RISTORO d'Arezzo
RISTORO d’Arezzo (o Restoro nella forma fonetica aretina). – Non è nota la data di nascita. Le pochissime notizie biografiche riguardanti Ristoro a oggi disponibili si ricavano esclusivamente dalla sua unica opera, La composizione del mondo colle sue cascioni (rassegna in La composizione, a cura di A. Morino, 1997, pp. IX-XI). Dalla Composizione si apprende che egli nacque appunto ad Arezzo («E stando noi e·lla città d’Arezzo, e·lla quale fummo nati», I.15.3) e che doveva avere già una certa età nel 1239: fa infatti riferimento all’eclissi di sole che avvenne il 3 giugno di quell’anno come a un’esperienza vissuta direttamente (e con attitudine, per così dire, da scienziato, poiché fornisce al lettore i risultati di alcune misurazioni compiute in quell’occasione; I.15.3-4).
Un’altra data ricavabile con sicurezza dal testo, ma inutile alla ricostruzione della biografia dell’autore, porta al settembre del 1264, quando a oriente comparve una cometa che rimase visibile per sessanta giorni e che l’autore connette a eventi di quel periodo, come l’elezione di Urbano IV (1264), la sconfitta di Manfredi per mano di Carlo d’Angiò (1266) e la discesa in Italia con conseguente sconfitta di Corradino (1268, II.7.5.4-9).
Ancora a una data precisa potrebbe rimandare l’accenno a un terremoto, che Ristoro dichiara di aver sentito personalmente (II.5.8, 10), e che potrebbe corrispondere all’evento del 30 aprile 1279 (Mottana, 1999, pp. 141 s.).
Oggi si ritiene priva di fondamento l’idea, ritenuta certa in passato (cfr., per esempio, Finoli, 1973), che egli fosse un frate. Il passo della Composizione sul quale si fondava questa informazione, dove Ristoro si riferisce appunto a un convento («E stando noi nella città d’Arezzo [...] nel convento nostro», p. 14 dell’edizione Narducci), è stato infatti considerato innovazione inautentica e tendenziosa di un unico manoscritto, il Chigiano M.VIII.169 della Biblioteca apostolica Vaticana, e per questo espunto dal testo dell’ultima edizione.
In effetti, il copista del manoscritto ha arbitrariamente inserito correzioni e aggiunte al fine di ricondurre il pensiero di Ristoro nel solco della dottrina e dell’ortodossia religiosa (La composizione del mondo colle sue cascioni, a cura di A. Morino, 1976, p. XXI; La composizione del mondo, a cura di A. Morino, 2007, pp. 240 s.). Viene così a cadere la proposta avanzata da Gianfranco Contini (1970, p. 255) di identificare Ristoro con l’omonimo frate domenicano che, secondo una notizia riportata dal Vasari nelle Vite, avrebbe progettato con un confratello la chiesa di S. Maria Novella di Firenze.
Non è nota la data di inizio della stesura della Composizione, trattato di cosmografia che descrive, in conformità ai due elementi presenti nel titolo, la struttura (la ‘composizione’) dell’universo e il perché di tale struttura (le ‘cascioni’): e dal momento che «en questo mondo non sia nulla cosa che non abia casione» (I.5.3) l’obiettivo viene perseguito dall’autore per via empirica, e non «per via de miraculo» (II.1.1.3). Questa modernità è tuttavia solo apparente perché, come dichiarato in apertura dell’opera e alla fine del primo libro, la conoscenza del mondo è strettamente funzionale alla conoscenza di Dio, che del mondo è appunto l’artefice: il fine della scienza secondo Ristoro è dunque anche teologico.
Il trattato è tramandato da cinque codici, per uno dei quali, vale a dire l’aretino manoscritto 2164 della Biblioteca Riccardiana di Firenze, coevo a Ristoro, è stata anche proposta l’autografia (Rossi, Tre possibili autografi, 1999, pp. 264-276, ma già Morino, in La composizione..., 1976, pp. XXXV-XXXVIII, individuava una serie di errori comuni a tutta la tradizione, ms. Riccardiano compreso).
Il completamento della Composizione è da collocarsi con tutta probabilità nel 1282, come dichiarato apertamente nell’explicit presente nel codice Riccardiano («Compiuto è questo libro sotto l’anni de Cristo mille doicento otanta e doi»: sempre che il passo non sia da ricondurre alla data di compimento della copia e non della composizione dell’opera).
Dal testo si ricavano anche altre importanti informazioni, strettamente connesse al problema biografico: Ristoro esibisce infatti una approfondita conoscenza della pratica artistica. Lo dimostrano i numerosi riferimenti a particolari tecniche pittoriche e grafiche all’interno della Composizione, come la commistione di colori primari chiari e scuri per ottenere un colore di gradazione più sfumata (II.8.16.1), il procedimento per disegnare un corpo secondo la giusta proporzione (II.8.20.3) o la tecnica per fare un mosaico (I.7.4-7). Le informazioni sull’argomento fornite al lettore sono insomma talmente precise da suggerire che Ristoro fosse del mestiere (Donato, 1996; La composizione, a cura di A. Morino, 1997, pp. XI s.): e d’altra parte è lo stesso autore ad affermare di saper «artificiare auro e argento, e desegnare e méttare colori» (II.1.1.3). Le arti figurative hanno inoltre un ruolo strutturale all’interno del trattato, in quanto è esplicitato che solo attraverso un’abile resa in immagini propria della pratica artistica ottenuta attraverso «similitudine» e «essemplo» (II.1.1.3), la struttura dell’universo ‒ altrimenti non percepibile direttamente dall’essere umano ‒ può essere ben compresa.
Tutto questo ha indotto alcuni a identificare lo scrittore in quel Restaurus pictor iscritto alla confraternita laica di S. Maria della Misericordia di Arezzo intorno al 1280 (per primo La vita di Margaritone, a cura di A. Del Vita, 1910, p. 14; Donato, 1996, p. 77, n. 127 ) e con il Ristoro che fra il 1269 e il 1283 lavorò con il pittore aretino Margarito alla Madonna col Bambino in trono che decora l’altare maggiore del santuario di S. Maria delle Vertighe presso Monte San Savino (Arezzo): l’iscrizione dell’opera, restaurata e riletta, menziona infatti come autori Margaritus et Restaurus (Maetzke, 1973, pp. 101-104). A Ristoro sono state anche attribuite l’Annunciazione del museo Stibbert di Firenze, la Natività di Cristo del Fogg art museum dell’Università di Harvard (Labriola, 1987, pp. 152 s.), nonché le miniature del codice Conventi Soppressi 276 della Biblioteca Laurenziana di Firenze, databili approssimativamente tra il 1275 e il 1280 (Ciardi Dupré dal Poggetto, 1980, p. 21).
Ultima in ordine cronologico è la riscoperta di un Ristoro fonditore, al quale sono ascritte due o tre serie di campane provenienti da Arezzo. I manufatti che appartengono al primo gruppo, prodotti fra il 1261 e il 1285, recando infatti l’iscrizione Restaurus me fecit, confermerebbero la presenza di un artista in date e luoghi compatibili con l’autore della Composizione (Donato, 1996, pp. 69 s.).
Sulla base delle poche notizie ricavabili dal trattato nessuna di queste ipotesi può essere confermata con certezza assoluta.
La composizione del mondo è divisa in due libri. Il primo, composto di ventiquattro capitoli, si apre con una breve introduzione programmatica nella quale è specificato che il desiderio naturale dell’uomo in quanto creatura perfetta è quello di conoscere. Successivamente Ristoro descrive ‒ secondo un ordine prettamente gerarchico ‒ la composizione del cielo, della Terra, dell’anima razionale e dell’essere umano, infine del tempo. La seconda parte del trattato, divisa in otto distinzioni o particule composte da un numero variabile di capitoli, ha un contenuto più eterogeneo: distinzione prima (sei capitoli): cielo e zodiaco; distinzione seconda (otto capitoli): pianeti; distinzione terza (quattro capitoli): acqua, terra, aria e fuoco; distinzione quarta (tre capitoli): movimenti dei cieli e dei pianeti; distinzione quinta (quattordici capitoli): Terra e suoi movimenti influenzati dai pianeti, orografia, acque presenti sulla Terra, genesi e corruzione dei rilievi montuosi, varietà climatiche; distinzione sesta (diciannove capitoli, distribuiti in quattro parti): commistione degli elementi, generazione e caratteristiche varie di piante, di animali e di minerali; distinzione settima (cinque capitoli): strati dell’atmosfera, fenomeni atmosferici e corpi celesti; distinzione ottava (la più ampia, con ventiquattro capitoli in relazione evidentemente con il numero di capitoli di cui è composto il primo libro): movimenti del globo terrestre, le forze motrici (le ‘intelligenze’) del cielo e della Terra, sostanze spirituali, vasi antichi, settimane e giorni, influsso del cielo nelle operazioni umane e naturali, ancora condizioni climatiche, movimenti del cielo, sito e posizione del cielo, se è vero che solo la parte settentrionale del globo terrestre è abitata, sul perché le stelle brillano, sul perché Venere ‒ a differenza degli altri pianeti ‒ sembra brillare di luce propria, motivo per cui il cielo appare azzurro e i pianeti di diverso colore, sul perché giorno e notte hanno durata variabile in base al periodo dell’anno, confutazione di chi pensa che le stelle ricevano luce dal Sole, confutazione di chi sostiene che il movimento del cielo produca suono, sul numero, la durata dell’esistenza e la grandezza delle specie animali, motivo per cui le costellazioni (nel sistema tolemaico) sono quarantotto, movimento dell’ottavo cielo, conseguenze del moto del Sole intorno alla Terra sulla percezione del tempo, sull’amore, sulla possibilità che ci siano altri mondi oltre a questo.
Il finale del trattato, saldandosi con il capitolo iniziale del primo libro, restituisce un’immagine di Ristoro come uomo del suo tempo: dopo avere ribadito l’unicità di questo mondo, Ristoro conclude l’opera lodandone Dio come unico artefice e reggitore.
L’immagine dell’universo di Ristoro è geocentrica, secondo la visione di Aristotele con le rettifiche di Tolomeo: anche queste ultime sono però filtrate dalla lettura del Liber de aggregationibus del filosofo arabo al-Farghānī (Alfragano, Affragano o Afagrano, IX secolo) che rappresenta peraltro l’auctoritas più citata nella Composizione, anche in maniera diretta, dal momento che Ristoro arriva a includere nel trattato una traduzione del nono capitolo del Liber de aggregationibus, secondo la versione di Gherardo da Cremona (XII secolo). Il libro di Alfragano è inoltre la fonte attraverso cui Ristoro cita l’astronomo Jahjā ben Abȋ al Manṣȗr (Jovanni filiolo de l’Almasore, VIII-IX secolo) e confuta le opinioni di Avicenna (X-XI secolo) e Averroè (XII secolo). Gli altri autori citati nella Composizione, da inserire dunque nell’orizzonte culturale del suo autore, sono Aristotele, l’astronomo Abū Ma’shar (Albomasar, VIII-IX secolo), Zael, un astrologo ebreo del IX secolo, Isidoro di Siviglia (VI-VII secolo) e, per tramite di Isidoro, il poeta cristiano Celio Sedulio (V secolo). Nominato infine con termini assai elogiativi è un tale Artifio di cui sono rimaste poche tracce contraddittorie (Austin, 1912-1913, pp. 368 ss.). Certo, gli autori a cui Ristoro potrebbe aver attinto sono molti di più di quelli citati direttamente, perché egli preferisce minimizzare i debiti verso le fonti utilizzate, rimandando genericamente a dei ‘savi’ innominati (Altieri Biagi, 1984, p. 904).
L’interesse per La composizione a ogni modo ha anche ragioni linguistiche, dal momento che si tratta del primo trattato scientifico con contenuti originali scritto in un volgare italiano: lo stesso Ristoro d’altronde si mostra consapevole di questo primato quando, facendo parlare il proprio libro attraverso una prosopopea, rivendica la novità che esso rappresenta («[...] quella provincia [l’Italia] per la sua nobilità engenerò me libro, perché io narrasse e dicesse la composizione del mondo colle sue cascioni, e cose nòve, le quali non se trovavano scritte per altrui», II.6.4.6.3).
Da ricordare inoltre, sotto questo aspetto, il curioso paradosso di Domenico De Robertis (1976-1978) secondo il quale addirittura «la lingua italiana sarebbe oggi fondata sull’aretino» (p. 119) di Ristoro, se non fosse stato per l’esito della battaglia di Campaldino, dove l’11 giugno 1289 i guelfi fiorentini sconfissero gli aretini, garantendosi l’egemonia culturale della Toscana, e influenzando al contempo la fortuna del trattato in termini di diffusione: paradigmatico quindi il fatto che ‒ escludendo il codice Riccardiano di cui si è detto in apertura ‒ gli altri manoscritti che tramandano l’opera sono esclusivamente fiorentini.
Non si hanno indicazioni sulla data e sul luogo di morte di Ristoro.
Edizioni. La composizione del mondo di Ristoro d’Arezzo, testo italiano del 1282, a cura di E. Narducci, Roma 1859; La composizione del mondo colle sue cascioni, edizione critica a cura di A. Morino, Firenze 1976; La composizione del mondo, a cura di A. Morino, Parma 1997 (edizione con commento); La composizione del mondo, a cura di A. Morino, Trento 2007 (nuova edizione con commento e con diversa paragrafatura).
Fonti e Bibl.: La vita di Margaritone, a cura di A. Del Vita, Arezzo 1910; H.D. Austin, Accredited citations in R. d’Arezzo’s “Composizione del mondo”: a study of sources, in Studi medievali, IV (1912-1913), pp. 335-382; G. Contini, Letteratura italiana delle origini, Firenze 1970; A.M. Finoli, R. d’Arezzo, in Enciclopedia dantesca, IV, Roma 1973, pp. 983 s.; A.M. Maetzke, Nuove ricerche su Margarito d’Arezzo, in Bollettino d’arte, s. 6, LVIII (1973), pp. 95-112; D. De Robertis, Un monumento della civiltà aretina, in Atti e memorie dell’Accademia Petrarca di lettere, arti e scienze di Arezzo, n. s., 1976-1978, vol. 42, pp. 109-128; M.G. Ciardi Dupré Dal Poggetto, I codici liturgici miniati dell’Archivio Capitolare di Arezzo nell’ambiente aretino del Duecento, in I codici liturgici miniati dugenteschi nell’Archivio Capitolare del Duomo di Arezzo, a cura di R. Passalacqua, Firenze 1980, pp. 3-23; M.L. Altieri Biagi, Forme della comunicazione scientifica, in Letteratura italiana, III, 2, Le forme del testo. La prosa, a cura di A. Asor Rosa, Torino 1984, pp. 891-947; A. Caleca, Restoro d’Arezzo: le idee di un artista, 1282, in Critica d’arte, s. 4, L (1985), pp. 41-46; A. Labriola, Ricerche su Margarito e R. d’Arezzo, in Arte cristiana, LXXV (1987), pp. 145-160; M.M. Donato, Un “savio depentore” fra “scienza ed le stelle” e “sutilità” dell’antico: Restoro d’Arezzo, le arti e il sarcofago romano di Cortona, in Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa. Classe di lettere e filosofia. Quaderni, s. 4, 1996, n. 1-2, pp. 51-78; A. Mottana, Oggetti e concetti inerenti le scienze mineralogiche ne “La composizione del mondo con le sue cascioni” di Restoro d’Arezzo (anno 1282), in Rendiconti Lincei. Scienze fisiche e naturali, s. 9, X (1999), pp. 133-229; A. Rossi, Tre possibili autografi: Marsilio da Padova, Salimbene da Parma, Restoro d’Arezzo, in Id., Da Dante a Leonardo. Un percorso di originali, Firenze 1999, pp. 261-276; A. Morino, Restoro nella cultura scientifica e artistica del duecento aretino, in 750 anni degli statuti universitari aretini, a cura di F. Stella, Firenze 2006, pp. 225-244.