Risorgimento
L’insieme degli eventi ideologici, culturali, politici, militari, economici e sociali, che tra la fine del Settecento e il 1861 portarono alla nascita di uno Stato italiano unitario, indipendente, ordinato politicamente come monarchia costituzionale sottoposta alla legittima sovranità dei Savoia. Fu un processo di portata epocale per la storia della penisola e per quella medievale e moderna dell’intera Europa, nella quale la divisione politica e militare della Penisola Italiana e dell’area germanica era stata per secoli una costante fondamentale. La storiografia è ormai abbastanza concorde nel far risalire l’inizio del R. al periodo delle repubbliche giacobine e della dominazione napoleonica. Tuttavia lo stesso dominio napoleonico perpetuò la divisione politica dell’Italia, sia pure rimaneggiandola pesantemente. Il Congresso di Vienna (1814-15) la ribadì, restaurandovi, rafforzata, l’egemonia diretta e indiretta dell’Austria, liquidando qualunque forma di governo costituzionale e democratico, generalizzando un assolutismo monarchico anche più dispotico di quello di antico regime, perché del tutto privo di corpi intermedi e di una qualsiasi forma di condivisione del potere sovrano da parte del popolo. Contro questo tipo di Restaurazione si formarono le prime società segrete di orientamento democratico, che animarono la prima fase del R. battendosi per un’Italia libera, unita e indipendente: la Carboneria organizzò i moti del 1820-21 nel regno delle Due Sicilie e in Piemonte e del 1831 in Emilia Romagna, Marche e Umbria secondo un modello cospirativo iniziatico e gradualistico delle cui insufficienze G. Mazzini si rese lucidamente conto, distaccandosene e fondando la Giovine Italia, il cui programma prevedeva di creare, attraverso una rivoluzione popolare, uno Stato nazionale indipendente e repubblicano. Nel corso degli anni Trenta-Cinquanta Mazzini svolse un’opera fondamentale ai fini della definizione del concetto di nazione italiana e promosse una serie di insurrezioni in diverse parti d’Italia, culminate nel 1849 nell’esperienza della Repubblica romana, ma che finirono tutte nella sconfitta. Esse tuttavia contribuirono in modo decisivo a testimoniare di fronte alle cancellerie e all’opinione pubblica europea l’esistenza di un movimento nazionale italiano disposto a battersi anche a costo della vita per l’indipendenza e la libertà della patria. D’altro canto sin dagli anni Venti apparvero anche teorie e forze politiche moderate che proponevano una soluzione del problema italiano attraverso forme di compromesso con sovrani e ceti dominanti. Il pensiero politico toscano con P. Capponi e C. Ridolfi, quello piemontese con C. Balbo e M. d’Azeglio, quello cattolico-liberale con V. Gioberti, elaborarono proposte politiche miranti alla creazione di una confederazione di Stati retti da ordinamenti politici monarchico-costituzionali. Il consenso maggiore nell’opinione pubblica italiana lo ottenne il programma definito «neoguelfo» di Gioberti, il quale, proponendo il conferimento della presidenza di una futura Confederazione italiana al pontefice, sembrò superare in un colpo solo sia l’inconciliabilità di uno Stato sovrano comprendente l’intera Penisola con il potere temporale della Chiesa sia il conflitto interiore dei cattolici italiani tra sentimento nazionale e appartenenza alla Chiesa di Roma. A fronte della proposta confederale cattolico-moderata prese corpo anche quella democratico-federale di C. Cattaneo, che mirava a una federazione italiana di repubbliche autonome. Il progetto che apparve più vicino a essere realizzato fu tuttavia quello confederale giobertiano. L’elezione al pontificato di Pio IX (1846) diede l’illusione dell’avvento di un pontefice che potesse incarnare l’ideale del sovrano confederale giobertiano. La successiva concessione degli statuti da parte dei sovrani della penisola, la dichiarazione di guerra all’Austria da parte di Carlo Alberto di Savoia (1848) in soccorso degli insorti del Lombardo-Veneto, con l’aiuto, sulle prime, di truppe toscane, pontificie e napoletane, sembrò creare una realtà politico-istituzionale molto vicina a quella auspicata da Gioberti. Tuttavia venne ben presto al pettine l’insostenibilità storica e morale di un conflitto tra lo Stato pontificio e l’impero asburgico, che nei secoli precedenti era stato il maggiore difensore della religione cattolica in Europa contro protestanti e impero ottomano, e con essa il sostanziale disinteresse degli altri sovrani della penisola a una soluzione confederale il cui vero e ultimo beneficiario rischiava di essere Carlo Alberto di Savoia. Dopo il ritiro degli alleati dalla Prima guerra di indipendenza (1848), la controffensiva austriaca sancì la sconfitta prima dei piemontesi, poi dei democratici che nel frattempo avevano proclamato le repubbliche di Toscana, Venezia e Roma. Nel 1849 tutte le costituzioni furono revocate, a eccezione dello Statuto albertino che fu mantenuto in vigore da Vittorio Emanuele II, salito al trono nel 1849 dopo l’abdicazione di Carlo Alberto. La soluzione confederale neoguelfa cedeva dunque definitivamente il passo alla duplice prospettiva o di una rivoluzione di tipo mazziniano o di una soluzione monarchico costituzionale e liberale guidata da Cavour, le quali restavano in campo l’un contro l’altra armate nel tentativo di ciascuna di divenire progetto guida del movimento nazionale. Dopo il fallimento dei tentativi insurrezionali mazziniani culminati nei processi e nelle condanne a morte del 1853, Cavour riuscì a prevalere. Intervenendo nella guerra di Crimea, riuscì ad accreditare il Piemonte in Europa come rappresentante e garante di una soluzione moderata del problema italiano della cui esistenza le potenze europee prendevano atto, in Italia riuscì a imporsi come unico referente credibile per un movimento nazionale al quale con la Società nazionale fondata a Torino nel 1857 egli diede anche un concreto riferimento organizzativo di ispirazione liberal-moderata. Successivamente, nella cornice di accordi presi nel convegno segreto di Plombières, Cavour riuscì a coinvolgere Napoleone III in un’alleanza antiaustriaca che portò alla Seconda guerra di indipendenza (1859), conclusasi con l’acquisizione della Lombardia da parte del Piemonte. Successivamente (marzo 1860), grazie alla cessione di Nizza e della Savoia alla Francia, ottenne l’acquiescenza di quest’ultima alle annessioni al Piemonte, in seguito a plebisciti, delle Legazioni pontificie, dei ducati padani e della Toscana sollevatisi durante la guerra del 1859. Nel maggio del 1860 l’iniziativa democratica riprese con la spedizione in Sicilia dei Mille di G. Garibaldi, in segreto accordo con Vittorio Emanuele II e la tacita neutralità di Cavour. Essa si concluse con i plebisciti del 21 ott. a favore dell’annessione dei territori del regno delle Due Sicilie al regno di Vittorio Emanuele II. Il 4 nov. si tennero i plebisciti di annessione anche delle Marche e dell’Umbria, occupate dall’esercito di Vittorio Emanuele accorso nel Sud per bloccare Garibaldi e i democratici intenzionati a marciare su Roma. Il 17 marzo 1861 il Parlamento di Torino proclamò Vittorio Emanuele II re d’Italia, sancendo il successo del programma monarchico unitario. L’unità politica della penisola fu completata con l’annessione di Venezia (Terza guerra d’indipendenza, 1866), con l’occupazione di Roma e del Lazio (1870), con la conquista di Trento, Trieste e Istria nel 1918.
Si veda anche Interpretazioni del Risorgimento