ritorta
Il termine ebbe anticamente il valore di " legame fatto di fibre, di giunchi o altri rami flessibili "; nel senso di " legami robusti e forti " è in If XIX 27, nella descrizione della pena dei simoniaci: Le piante erano a tutti accese intrambe; / per che sì forte guizzavan le giunte, / che spezzate averien ritorte e strambe. Per il Pagliaro (Ulisse 259 e 640) " il poeta ha presenti le rozze pastoie, con le quali nelle campagne si legano i piedi anteriori delle bestie per impedire loro di allontanarsi troppo ". Più specificamente, per " catene ", nella descrizione dei giganti del Cocito (in If XXXI; ai vv. 86-90 è rappresentato Efialte, che tenea soccinto / dinanzi l'altro e dietro il braccio destro / d'una catena che 'l tenea avvinto / dal collo in giù, sì che 'n su lo scoperto / si ravvolgëa infino al giro quinto): cfr. il v. 111 Allor temett'io più che mai la morte, / e non v'era mestier più che la dotta, / s'io non avessi viste le ritorte. I codici, sia qui che nel primo luogo, leggono anche la variante dissimilata litorta (v.).