RISPARMIO
(XXIX, p. 453; App. II, II, p. 721; III, II, p. 625)
Negli ultimi trent'anni la teoria del r. ha fatto importanti passi avanti in parallelo con la teoria del consumo. Si possono distinguere almeno quattro linee di ricerca rivolte all'approfondimento delle ragioni che spingono gli individui a risparmiare o a mutare atteggiamento nei confronti del r.; esse possono essere sinteticamente indicate come: a) macroeconomica; b) microeconomica, in ragione del metodo utilizzato; c) finanziaria; d) monetaria, in ragione della natura attribuita al r.; queste ricerche hanno prodotto risultati non sempre convergenti.
La prima linea di ricerca nuove dalla teoria macroeconomica più recente del r., la cui impostazione si deve a J.M. Keynes (1936). Tale teoria, enfatizzando il nesso tra r. e reddito corrente, sostiene che quando cresce il reddito, il r. tende a crescere in misura più che proporzionale, in base al principio che una parte di esso è assunta essere indipendente dal reddito corrente, in quanto ereditata dal passato o determinata da altre variabili.
Se con S s'indica il r. corrente, con S0 il r. ereditato dal passato, con Y il reddito corrente e con s la propensione marginale al r., si avrà:
S=−S0+sY [1]
Dividendo per Y sia il termine destro che il termine sinistro della [1], si ottiene
S/Y=−S0/Y+s [2]
che esprime la propensione media al r. S/Y, che tenderà a crescere al crescere di Y. Infatti per Y crescenti il termine negativo diverrà via via sempre più piccolo, e quindi il rapporto S/Y diverrà sempre più grande. Considerando il grafico della figura, posto in ascissa il reddito corrente Y e in ordinata il r. corrente S, indicando con −S0 l'intercetta nel quadrante inferiore, la propensione media al r. sarà data dall'angolo formato dalla retta uscente dall'origine degli assi con la retta corrispondente ai differenti livelli di reddito e risparmio. Se Y=Y1, la propensione al r. sarà espressa dall'angolo α. Se Y=Y2, la propensione al r. sarà espressa dall'angolo β>α.
Il termine S0 è negativo in quanto rappresenta il r. che viene ''distrutto'' dal consumo in presenza di un valore del reddito corrente uguale a zero (v. consumo, in questa Appendice). Ciò significa che quando il reddito è uguale a zero il consumo è positivo in ragione di C0 che viene finanziato attingendo al r. ereditato dal passato −S0. La funzione del consumo sarà perciò complementare alla funzione del r.
C=C0+cY [3]
dove C indica il consumo corrente, C0 il consumo finanziato con r. ereditati dal passato, vale a dire da −S0, c la propensione marginale al consumo e Y è il reddito corrente.
Dividendo la [3] per Y si ottiene la propensione media al consumo
C/Y=C0/Y+c [4]
che rivela come, all'aumentare del reddito corrente, C/Y diventi via via sempre più piccolo perché diviene sempre più piccolo il rapporto C0/Y dove C0 è assunto indipendente da Y e quindi costante rispetto alle sue variazioni.
La teoria della propensione al r. crescente ha suscitato non poche perplessità, da un lato per le implicazioni negative sulle tendenze di lungo periodo che essa proietta sul sistema, e dall'altro per l'eccesso d'importanza attribuito al reddito corrente. Si deve alla teoria del ''ciclo vitale'' (F. Modigliani, R. Brumberg 1954) l'ampliamento delle variabili influenti sul risparmio. Con l'inserimento della ricchezza e dell'arco temporale relativo alla vita di un individuo, si giunge a mettere in luce come il desiderio degli individui di mantenere un tenore di vita il più possibile costante in tutto l'arco della loro vita, li porti a risparmiare di più quando sono giovani e di meno quando giungono all'età della pensione. Il risultato di un simile comportamento è che se si considera l'insieme degli anni lavorati uniti a quelli della pensione (per es., 60 anni di vita media), la propensione media al r. risulterà tendenzialmente costante, posto che vi sia certezza da parte degli individui sull'entità del reddito percepito nel periodo lavorativo e che nel periodo lavorativo si risparmi a sufficienza per sostenere lo stesso livello di consumo nell'età della pensione. Studi più recenti hanno invece enfatizzato altri due aspetti: che l'ipotesi di certezza sul periodo di vita non collima con la realtà (Davies 1981); che è più consono con l'esperienza ritenere che i percettori non siano affatto sicuri dell'entità dei loro redditi futuri e che di conseguenza questa forma d'incertezza influenzi i loro comportamenti. Ciò implica che il r. assuma una natura sostanzialmente precauzionale, contrariamente a quanto previsto dalla teoria neoclassica portata a considerarlo una conseguenza del ruolo stimolante esercitato dal tasso d'interesse.
Secondo questa teoria, il cui precursore è stato I. Fisher (1930), se il tasso d'interesse è uguale a zero, colui che produce un reddito non sarà indotto a risparmiare in considerazione del fatto che il consumo presente è sempre preferito al consumo futuro, a condizione tuttavia che questo sia finanziabile con certezza. Il tasso di preferenza intertemporale del consumo determinerà per ciascun individuo la propensione a risparmiare e la quota effettiva dipenderà dal tasso d'interesse (Deaton 1992).
La realtà tuttavia non appare sufficientemente rispecchiata da queste ipotesi. Simulazioni effettuate da M. Friedman mettono in evidenza che le famiglie i cui membri hanno lavori considerati rischiosi tendono a risparmiare di più rispetto alle famiglie i cui membri svolgono lavori meno rischiosi (Friedman 1957). Inoltre ulteriori simulazioni sottolineano come un atteggiamento precauzionale possa giocare un ruolo stimolante sulle scelte di r. in un modello di ciclo vitale (per es. Zeldes 1989). In particolare è stato evidenziato (Caballero 1990) come l'incertezza del reddito da lavoro determini eccessi di sensibilità della funzione sul r./consumo nell'ambito di un modello di ciclo vitale che utilizza dati relativi agli Stati Uniti.
Il ruolo dell'incertezza infine è stato studiato anche dal punto di vista dei finanziamenti bancari di cui ogni individuo dovrebbe disporre per mantenere costante il proprio tenore di vita. Il fatto che vi siano ''vincoli di liquidità'', vale a dire che ogni individuo non può vedere soddisfatta ogni sua richiesta di credito, spinge infatti l'individuo a cercare di superarli aumentando il proprio r. mantenuto in attività finanziarie (Deaton 1991). Questa ipotesi fa assumere al r. una natura più monetaria, poiché lo considera la risposta all'esigenza di avere la liquidità necessaria, un buffer stock, a sostenere i consumi desiderati se per una qualche ragione il reddito da lavoro dovesse cadere.
Sia che si consideri il r. come espressione di scelte fatte in condizioni di certezza di reddito futuro ovvero in condizioni d'incertezza di reddito futuro, esso comunque esprime per chi lo realizza una potenzialità di consumo futuro. Da questo punto di vista vi sono due ulteriori teorie che meritano di essere prese in esame: la prima enfatizza il ruolo del tasso d'interesse reale; la seconda enfatizza il nesso fra attività finanziarie e risparmio.
Sul ruolo del tasso d'interesse reale sul r. si è concentrata la cosiddetta ''teoria del ciclo reale'', secondo la quale alti tassi d'interesse reale stimolano l'offerta di lavoro. Gli individui infatti sono spinti a produrre di più dalla circostanza che il r. è remunerato positivamente, mentre sono indotti a lavorare e quindi a produrre di meno quando i tassi d'interesse reali sono nulli o peggio ancora negativi (Lucas, Rapping 1969). Tra offerta di lavoro e tasso d'interesse reale vi sarebbe cioè un nesso positivo che si manifesterebbe specie nelle fasi di caduta dell'inflazione (Bagella, Lo Cascio 1993). Questa tesi ha trovato qualche riscontro empirico nel periodo di superamento dell'iperinflazione in America latina nei primi anni Novanta, tuttavia alcuni dubitano che vi sia sufficiente evidenza empirica per comprovarla (Dornbusch 1990). Questa impostazione che attribuisce al r. una natura ''reale'', di risposta all'aumento dell'offerta di lavoro, viene sviluppata utilizzando funzioni di utilità attesa. Come tale, si presenta come una teoria che ha fondamenti microeconomici ma, al tempo stesso, effetti di tipo ''macro'' sul ciclo (Phelps 1990).
Vi sono infine alcune teorie sul r. legate al funzionamento del mercato finanziario. Questa impostazione si riscontra nei lavori di Kotlikoff (1989) e di coloro che collegano il r. alla natura delle attività finanziarie nelle quali viene detenuto.
Secondo Kotlikoff i tassi di r. privato sono caduti nell'area dell'OCSE perché sono aumentate le assicurazioni sociali a favore delle famiglie; tale circostanza avrebbe ridotto lo stimolo da parte delle famiglie ad accantonare r. per il futuro, in quanto la sicurezza di ricevere una pensione una volta terminato il periodo produttivo le spingerebbe a consumare relativamente di più. Ma tale impostazione contrasta con la visione del r. inteso come forma di assicurazione per i figli, cioè come lascito a beneficio delle generazioni future. Indubbiamente anche questa motivazione va presa in considerazione specie se si tiene conto che, se il r. è mantenuto in titoli di stato, secondo alcuni esso servirebbe a consentire agli eredi di pagare le imposte ancora non percepite dallo stato, e corrispondenti al suo debito. In altri termini il debito pubblico non rappresenterebbe una ricchezza netta della collettività, ma il controvalore delle imposte che le generazioni future saranno chiamate a pagare (Barro 1974). All'aumentare del debito pubblico il r. sarà spinto a crescere dal desiderio di proteggere le generazioni future con eredità più consistenti. Su questa tesi sono state espresse valutazioni contrastanti (Bagella 1990) anche se prevale l'opinione che il teorema dell'equivalenza ricardiana (questa teoria risale a D. Ricardo) trovi qualche conferma nella tendenza a risparmiare di più da parte di chi vive in sistemi dove risulta alto il debito pubblico.
In conclusione la più recente teoria del r. ha individuato di volta in volta le seguenti determinanti: reddito corrente, reddito futuro, incertezza di reddito da lavoro, tasso d'interesse reale, sistema pensionistico, credito e debito pubblico. Ciascuna di esse viene associata a un particolare meccanismo di formazione del risparmio. Ciò implica che secondo le condizioni dominanti nei paesi presi in considerazione possa prevalere un meccanismo piuttosto che un altro: cioè, come non vi è uniformità di condizioni economico-sociali tra i diversi paesi, così non vi è uniformità nella formazione e nell'impiego del risparmio. Se si guarda infatti ai dati, la propensione al r. nei paesi industrializzati è differente: varia dal 15% degli Stati Uniti al 30% del Giappone, mentre gli altri paesi sono collocati all'interno di tale fascia. L'Italia ha una propensione al r. intorno al 20%. Negli anni Ottanta in tutti i paesi industrializzati la percentuale di r. sul reddito è diminuita in seguito alla distruzione di r. operata dal settore pubblico (Dean 1993; Ando, Guiso, Visco 1994).
Analoga tendenza è stata riscontrata nello stesso periodo nei paesi in via di sviluppo (27% nel periodo 1976-81, 22% negli anni Ottanta), secondo le valutazioni fatte dal Fondo Monetario Internazionale. Tali tendenze hanno contribuito ad alimentare preoccupanti previsioni per quanto riguarda il futuro della crescita a livello mondiale. Bisogna infatti tener presente che il r. è la fonte di alimentazione degli investimenti, dai quali dipende l'aumento della base produttiva e della produttività. Se si tiene conto del fabbisogno di investimenti dei PVS e dei paesi ex comunisti, non c'è dubbio che tali preoccupazioni appaiano motivate, anche se va ricordato che la domanda di investimenti finanziabili non è affatto aumentata quanto si sarebbe indotti a pensare in base allo stato delle economie dell'Est e dei PVS (Dean 1993).
Inoltre bisogna aggiungere che gli investimenti, laddove aumentano, generano essi stessi r. facendo crescere il reddito, per cui tenendo conto di queste due componenti i timori di scarsità relativa del r. dovrebbero essere più contenuti. Semmai, per far sì che il r. si possa formare e mantenere nel tempo e nello spazio è necessario che siano assicurate condizioni di stabilità economico-sociale. Bisogna che siano realizzate politiche a difesa del r. e che siano evitate politiche che generano instabilità del potere d'acquisto delle monete nazionali in cui il r. si esprime, al fine di evitare ''fughe'' verso i paesi le cui monete sono considerate più sicure (Bagella, Lo Cascio 1993), fughe che, oltre a impoverire il paese che perde il r., creano pressioni speculative sui mercati finanziari e valutari internazionali.
Bibl.: I. Fisher, The theory of interest, New York 1930; J.M. Keynes, The general theory of employment, interest and money, Londra 1936; F. Modigliani, R. Brumberg, Utility analysis and the consumption function: An interpretation of cross-section data, in K.K. Kurihara, Post-Keynesian economics, New Brunswick 1954 (trad. it., Torino 1958); M. Friedman, A theory of the consumption function, Princeton 1957; R.E. Lucas, L.A. Rapping, Real wages, employment and inflation, in Journal of Political Economy, 77, 5 (1969); R.J. Barro, Are government bonds net wealth?, ibid., 82, 6 (1974); J.B. Davies, Uncertainty lifetime, consumption and disaving in retirement, ibid., 89, 3 (1981); L.J. Kotlikoff, What determines saving?, Cambridge (Mass.) 1989; S.P. Zeldes, Optimal consumption with stochastic income: deviations from certainty equivalence, in Quarterly Journal of Economics, 104 (1989); M. Bagella, Neutralità del debito e illusione fiscale: presupposti teorici e studi empirici, in M. Bagella, M.J. Boskin, F. Buffoni, J.S. Fleming, S. Gorini, Risparmio privato e debito pubblico, Torino 1990; R.J. Caballero, Consumption puzzles and precautionary saving, in Journal of Monetary Economics, 25 (1990); R. Dornbusch, Policies to move from stabilisation to growth, in Proceedings of the World Bank Annual Conference on Development Economics, 1990; E. Phelps, Seven schools of macroeconomic thought, Oxford 1990 (trad. it., Bologna 1991); A. Deaton, Saving and liquidity constraints, in Econometrica, 59, 5 (1991); Id., Understanding consumption, Oxford 1992; M. Bagella, M. Lo Cascio, Saving and external debt in Latin American countries, in M. Baldassarri, L. Paganetto, E. Phelps, World saving prosperity and growth, Londra 1993; A. Dean, World saving since 1960: trends in saving and its global allocation, ibid.; A. Ando, L. Guiso, I. Visco, Saving and the accumulation of wealth, Cambridge (Mass.) 1994.