roba
Con il valore più generico di " necessario per vivere ", e " cibo " prima di tutto, è in Pg XIII 61 li ciechi a cui la roba falla, " i orbi... in istado de povertà " (Lana); " pauperes, nec possunt aliter lucrari " (Benvenuto). Significa proprio " cibo " in Rime LXXVII 3 (D. si rivolge a Forese: giù per la gola tanta roba hai messa), ma in senso dispregiativo: Forese è accusato di essere un ingordo ghiottone (cfr. LXXV).
In If XXIV 7 lo villanello a cui la roba manca, la maggioranza dei commentatori mette in relazione r. con il v. 14 (fuor le pecorelle a pascer caccia). Il contadino " è dilungato dalla ricolta, e allora sono più care le biade che in tutto l'anno; o vogliamo intendere lo strame per pascere le pecore, imperò nel testo fa menzione di ciò " (Buti). Quindi r. vale " rifornimento ", non tanto per sé, quanto per il suo gregge: " foraggio ". Gli antichi commentatori (evidentemente per ragioni d'interpretazione simbolica) rilevano che la mancanza di roba è dovuta a imprevidenza da parte del villanello, " quia non fecit sibi provisionem straminis pro hyeme, quae est pars inferni pauperi homini " (Benvenuto).
In Cv IV XXVII 13 r. vale " abito ", " stoffa " (francese robe): donate cavalli e arme, robe e denari. Quest'ultimo significato è il più frequente nel Fiore: XCVI 10, CLXV 13, CLXXV 10, CLXXVII 11 e 14, CLXXVIII 5 e 14, CCXIV 2, CCXXIII 1 (cfr. Detto 427 Belle robe... / vesti, fresche e novelle).
In Fiore CXXIX 2 roba di renduta significa " abito da monaca " (v. RENDERE); in contrapposizione, r. di color vuol dire " abito civile ", " variopinto ", poiché gli abiti degli ecclesiastici erano di stoffa di colore uniforme: XCV 4, XCVI 3 e 7 (e cfr. XCIV 11); in CLXIX 5 robe di colore vale, più genericamente, " abito di lusso ", " abito sgargiante e prezioso "; in LXXXVIII 3 la r. del buon frate Alberto è " l'abito di frate Alberto " (cfr. CXXX 4), cioè " abito dell'ipocrita " per antonomasia; se ne veste Falsembiante per ingannare il prossimo, senza paura di essere svergognato: Chi tal rob'hae, non teme mai vergogna (LXXXVIII 14).