RISPARMIO (XXIX, p. 453)
La fondamentale distinzione tra l'atto e il risultato del risparmio, che non viene generalmente avvertita nell'uso comune, anche nella teoria non ha avuto risalto fino ad alcuni anni or sono, in quanto è stato assunto per certo che ogni atto di risparmio porti di per sé stesso, non solo "naturalmente", ma anche "immediatamente", a un corrispondente aumento di capitali. Questa certezza è però venuta meno in seguito alle discussioni suscitate dalle idee innovatrici di J. M. Keynes, che hanno finanche portato a dubitare della necessità del risparmio.
In questo senso si è messo in evidenza come il risparmio, oltre a essere "volontario", possa essere anche "forzato" attraverso le espansioni monetarie e creditizie. Con siffatte espansioni, infatti, viene a essere accresciuta la massa dei mezzi di pagamento posti a disposizione dei beneficiarî dei crediti delle banche (e in particolare degli "imprenditori"). E l'utilizzo di questa maggiore massa di mezzi di pagamento comporta in definitiva una minore disponibilità di beni reali per i consumatori, i quali vengono a essere "forzati", specialmente per l'aumento dei prezzi, a limitare i loro consumi. D'altro canto ci si è avveduti come l'avviamento di nuovi processi produttivi, comportanti una maggiore quantità di beni capitali, non implichi fin dal primo momento un concomitante risparmio: si è considerato, cioè, come il risparmio possa essere "differito" rispetto all'avviamento dei nuovi processi produttivi che dovrebbero dar luogo alla creazione di nuovi capitali. Ancora per altro verso si è poi messo in risalto quanta importanza possano avere, nella creazione di nuovi capitali, i profitti di congiuntura e di sviluppo. E si è anche considerato a questo riguardo come, in un mondo soggetto a incessanti cambiamenti, il problema della creazione di nuovi capitali s'intrecci con quello della conservazione dei capitali preesistenti, e come, tanto per l'uno quanto per l'altro verso, giochi decisamente la "previggenza" degli imprenditori rispetto alle innovazioni della tecnica e ai mutamenti nei bisogni dei consumatori.
Questi elementi, tuttavia, non giustificano il negare che il risparmio sia elemento necessario per la creazione dei capitali. Da essi si deduce bensì che si risparmia non solo sulle entrate a carattere persistente, ma anche su quelle a carattere occasionale: formano oggetto di risparmio anche i profitti di congiuntura e di sviluppo, che vanno computati nel reddito del momento in cui si realizzano. E viene così in evidenza che il risparmio può essere attuato senza riduzioni del flusso del consumo: senza quei "sacrifici" che si riconnettono alla "parsimonia". Ma la limitazione del consumo rispetto al reddito è pur sempre condizione necessaria per l'aumento dei capitali, quale assiomatico truismo in conseguenza delle definizioni assunte, avuto riguardo sia ai singoli individui sia alla collettività. Il risparmio, cioè, è indispensabile affinché le generazioni attuali possano trasmettere a quelle sopravvenienti una maggiore potenzialità di produzione e conseguentemente la disponibilità di un maggior flusso di beni.
Le innovazioni delle concezioni tradizionali portano piuttosto a stabilire che gli atti di risparmio dei singoli individui, per quanto "necessarî", non sono tuttavia "sufficienti", in quanto non sempre si traducono in aumento di capitali per l'insieme della collettività. Perché ciò si realizzi è, infatti, necessario che parallelamente agl'impulsi al risparmio da parte dei consumatori si abbiano anche adeguati impulsi a nuovi investimenti da parte dei produttori, con correlative modifiche della struttura della produzione. Senza di che il risparmio può, in talune circostanze, rendersi "sterile" o addirittura "controproducente", attraverso contrazioni del reddito reale complessivo della collettività. È una eventualità questa che può presentarsi, nelle fasi di ristagno della congiuntura e dello sviluppo economico, specialmente per interferenze di carattere monetario e creditizio.
La politica del risparmio. - Nell'ultimo decennio la politica del risparmio è stata prevalentemente determinata dalla necessità di controllare l'inflazione monetaria, che, già prima dello scoppio della guerra, aveva assunto proporzioni elevate in molti paesi. Ai fini di tale controllo occorre neutralizzare l'esaltazione dei prezzi che deriva dall'aumento della spesa statale, impedendo che la massa crescente dei mezzi monetarî introdotti sul mercato cagioni aumento dei consumi. È pertanto necessario che la maggiore spesa statale venga compensata da una minore spesa globale dei privati e, d'altro canto, per evitare progressive emissioni di nuovi biglietti di banca, bisogna ricondurre alle casse dello stato le disponibilità monetarie che i privati non utilizzano, in modo che la spesa pubblica sia alimentata dal risparmio dei cittadini. Per tradurre in atto questi fini non si può prescindere da un complesso sistema di vincoli, noto genericamente sotto il nome di "politica del risparmio forzato" o di "circuito monetario".
I provvedimenti tecnici a base del funzionamento del circuito non hanno presentato nei varî paesi diversità sostanziali. Presupposto ne è il razionamento dei consumi nella triplice funzione: di assicurare la generale ed equa ripartizione degli alimenti e di altri beni fondamentali; di contenere il rialzo dei prezzi; di comprimere la spesa dei privati e quindi di incrementare il risparmio reso disponibile per la spesa statale. Ad esso si accompagnano più o meno estese restrizioni agli investimenti privati (principalmente per costituzione di nuovi impianti industriali, acquisti di immobili e valori azionarî), il blocco dei prezzi, dei salarî, degli stipendî, degli affitti, delle tariffe dei servizî e le limitazioni dei dividendi. Altri provvedimenti mirano a neutralizzare il potenziale inflazionistico nascente dall'accrescimento dei depositi bancarî, mediante l'istituzione delle riserve obbligatorie, ovvero con limitazioni agl'investimenti delle banche. In alcuni casi, per meglio assicurare il drenaggio dell'accresciuta disponibilità di mezzi liquidi, si è ricorso alla coazione diretta, di cui sono esempî i prestiti obbligatorî emessi nel corso della seconda Guerra mondiale in parecchi paesi (Bulgaria, Romania, Slovacchia, Turchia, Croazia, Grecia, Nuova Zelanda), ponendo talora a contributo anche le banche (Slovacchia e Grecia).
Particolari caratteristiche presentano i varî tipi di risparmio forzato realizzati in alcuni paesi allo scopo di predisporre il superamento delle difficoltà postbelliche. In Germania fu adottato il sistema che si disse del "risparmio ferreo", consistente nella istituzione, presso le casse di risparmio e altre aziende di credito, di conti speciali di deposito, fruttiferi e non trasferibili, formati con accantonamenti di quote dei salarî e degli stipendî e godenti dell'esenzione da ogni imposta o contributo, ma rimborsabili al termine della guerra con preavviso di un anno. Depositi analoghi furono istituiti presso il Tesoro, per assorbire le disponibilità monetarie che si formavano nelle imprese in seguito all'impossibilità di provvedere al rinnovo degl'impianti e al mantenimento o alla ricostituzione delle scorte; tali depositi erano infruttiferi e non utilizzabili nel corso della guerra, ma godevano anch'essi di facilitazioni fiscali adducenti nel primo caso (Betriebsanlage-Guthaben) ad un differito pagamento delle imposte e nel secondo (Waren-beschaffungs-Guthaben) ad una vera e propria esenzione. In Gran Bretagna, per promuovere l'afflusso allo stato delle disponibilità eccedenti, utilizzabili per l'acquisto di beni nel dopoguerra, furono attuate due forme di tassazione: a) accogliendo il concetto del risparmio obbligatorio di J. M. Keynes, fu abbassato il limite di esenzione dalle imposte per le categorie dei salariati e fu stabilito il rimborso ai nuovi contribuenti di circa la metà dei tributi, alla fine della guerra, sotto forma di crediti iscritti a loro nome presso le casse di risparmio; b) venne introdotta un'imposta del 100% sui sovraprofitti di congiuntura delle imprese industriali, restituibile a fine guerra limitatamente al 20% e alla sola condizione di non destinare i rimborsi alla distribuzione di dividendi o di azioni gratuite. Negli Stati Uniti, verso la fine del 1942 furono emanati taluni provvedimenti, anche essi di ispirazione keynesiana, basati sul sistema delle assicurazioni sociali, che prevedevano fra l'altro la cosiddetta "assicurazione di crisi", realizzata mediante ritenuta salariale per metà a carico del lavoratore e per metà a carico del datore di lavoro. Connesse con l'imposizione fiscale sui sovraprofitti furono le misure adottate in Italia nel 1942, con le quali fu posto l'obbligo di investimenti in speciali Buoni del tesoro 3% dei maggiori utili delle imprese, prodottisi dal 1939 in poi. L'investimento, di cui era stata stabilita l'estensione - poco dopo abolita - anche ai casi di aumenti di capitale delle società per azioni e acquisti di titoli azionarî quotati in borsa, si è poi risolto in una forma di tributo, in seguito all'avocazione allo stato, disposta nel 1946, delle somme versate, non avendo avuto luogo fino allora l'emissione dei titoli. Caratteristiche proprie presenta il tipo di risparmio forzato che, a partire dall'ottobre 1940, è stato attuato in Francia, dove il governo, indotto dalla necessità di attenuare la smisurata espansione della circolazione monetaria generata dalle spese di occupazione germanica, iniziava l'emissione di speciali tratte del tesoro (traites du trésor) in pagamento di lavori e forniture allo stato d'importo superiore a un certo limite. Tali titoli, aventi scadenza a nove mesi e portanti interesse al saggio dei buoni del tesoro a un anno, vengono accettati dal Crédit national e possono essere scontati.
Il controllo dell'inflazione, nei paesi che avevano dovuto fronteggiare con emissioni cartacee le imponenti spese di guerra, ha dato luogo a nuovi casi di risparmio forzato (oltre quello nascente dalla stessa inflazione) attraverso particolari provvedimenti di ordine creditizio. Tra questi è il cambio della moneta, che ha avuto negli ultimi anni vasta applicazione (Belgio, Francia, Olanda, Danimarca, Norvegia, Cecoslovacchia, Polonia, Finlandia, Iugoslavia, Bulgaria, URSS, Austria, Romania, Germania, ecc.) e che nella maggior parte dei casi è stato accompagnato da misure di blocco di una parte delle disponibilità monetarie censite, sia temporaneamente, per un periodo più o meno lungo (Bulgaria, Romania, Cecoslovacchia, Belgio, Francia, Olanda), sia definitivamente con l'acquisizione allo stato, in via diretta o mediante sottoscrizione obbligatoria a un prestito pubblico (Finlandia, Belgio). Carattere spiccatamente antinflazionistico hanno i provvedimenti emanati in Francia nel gennaio 1948, relativi all'emissione di un prestito al 3%, ammortizzabile in 10 anni, alternativo ad una nuova imposta "prélèvement exceptionnel de lutte contre l'inflation", entrambi destinati a coprire le spese dello stato per le opere di ricostruzione, riparazione dei danni di guerra e riattrezzamento dell'agricoltura e dell'industria.
Le casse di risparmio in Italia. - Nel campo della legislazione speciale sulle casse di risparmio (v. IX, p. 316) ordinarie sono di particolare rilievo le disposizioni contenute nel r. decr. legge 24 febbraio 1938, n. 204, che reca norme sull'amministrazione delle casse di risparmio, e quelle contenute nella legge 14 dicembre 1939, n. 1922, in materia di concentrazione di casse di risparmio. Il primo dei due provvedimenti menzionati ha innovato sostanzialmente le precedenti disposizioni circa la nomina dei presidenti e dei vicepresidenti dei consigli d'amministrazione, attribuendola al capo del governo, invece che alle assemblee dei soci o ai consigli di amministrazione delle casse stesse (il capo del governo è ora sostituito dal ministro del Tesoro, nella sua qualità di presidente del Comitato interministeriale per il credito).
Il secondo provvedimento legislativo, e cioè la legge del 14 dicembre 1939, n. 1922, può considerarsi il coronamento dell'indirizzo decisamente concentrazionistico impresso dal legislatore fin dal 1927 all'organizzazione nazionale delle casse di risparmio. La resistenza dimostrata dalle casse nel periodo della grave depressione economica del 1930-1933 era la prova che il loro potenziamento economico-finanziario, attuato con le fusioni obbligatorie disposte dalla legge del 1927 e successivamente proseguito con non poche fusioni volontarie, era stato salutare e che su quella via ancora qualche passo poteva esser fatto. A tal fine la legge del 1939 sulle concentrazioni disponeva la fusione obbligatoria con un'altra cassa di risparmio di quelle casse che, non avendo sede in un capoluogo di provincia o in una città con popolazione superiore ai 30 mila abitanti, avessero alla data del 31 dicembre 1938 una massa di capitali amministrati (patrimonio e depositi) inferiore ai 30 milioni di lire. Questa nuova legge non trovò tuttavia largo campo di applicazione perché erano ormai ben poche le casse di risparmio che non si trovassero nelle condizioni richieste per conservare la propria autonomia. Infatti, mentre prima dell'entrata in vigore della legge del 1927 le casse erano 203 e si ridussero a 90 ad applicazione avvenuta della legge, nel 1939 le casse erano 91 (nel 1937 era stata fondata la cassa di Latina), e si ridussero a 81 nel 1942.
La riduzione del numero delle casse non deve però far pensare ad una limitazione della loro attività in una più ristretta sfera territoriale perché, anzi, nell'ultimo decennio il numero dei loro sportelli ha subìto un costante incremento, passando da circa 1500 nel 1936 a oltre 1900 nel 1947. Alla fine del 1947 la distribuzione territoriale delle casse di risparmio - tenuto conto che quella di Fiume in seguito al trattato di pace è passata a far parte della Iugoslavia - era la seguente: Italia settentrionale 26, Italia centrale 51, Italia meridionale e Sicilia 2, Libia 1.
Le federazioni delle casse di risparmio, istituite con la legge del 1927, ma che nel decennio successivo non avevano ancora trovato un definitivo assestamento perché per alcune di esse non si dimostrava sufficiente la base provinciale o regionale sulla quale erano sorte, alla fine del 1947 erano organicamente costituite in numero di 6 a carattere regionale (Piemonte, Liguria, Venezia, Emilia, Toscana e Abruzzi) e una interregionale comprendente l'Umbria, il Lazio e le Marche.
L'Associazione fra le casse di risparmio italiane, dopo una parentesi di cinque anni dal 1938 al 1943, in cui la sua azione è stata sostituita da quella della Federazione delle casse di risparmio, creata a seguito dell'estensione a queste degli ordinamenti corporativi, è stata ricostituita nel 1944 ed ha subito ripreso, con rinnovato prestigio, le sue funzioni di coordinazione dell'attività delle casse in campo nazionale, e di difesa e tutela dei loro interessi nei confronti degli organi di vigilanza e di governo.
L'Istituto di credito delle casse di risparmio italiane ha sempre più sviluppato il suo lavoro man mano che nel paese si andava irrobustendo l'azione delle casse di risparmio. I servizî principali dell'Istituto hanno raggiunto uno sviluppo notevole: il servizio emissione assegni al 31 dicembre 1948 denunciava l'emissione di n. 6.140.000 assegni per 513.000 milioni con una circolazione a fine d'anno di circa 17.500 milioni. Il servizio incasso effetti nel corso dell'anno registrava n. 552.126 effetti ricevuti per oltre 40 miliardi. Ma accanto a questi due servizî fondamentali l'azione dell'Istituto si è esplicata con operazioni finanziarie di vasta portata nel campo del finanziamento a enti di bonifica e a imprese di pubblica utilità per la realizzazione di opere d'interesse collettivo. Degna di particolare segnalazione è la costituzione presso l'Istituto della Cassa per il credito alle imprese artigiane, la quale durante il 1948 ha svolto una proficua azione a favore di detta categoria. Le casse di risparmio postali non hanno subìto alcuna sostanziale innovazione.