risparmio
Teorie e forme del risparmio
Essendo il risparmio intimamente legato a redditi e consumi, gli approcci economici alla funzione del consumo forniscono implicitamente anche spiegazioni dell’attività di risparmio. La teoria keynesiana, collegando consumo e reddito disponibile, sottintende che anche il risparmio sia funzione del reddito a disposizione degli operatori economici. La teoria del ciclo vitale di F. Modigliani suggerisce, invece, che gli individui risparmino per garantirsi, durante la fase pensionistica, flussi di consumo di entità simile a quelli fruiti durante gli anni della maturità lavorativa. In questo caso, ciò che rileva non è solo il reddito corrente, ma anche le aspettative di reddito futuro; inoltre il tasso di interesse può giocare un ruolo rilevante: tassi elevati, remunerando in modo migliore il risparmio, tendono ad aumentarlo. ● Accanto al risparmio privato, esiste il risparmio del settore pubblico, che si può definire come la differenza tra il gettito tributario, da un lato, e le spese per consumi pubblici, per trasferimenti (a famiglie, imprese o al settore estero) e per il servizio del debito pubblico, dall’altro. Si tratta in sostanza del saldo della parte corrente del bilancio pubblico; come tale il risparmio pubblico può essere sia positivo sia negativo. Un’importante identità di contabilità nazionale afferma che la somma dei risparmi privati e pubblici va a finanziare gli investimenti lordi privati e pubblici: se il risparmio eccede l’investimento si ha un surplus delle partite correnti della bilancia dei pagamenti; un deficit nel caso opposto.
Poiché un aumento del risparmio implica una riduzione dei consumi, i suoi effetti immediati portano a una contrazione della domanda e del reddito del sistema economico, e quindi vengono spesso considerati sfavorevolmente. Negli schemi keynesiani il maggior risparmio (ingl. oversaving) non aumenta, infatti, l’investimento (che è grosso modo concepito come dato nel breve termine) e il minor consumo deprime quindi domanda e produzione. Nella teoria neoclassica della crescita economica, invece, a un maggiore risparmio (ingl. oversaving)corrisponde, nel breve periodo, un maggior tasso di crescita e, nel lungo periodo, un maggior livello di produzione pro capite. Secondo questo approccio, il maggior risparmio implica, infatti, a parità di reddito prodotto, un più elevato investimento. In ogni caso, anche in un contesto di crescita, un aumento dei risparmi non necessariamente comporta conseguenze positive, giacché se tutto il reddito venisse risparmiato, tutto il prodotto verrebbe reinvestito per la produzione futura, portando a un livello di consumi nullo. Se, al contrario, il risparmio fosse nullo, non si investirebbe nulla. Il capitale esistente, non venendo rimpiazzato, si deprezzerebbe completamente, portando a livelli risibili di produzione e consumi. Nell’intervallo tra questi due casi estremi è possibile identificare il tasso di risparmio tale da rendere massimo il consumo pro capite (‘regola aurea’ del modello di Solow; ➔ Solow, Robert Merton). Nei più recenti modelli di crescita, nei quali il prodotto pro capite può crescere indefinitamente, il risparmio, finanziando non solo l’accumulazione di capitale fisico, ma anche le spese di ricerca e sviluppo, il sistema educativo e le altre infrastrutture, costituisce il motore fondamentale dello sviluppo.
La teoria economica ha analizzato inoltre le decisioni di risparmio in condizioni di incertezza. Si supponga che l’incremento di benessere generato da aumenti nei consumi di pari entità si riduca al crescere dei consumi stessi; in questo caso, la presenza di rischio (connesso a eventi inattesi) comporta un maggiore risparmio. Infatti, un aumento del reddito per i consumi al di sopra della media induce un incremento di benessere inferiore alla perdita comportata da una riduzione (di pari importo) dei redditi al di sotto della media. Pertanto, la presenza di rischio riduce il benessere ottenibile a partire da un certo livello di reddito medio. Un consumatore razionale in grado di prevedere questo fenomeno in anticipo è portato ad aumentare i propri risparmi per far fronte alla descritta perdita di benessere causata dalla presenza di incertezza (a parità di reddito medio). La situazione sopra descritta implica la presenza di risparmio precauzionale. Dal punto di vista empirico, le differenze tra gli agenti nelle loro decisioni di risparmio, e il diverso grado di accesso ai mercati assicurativi, rendono difficile quantificare con precisione l’ammontare di risparmio precauzionale. Studi recenti affermano comunque che la presenza di motivazioni precauzionali concorre a spiegare sia il ciclo economico sia l’accumulazione, a livello del Paese intero, di riserve valutarie.
A partire dagli anni 1990, la Banca Mondiale ha elaborato il concetto di tasso netto di risparmio (Adjusted Net Saving, ANS). L’ANS misura il risparmio effettivamente posto in essere da un sistema economico, sottraendo ai risparmi sul reddito gli effetti negativi connessi al consumo di risorse naturali e ai danni indotti dall’inquinamento, e aggiungendo gli investimenti in capitale umano. Un risparmio netto negativo implica quindi che la ricchezza complessiva, definita in modo da includere risorse naturali e capitale umano, si sta riducendo. Il tasso di risparmio netto è un indice di sostenibilità di un sistema economico che tiene conto di effetti (positivi e negativi) non facilmente catturabili dal sistema dei prezzi di mercato con cui vengono valorizzati prodotto e capitale. L’ANS è utilizzato come indicatore di politica economica in grado di mettere in evidenza la necessità di gestire le risorse naturali e ambientali. Infatti, se la crescita economica viene ottenuta al prezzo di rilevanti danni ambientali, il tasso netto di risparmio ne risente.