A lungo si è fatta una netta distinzione tra r. naturali e r. antropici. I primi sono legati in particolar modo a fattori atmosferici (tornado, cicloni tropicali, tempeste di sabbia, ecc.), a fenomeni marini o comunque connessi all’acqua (maremoti, alluvioni, grandine, ecc.), a fenomeni geologici (terremoti, eruzioni vulcaniche, frane, ecc.) o a flagelli di vario genere e natura (insetti parassitari, virus, batteri, ecc.). I secondi sono invece direttamente collegati alle attività e alle azioni degli individui e delle società: gran parte degli incendi (atti dolosi o accidentali), le diverse forme di inquinamento del mare, del suolo e sottosuolo o dell’aria (maree nere, nuvole radioattive, fuoriuscite di agenti chimici, di polvere fini, ecc.), le esplosioni industriali ecc.; in questa seconda categoria vanno altresì inseriti i r. criminali, terroristici e bellici. I numerosi e rapidi cambiamenti che le nostre società e i loro territori hanno registrato negli ultimi tempi rendono sempre più delicata e talvolta semplicistica questa distinzione. In effetti, le interazioni sempre maggiori e intrinseche tra le diverse sfere (economica, tecnica, sociale, ambientale e politica) tendono ad aumentare la complessità dei milieux e a renderne più difficili gli equilibri. Lo sviluppo di nuovi modi di produzione agroindustriale (con l’introduzione, per es., di strumenti biotecnologici e transgenici), l’intensificazione dell’uso di prodotti chimici, l’aumento esponenziale di rifiuti, costituiscono molteplici fattori che si combinano incrementando il livello e la complessità dei r., di cui non è immediato cogliere la dimensione temporale, ciò che può sembrar paradossale nell’era della previsione e della comunicazione.
Cartografia dei rischi. – Dalla scala mondiale alla scala locale e secondo la tipologia degli eventi tragici, la comunicazione mediatica di questi ultimi impone l’aggiornamento continuo della cartografia dei r.: dalla carta dei r. sismici (per es., in seguito al grave terremoto emiliano nella primavera 2012, avvenuto in un’area che a lungo non fu considerata ad alto r.) alla carta dei r. d’incendio (come l’incendio del febbraio 2009, il più funesto della storia australiana, aggravato da siccità e canicola); così accade sia per i r. tecnologici sia per quelli terroristici, e anche per i r. climatici o fitosanitari, eccetera. La catastrofe di Fukushima avvenuta in Giappone nel marzo 2011 ha mostrato quanto siano ormai collegate le diverse categorie di r.: un fortissimo terremoto (scossa principale di grado 8,9 della scala Richter durata circa 5 minuti), seguito da un maremoto che causò il decesso di almeno 10.000 persone e che, danneggiando l’impianto di sicurezza di una centrale elettrica, provocò un incidente nucleare. Nell’ambito della cartografia dei r., uno dei casi più interessanti è quello del gruppo AON, leader nel settore delle intermediazioni assicurative e consulenze sulla gestione dei r., che dalla metà degli anni Novanta del 20° sec. pubblica ogni anno la Carta mondiale dei r. politici per 167 paesi e territori, valutando vari fattori e distinguendo sei livelli di r. su una scala cromatica che va da 'basso' a 'molto alto'. Nell'edizione nel 2012, oltre ai r. di violenza politica (valutati in 81 paesi non solo in Africa o Medio Oriente, ma anche in America Meridionale e tra le repubbliche ex sovietiche), l’organizzazione identifica altri cinque criteri: cattiva immagine generale e situazione finanziaria (104 paesi, tra cui alcuni europei quali Serbia, Bulgaria, Croazia, Ucraina, ecc.); interferenze politiche che possono colpire gli interessi degli investitori stranieri (92 paesi, tra cui spiccano superpotenze quali Russia e Cina); entità pubbliche suscettibili di non rispettare i loro obblighi di pagamento (85 paesi, tra cui anche stati arabi nell’immaginario collettivo considerati affidabili quali Emirati Arabi, Egitto e Giordania); incapacità di garantire trasferimenti in valute forti (71 paesi come Corea del Nord, Mongolia, stati della Penisola Indocinese, della zona caribica e del Sud dell’America Latina) e infine rottura della catena delle forniture (61 paesi, tra cui molti relativamente avanzati e industrializzati quali Sudafrica, India, Brasile, Argentina e, nell’Unione Europea, Romania e Bulgaria).