RIVOLI (A. T., 24-25-26)
Centro abitato della provincia di Torino, a 353 m. s. m., sorto nell'ampio anfiteatro morenico allo sbocco della valle di Susa, a cavaliere tra questa e il bacino del Sangone, Rivoli è situata sull'arteria stradale internazionale che conduce da Torino al Moncenisio; è collegata mediante tramvia elettrica (km. 11) con la metropoli piemontese e mediante servizî automobilistici con Buttigliera Alta (km. 7), Rivalta (km. 5), Rubiana (km. 18), Val della Torre (km. 16) e Villarbasse (km. 6). Il comune copre una superficie di 29,52 kmq., di cui 27,98 agrarî (di questi il 16% è irrigato mediante le acque della Dora Riparia), e ha fiorente agricoltura (seminativi 50,2%; prati e pascoli 18,6%; colture legnose specializzate 20%; boschi 11% della superficie agrario-forestale); allevamento cospicuo con 1822 bovini e 655 suini nel 1930; fiorenti industrie: nel 1927 vi erano 193 esercizî con 2080 addetti, di cui 1114 nelle industrie tessili. La popolazione complessiva, che era di 7250 individui nel 1901 e di 9022 nel 1921, risultò di 11.470 nel 1931, di cui 1187 sparsi.
Monumenti. - Il monumento principale di Rivoli è il grande castello, già dei Savoia, che sorge in posizione dominante sullo spiazzo più alto della cittadina.
In esso, dimora dei vescovi di Torino nel sec. XII e poi dei conti di Savoia a partire dal secolo seguente, Amedeo VI celebrò le nozze della sorella Bianca di Savoia con Galeazzo Visconti (1350) e fondò l'Ordine supremo della SS. Annunziata; Amedeo VII vi ospitò l'imperatore Sigismondo (1414). Emanuele Filiberto, reduce dai trionfi di San Quintino, riatta il fortilizio e vi si stabilisce con Margherita di Francia; ivi nel 1562 è allietato dalla nascita di Carlo Emanuele I. A questo duca risale la costruzione del grande castello, progettato dal conte Carlo di Castellamonte, e conosciuto da due stampe del "Theatrum Sabaudiae" (1682). Il castello di pianta rettangolare, con quattro padiglioni agli angoli, era unito a un lungo braccio contenente la quadreria del duca; vi lavorarono il Morazzone e Isidoro Bianchi, del quale ultimo si conserva una bella vòlta frescata. Ma il superbo palazzo veniva messo a fuoco dall'esercito del Catinat (1693). Vittorio Amedeo II, progettandone dapprima un semplice restauro e qualche ingrandimento, dovette interrompere i lavori per la nuova guerra del 1704; cessata la quale, furono intensamente ripresi e affidati al capitano e ingegnere militare Michelangelo Garove da Bissone, che vi lavorò dal 1711 alla morte, 1713; al Garove il duca aveva pure ordinato la ricostruzione della Venaria. A lui, e non allo Juvara, come sì è fin qui opinato, è dovuta l'attuale sistemazione del castello. Quando lo Juvara fu chiamato a operare, e progettò, circa il 1718, un meraviglioso edifizio che avrebbe donato a Rivoli una Versailles italiana, l'ala orientale e l'avancorpo centrale erano stati ricostruiti a nuovo, rispettando il più possibile gli avanzi dell'edifizio castellamontano; delle innovazioni juvariane fu realizzata soltanto la parte centrale, che ora si distingue dall'intonaco. Sospesa nel 1719 la costruzione, lo Juvara curò la decorazione degl'interni, nei quali lavorarono gli stuccatori C. Papa e P. F. Somazzo, i pittori G. B. Van Loo, A. Malatto, M. A. Milocco, P. S. Galeotto, F. Minei e altri.
Nel castello di Rivoli veniva imprigionato, dopo il tentativo di riprendere il trono, a cui aveva abdicato, Vittorio Amedeo II.
Il castello, passato ai discendenti dei duchi di Modena come feudo dotale di Beatrice di Savoia, sposa nel 1812 a Francesco IV, ed eretto poi in principato da Napoleone I per il maresciallo Ney, è ora proprietà del comune.
A Rivoli sono inoltre da ricordarsi il campanile dell'antica pieve distrutta, di forme ancora romaniche ma eretto ai primissimi del sec. XIV; il campanile gotico della chiesa già di S. Domenico, ora di S. Maria della Stella (la chiesa è completamente rimodernata), e, più antichi, nei dintorni, il campanile di S. Martino ai Campi, isolato in mezzo alla campagna, del sec. XI-XII, e quello, pure romanico ma più slanciato, di S. Salvatore nella Villa Leuman. Tipiche poi sono le ricche decorazioni in cotto che tuttora ornano vecchie case quattrocentesche, fra cui particolarmente notevole quella detta del Conte Verde. Da segnalare ancora alcuni avanzi della vecchia cinta, compresa una delle antiche porte in Via Grandi; nonché la villa Juva, ora Cavalli d'Olivola, di architettura juvariana.
Storia. - Trovamenti archeologici attestano in epoca romana un abitato sul colle di S. Martino, la "mutatio ad octavum" della strada dai Taurini al Monginevro sul colle di Mongioie, e la stazione al decimo miliario al Trüc Perosa. Ai piedi della collina rivolese Costantino vinse la prima battaglia contro Massenzio (312).
Nel Medioevo il dominio di Rivoli fu conteso tra i vescovi di Torino, ai quali sarebbe stato concesso nel 996 con diploma di Ottone III ad Amizone, e i conti di Savoia che vantavano diritti anteriori all'acquisto della marca di Torino portata in dote dalla contessa Adelaide (1045); ma già nello stesso secolo è accertata l'effettiva giurisdizione dei "signori" di Rivoli di prosapia anscarica. Nel 1159 Federico I imperatore conferma al vescovo Carlo il dominio di Rivoli; così, spodestati a poco a poco dai vescovi, i signori del luogo sono costretti a cedere la castellania ai signori di Moncucco avvocati della chiesa (1190-1247). Rimesso da costoro a re Enzo, figlio di Federico II, Rivoli passa al conte di Savoia Amedeo IV. Nel 1792 viene dato in appannaggio da Vittorio Amedeo III al figlio Vittorio Emanuele duca di Aosta, con titolo marchionale.
Il Trattato di Rivoli. - Il trattato di Cherasco (v.) aveva ristabilito la pace tra la Francia e la Savoia, senza però che il Richelieu s'affrettasse all'adempimento dei patti. Tuttavia la Francia costituiva il pericolo più immediato, e Vittorio Amedeo I doveva necessariamente piegarsi verso di essa, abbandonando la Spagna, soprattutto dopo il fallimento della lega progettata da Urbano VIII e della crociata contro i Turchi. Il Richelieu faceva balenare il miraggio della conquista della Lombardia, compensato però dalla cessione alla Francia di altre terre attorno Pinerolo e dallo smantellamento della fortezza di Monmeliano. Vittorio Amedeo ritenendo "la migliore garanzia dei nuovi patti esser l'adempimento di quelli vecchi", richiedeva Genova prima della Lombardia, l'adempimento degl'impegni di Cherasco e l'inizio della guerra con forze sicure di vincere. Il 15 marzo 1635 il signor di Bellièvre partiva da Parigi verso Torino presentandosi ai principi italiani e particolarmente al duca di Savoia come tutore del diritto violato dalla Spagna. Ai principi proponeva la divisione degli stati occupati dagli Spagnoli; la Francia rinunciava a qualsiasi bottino, eccetto Pinerolo "come d'una porta d'Italia per correre in loro soccorso". In realtà, mentre i principi si sarebbero battuti sulle rive del Po, l'esercito spagnolo-imperiale avrebbe dovuto sostenere l'impeto delle milizie francesi in Fiandra e sul Reno. Il trattato, sottoscritto a Rivoli l'11 luglio 1635 dal duca Vittorio Amedeo I e dai plenipotenziarî francesi signor di Bellièvre e conte di Plessis-Plangin, stabiliva per tre anni, allo scopo di conquistare il ducato di Milano, una lega tra il re di Francia, il duca di Savoia e gli altri principi che vi avessero voluto aderire; il re doveva armare 12 mila fanti e 1500 cavalli, oltre ai soldati mandati in Valtellina e quelli che avrebbero somministrati i duchi di Mantova e di Parma; il duca di Savoia avrebbe contribuito con 6 mila fanti e 1200 cavalli, oltre alle milizie del duca di Modena; le ostilità avrebbero avuto inizio quando gli altri principi avessero apportato altri 7 mila fanti e 700 cavalli; gli acquisti si sarebbero spartiti in proporzione alle forze apportate. Un articolo segreto pattuiva compensi al duca, qualora non avesse ottenuto i vantaggi su Genova promessi a Cherasco. Il duca era nominato capitano generale dei collegati; ma il Créqui, comandante delle truppe francesi, rompeva improvvisamente le ostilità. Nei combattimenti di Valenza (ottobre 1635), di Tornavento (22 giugno 1636) e di Mombaldone (8 settembre 1637) il duca combatté da eroe; ma la morte avvenuta il 7 ottobre gl'impedì di cogliere il frutto di tanta abilità diplomatica e di tanto coraggio.
Bibl.: Per la parte geografica: G. Capeder, Sulla struttura dell'anfiteatro morenico di Rivoli, in Boll. Soc. geol. ital., XXIII, 1904; F. Sacco, I grandi laghi postglaciali di Rivoli e di Ivrea, in L'Universo, 1928. Per la storia della città v.: G. Borghezio, Frammenti epigrafici romani inediti del Piemonte, in Atti della Soc. piemontese di archeol. e belle arti, VIII, Torino 1917; Memorie di un terrazzano di Rivoli dal 1535 al 1586, edite da D. P(romis), in Miscellanea di storia italiana, VI, Torino 1865; L. Antonielli, Cenni di storia rivolese, Rivoli 1917; G. Borghezio, Briciole di storia rivalese, in Il nuovo seminario di Torino, 1935. - Per il castello: A. Telluccini, Il castello di Rivoli Torinese, in Boll. d'arte del Ministero dell'educazione nazionale, Roma, ottobre-novembre 1930; A. E. Brinckmann, Theatrum novum Pedemontii, Düsseldorf 1931. - Per il trattato di Rivoli: S. Foa, Il trattato di Rivoli (1635), in Boll. storico bibliografico subalpino, XXVIII, XXXII, XXXIII, Torino 1926, 1930, 1931; id., Vittorio Amedeo I, Torino 1930.