Rito abbreviato e rito immediato
Recentemente la Corte di cassazione a Sezioni Unite1 ha risolto la questione concernente l’individuazione dell’ordinanza con la quale, all’esito dell’emissione del decreto di giudizio immediato, viene disposto il rito abbreviato. Il tema è di notevole rilievo pratico, dal momento che solo con la pronuncia di tale atto inizia a decorrere il nuovo termine di fase della custodia cautelare previsto dall’art. 303, co. 1, lett. b bis) c.p.p. Secondo il Supremo Collegio, il provvedimento con cui il giudice, successivamente al deposito dell’istanza dell’imputato di ammissione al giudizio abbreviato, fissa l’udienza implica un preventivo vaglio di ammissibilità formale della richiesta. Solo in tale udienza il giudice compie, nel contraddittorio delle parti, la verifica di fondatezza sostanziale della domanda e, in caso di esito positivo, pronuncia l’ordinanza con la quale dispone il giudizio abbreviato, sicché solo da tale momento inizia a decorrere il nuovo termine di fase.
Nella prassi talora il giudizio immediato viene instaurato, in entrambi gli schemi previsti dal codice di rito, anche nei procedimenti per reati per il quali non è prevista la celebrazione dell’udienza preliminare. Il vantaggio per la pubblica accusa consiste nell’essere esonerato dalla necessità di emettere l’avviso di conclusione delle indagini preliminari, che ai sensi dell’art. 555, co. 2, c.p.p. deve precedere il decreto di citazione diretta a giudizio, sostituito dal decreto del g.i.p. di cui all’art. 455 c.p.p. In più di un’occasione il Supremo Collegio2 ha avuto modo di ribadire l’illegittimità di tale pratica ed ha affermato che non è abnorme l’ordinanza con la quale il giudice del dibattimento, investito della cognizione del procedimento a seguito della pronuncia del decreto di giudizio immediato, ordini la restituzione degli atti al pubblico ministero. In tale ipotesi, infatti, si determina una nullità ex art. 178 lett. c) c.p.p. causata dalla mancata emissione dell’avviso di conclusione delle indagini e dalla conseguente lesione del diritto di intervento dell’imputato riconosciuto dall’art. 415 bis c.p.p. Naturalmente, in questo medesimo caso, è consentito allo stesso g.i.p. rigettare la richiesta di giudizio immediato per violazione dell’art. 550 c.p.p3.
1 Cass. pen., S.U., 28.7.2011, in www.cortedicassazione.it.
2 Cass. pen., sez. I, 10.2.2010, Ly, CED Cass. 246249; conf. Cass. pen., sez. I, 31.3.2010, Seccia, CED Cass. 247945.
3 Cass. pen., sez. IV, 16.1.2004, Bellin, CED Cass. 227833; Cass. pen., sez. V, 5.11.2002, Zagami, CED Cass. 225706.