ritorno delle tecniche
Contributo di P. Sraffa (➔), emerso in forma non del tutto esplicita dal suo testo Produzione di merci a mezzo di merci (1960), per cui può accadere che la tecnica produttiva più conveniente (cioè la combinazione di capitale e lavoro), adottata in corrispondenza di un determinato saggio di remunerazione del capitale, cessi di esserlo per tassi più alti (come ci si aspetta che debba accadere), ma ‘ritorni’ a essere nuovamente conveniente quando il saggio di remunerazione sale ulteriormente. In questo modo, infatti, il prezzo del fattore produttivo ‘capitale’ (il tasso di interesse) non sembra riflettere la scarsità relativa della risorsa medesima, come sostenuto dalla teoria neoclassica della distribuzione del reddito, dal momento che una stessa tecnica produttiva può dimostrarsi vantaggiosa a diversi livelli del costo d’uso del capitale (➔ anche neoclassica, economia). Riconosciuta l’impossibilità di stabilire una relazione monotonica inversa tra l’intensità capitalistica delle tecniche produttive adottate e il saggio di profitto, sembra fallire anche il tentativo di spiegare il tasso di remunerazione del capitale in termini di una sua produttività marginale. Intorno ai concetti insiti nell’idea espressa da Sraffa del r. delle t. (ingl. reswitching) si sviluppò un vivace dibattito negli anni 1960 e 1970, che in Italia parzialmente perdura.
In un contributo del 1963, R.M. Solow (➔), nel tentativo di porre le basi di una spiegazione del saggio di remunerazione del capitale coerente con la teoria neoclassica della distribuzione del reddito, suggerì di introdurre la nozione di tasso di rendimento dell’investimento riferito a un intero sistema economico. Se, tuttavia, con questo si intende la grandezza che misura il rapporto tra il maggior flusso di reddito futuro e il corrispondente costo rappresentato da quantità fisiche di beni da aggiungersi ai capitali esistenti (e cioè il capitale costituito dalla somma in valore di tutte le merci utilizzate per la produzione di beni), si rileva che tale grandezza non appare, in genere, indipendente dal sistema di prezzi adottato per il calcolo dell’aggregato in valore del capitale. E poiché ogni sistema di prezzi dipende dal tasso di interesse prescelto, questo non può spiegare il saggio di remunerazione del capitale da cui non è indipendente: pertanto esso non possiede significato teorico autonomo. Il fatto che nell’equilibrio generale si realizzi l’uguaglianza fra tasso d’interesse e saggio di rendimento non consente di inferire che il primo sia determinato dal secondo. In definitiva, la critica alla nozione di funzione di produzione aggregata, sollevata dal dibattito sul r. delle t., ha messo in luce l’incoerenza logica delle spiegazioni della remunerazione del fattore capitale in termini di produttività o comunque di rendimento fisico dell’investimento aggregato. Il prezzo del fattore produttivo capitale non appare quindi più connesso con la scarsità relativa della risorsa medesima; e, d’altra parte, nessuna funzione di produzione aggregata può conformarsi a questo comportamento. L’accoglimento di tali critiche ha ridotto l’importanza della funzione di produzione aggregata nei modelli teorici, dove è stata sostituita da concetti più generali e validi, quale l’insieme di produzione.