rispetto (respetto; una volta, in rima, respitto)
1. I codici trasmettono l'alternanza fra le forme ‛ rispetto ', ‛ respetto ' e ‛ respitto ' (Pg XXX 43); per quest'ultimo evidente gallicismo, cfr. Parodi, Lingua 221 e Petrocchi, Introduzione 421.
In un unico caso il sostantivo ha valore autonomo: volsimi a la sinistra col respitto / col quale il fantolin corre a la mamma (Pg XXX 43). Concordemente antichi e moderni chiosatori escludono che r. valga, qui, " deferenza ", " reverenza "; per primi il Cesari e il Tommaseo ricollegarono il termine col latino respicere; ma i più pensano a una derivazione dal provenzale respit, respieit (" attesa ", " speranza "; cfr. Del Lungo, Sapegno); altri infine pensano a una coincidenza di valori (Chimenz, Porena), per cui il termine varrebbe " sguardo pieno di sospensione d'animo ", " sguardo che implora aiuto o attende la spiegazione di un dubbio ", o anche " inquieto sbigottimento " (Sanguineti).
Il Pagliaro lo collega viceversa al termine r., " la cui sopravvivenza nel dialetto siciliano, rispittu, con significato di ‛ lamento ' (è specialmente vivo nell'uso per indicare il lamentarsi proprio dei bambini) fa pensare a una diffusione secondaria del termine in Toscana ".
Il termine è analizzato infine dal Pézard, il quale viene a concludere che r. vale " retard " e l'intera espressione dei vv. 43-45 - un " comparatif, de nullité " equivalente a " sans plus de retard " - varrebbe " mi rivolsi a Virgilio con lo stesso indugio col quale un fanciullo impaurito o afflitto corre dalla madre ", cioè " immediatamente ".
Molto spesso r. è unito al verbo avere ': ‛ avere r. ' può significare, da un lato, " prendere in considerazione ", " rispettare ", " tenere nel conto "; dall'altro " riguardare ", " riferirsi ", " essere relativo a qualcosa "; nel primo caso il soggetto sarà una persona, nel secondo è inanimato (e il verbo è impersonale).
Esempi del primo valore si hanno in Rime LXXXV 19, e in alcuni luoghi del Convivio: II V 9 Puotesi considerare lo Padre, non avendo rispetto se non ad esso, cioè considerare il Padre non " in relazione " con le altre persone della Trinità, ma di per sé; III IV 13 a la quale [la buona volontade] aver si dee rispetto ne li meriti umani; VI 4 commendo lei [la donna], non avendo rispetto ad altra cosa; IV XVII 12 in ciascuna dottrina si dee avere rispetto a la facultà del discente; XXVI 2 le quali... cose... sono... necessarie... in quanto avemo rispetto a noi medesimi (" non solo in relazione agli altri, ma considerando anche una nostra intima necessità ")..
Più numerose le occorrenze dell'uso relativamente impersonale di ‛ avere ' il: Cv IV XXVI 3 e 4 (Questa perfezione nostra si può... considerare secondo che ha rispetto a noi medesimi, e secondo che ha rispetto ad altri); XXVII 9 quelli consigli che non hanno rispetto a la tua arte... tu non li dei vendere... quelli che hanno rispetto a l'arte... vendere puoi (si può insegnare a pagamento solo quello che è frutto dell'esperienza e della pratica di un'arte, non ciò che " si riferisce " al dono di natura); XXVII 11 quanta pietà mi stringe per te [patria mia]... qual volta scrivo cosa che a reggimento civile abbia rispetto; infine in Pd XIII 107 se al " surse " drizzi li occhi chiari, / vedrai aver solamente respetto / ai regi (l'espressione a veder tanto non surse il secondo di Pd X 114, riferita a Salomone, indicava un'eccellenza di Salomone non " rispetto " a tutti gli uomini, ma solo ai regnanti).
Molto sintetica, e comprensiva di più valori, l'espressione ‛ aver r. ' compare in Cv I XI 19 magnificare e parvificare sempre hanno rispetto ad alcuna cosa: avere grande, o piccola opinione di sé, " ha valore " solamente " in confronto " con qualcuno o qualcosa, per comparazione a la quale si fa lo magnanimo grande e lo pusillanimo piccolo.
Analogo, ma più generico, il valore del sostantivo in locuzioni del tipo: secondo alcuno respetto (" da qualche punto di vista ", Cv II III 13); secondo diversi rispetti (" in conseguenza di diversi punti di vista ", IV XI 5); sanza altro respetto (III XI 11); sanza respetto alcuno (VI 9, VII 2); forse più legato alla base etimologica (respectus) in III IX 5 [la verità] per diverso rispetto si puote tra[nsmu]tare, cioè la verità può " essere da noi... esposta e osservata in diverse forme, per una visione diversa fatta... da diverso laro " (Busnelli-Vandelli).
Per quanto riguarda Fiore CLXXXVI 8, l'inciso sanz'averne rispetto è brachilogico: si deve spiegare all'uomo " ch'egli sarebbe ucciso... immediatamente... senza che gli si avesse rispetto " (Petronio). È l'unico caso in cui ‛ aver r. ' equivale al moderno " rispettare ".
2. Il termine forma anche le locuzioni prepositive ‛ per r. a ', ‛ per r. di ', ‛ a r. di ', fra cui non sembra sussistere differenza di significato.
In Pg XXXII 14 D. precisa, fra parentesi, e dico ‛ al poco ' per rispetto al molto / sensibile onde a forza mi rimossi: la sua vista era divenuta capace di osservare degli oggetti meno luminosi (il poco); i quali erano meno luminosi " in confronto " al molto / sensibile, cioè " a paragone " dello splendore di Beatrice. Stesso senso in Vn XIX 6 12 tratterò del suo stato gentile [della donna] / a respetto di lei leggeramente: " parlerò della sua nobiltà in modo inadeguato rispetto al suo valore " (cfr. U. Bosco, D. vicino, Caltanissetta-Roma 1966, 33 nota); infatti a parlarne altamente (v. 9) si corre il rischio di divenire per temenza vile (v. 10). Analogamente in Cv III IV 3 a rispetto de la veritade, poco fia quello che [il mio intelletto] dirà: " in confronto " con la realtà, la mia intelligenza potrà dire povere cose. Da non confondere con quest'ultimo passo l'espressione di Cv II III 2 che ha valore diverso: avvegna che quelle cose, per rispetto de la veritade, assai poco sapere si possano, cioè " a dire il vero ", " a voler essere sinceri ".
Più generico il valore di r. in Cv I II 10 o dice falso per rispetto a la cosa di che parla; o dice falso per rispetto a la sua sentenza, e IV III 6 Federigo di Soave, Ultimo imperadore de li Romani - ultimo... per rispetto al tempo presente...: " per quanto riguarda ", " relativamente a ".
Bibl. - A. Pézard, Le respit de l'enfanfon, in " Romance Philology " XIII (1960) 361-372; E. Sanguineti, Il c. XXX del Purgatorio, in Lett. Dant. 1277; Pagliaro, Ulisse 576.