Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
L’opera scientifica boyleana si caratterizza per la costante affermazione del metodo sperimentale e la difesa della religione cristiana. I suoi esperimenti più noti sono quelli di chimica e quelli sull’aria. Questi ultimi sono condotti per mezzo della pompa pneumatica. Sostenitore di un’interpretazione probabilistica delle conoscenze scientifiche, Boyle coniuga indagini sperimentali e concezione meccanicistica della materia. Seguendo l’insegnamento di Bacon, pubblica raccolte di osservazioni e dati sperimentali su diversi temi: aria, sangue, magnetismo, elettricità, colori.
Robert Boyle è il più noto scienziato europeo della seconda metà del Seicento; la sua fama sarà eclissata da solo da Isaac Newton alla fine del secolo. I suoi contributi alla scienza spaziano su un ampio spettro di temi: pneumatica, chimica, medicina, teoria della materia, elettricità, magnetismo. L’opera scientifica boyleana si caratterizza per la costante affermazione del metodo sperimentale, che influenzerà profondamente i successivi sviluppi della scienza britannica e in particolare la Royal Society di Londra. I suoi esperimenti più noti sono quelli di chimica e quelli sull’aria, realizzati con la pompa pneumatica, costruita con la collaborazione di Robert Hooke. I contributi teorici di Boyle non sono meno importanti. Al nome di Boyle è associata la teoria corpuscolare della materia, ovvero la mechanical philosophy, che si afferma nella scienza europea della seconda metà del XVII secolo. Oltre alla scienza della natura, Boyle coltiva lo studio dei testi sacri, scrive opere di esegesi biblica e di filosofia. Nel suo testamento destina un’ingente somma di denaro alla promozione della religione cristiana per mezzo di conferenze pubbliche su temi scientifici, che prenderanno il nome di Boyle Lectures.
Robert Boyle nasce in Irlanda, nel castello di Linsmore, nel 1627, figlio del primo conte di Cork, uno degli uomini più ricchi del regno e proprietario di estesi possedimenti in Irlanda. Dopo aver studiato a Eton, Boyle completa la propria educazione viaggiando in Europa sotto la guida di un precettore ugonotto. Tornato in Inghilterra nel 1644, entra poi in contatto con Samuel Hartlib, le cui attività si ispirano alle idee baconiane di riforma del sapere e di applicazione delle scienze a progetti di pubblica utilità. È nell’ambito del circolo di Hartlib che si collocano la formazione scientifica e le prime ricerche di Boyle, che condivide le aspettative degli intellettuali puritani nei confronti del Commonwealth. Al pari degli altri membri del circolo di Hartlib, egli loda la nuova forma di governo perché gli appare la più adatta a promuovere la virtù e l’ingegno umano. Egli tuttavia non manca di esprimere rammarico e preoccupazione per l’emergere di innumerevoli sette e di concezioni fortemente eterodosse in materia di religione.
La chimica occupa una posizione centrale nelle attività del circolo di Hartlib e il giovane Boyle comincia a svolgere le proprie indagini di laboratorio a partire dal 1647, anno in cui dà inizio alla stesura della Usefulness of experimental natural Philosophy, che vedrà la luce solo nel 1663. L’opera costituisce una sintesi delle attività scientifiche boyleane del periodo giovanile. Boyle afferma che il merito della experimental philosophy, da lui contrapposta alla filosofia aristotelica, è non solo di accrescere la conoscenza della natura, ma anche di produrre opere utili agli uomini e di rafforzare la fede. Essa mostra che la magnifica struttura del mondo e degli esseri viventi non può che essere frutto del potere e bontà del Divino Artefice. Per Boyle la scienza sperimentale è un potente mezzo per rafforzare la religione cristiana e combattere l’ateismo.
Insieme ad altri membri del circolo di Hartlib, il giovane Boyle adotta e sviluppa le teorie iatrochimiche elaborate dal medico belga Jean Baptiste van Helmont. Come van Helmont, Boyle confuta la teoria galenica degli umori e delle facoltà e spiega il funzionamento del corpo umano in termini di reazioni chimiche. Boyle si trasferisce a Oxford nel 1656 e entra a far parte del gruppo di medici e scienziati detto Oxford Experimental Club. Di questo gruppo (che insieme al circolo di Hartlib è considerato l’origine della Royal Society) fanno parte, tra gli altri, il matematico Seth Ward, l’architetto e astronomo Christopher Wren, il medico Thomas Willis e il filosofo John Locke. A Oxford Boyle organizza un corso di chimica, si dedica allo studio della medicina e intraprende l’indagine sperimentale delle proprietà dell’aria.
Alla fine degli anni Cinquanta risale la costruzione della pompa pneumatica, un risultato tecnico di grande importanza, in quanto consente di aspirare l’aria con relativa facilità e permette di condurre sofisticati esperimenti all’interno del contenitore di vetro. Gli esperimenti boyleani non hanno lo scopo di stabilire sperimentalmente l’esistenza del vuoto, bensì di studiare le proprietà fisiche dell’aria. A suo avviso, l’aria è un fluido dotato di elasticità e pressione.
Nella pompa pneumatica Boyle realizza anche esperimenti sulla respirazione e combustione, cercando di stabilire una relazione tra fenomeni che solo con Lavoisier saranno pienamente compresi. Boyle sottolinea a più riprese che una qualche componente dell’aria è responsabile della combustione e della respirazione, ma non è in grado di identificarla. Gli esperimenti di Boyle mostrano che quando l’aria è molto rarefatta la candela si spegne e gli animaletti introdotti nel contenitore muoiono - anche un pesce in una vasca non sopravvive dopo che l’aria è stata estratta.
Nel 1661 Boyle publica Il chimico scettico, opera in forma di dialogo dedicata a confutare con argomenti di carattere sperimentale sia la concezione aristotelica dei quattro elementi (terra, acqua, aria fuoco) che quella paracelsiana dei cinque principi (sale, zolfo, mercurio, terra, acqua). Mentre van Helmont aveva affermato che la sostanza ultima di cui sono composti i corpi naturali è l’acqua, Boyle nega che l’acqua sia una sostanza semplice e omogenea, tuttavia non si pronuncia sul numero dei costituenti ultimi dei corpi. Egli confuta la concezione dei chimici paracelsiani per i quali da tutti i corpi è estraibile per mezzo del fuoco lo stesso numero di sostanze semplici – sostanze da cui sarebbero formati tutti i composti. Boyle dimostra sulla base di dati sperimentali che vi sono sostanze, come l’oro e l’argento, da cui non è possibile estrarre i cosiddetti principi chimici. Dimostra inoltre che le sostanze che i paracelsiani credono essere semplici e incomposte possono essere ulteriormente analizzate. Boyle mostra per via sperimentale che il fuoco, anziché analizzare i corpi nei loro ingredenti semplici, in molti casi li trasforma, ovvero ricombina le sostanze di cui sono formati.
In tutti i suoi scritti di chimica Boyle esprime forti riserve sulle classificazioni e la terminologia di cui fa uso la chimica: le prime sono basate su generalizzazioni arbitrarie, la seconda è ancora oscura e ambigua. Ad esempio, con il termine “sale” i chimici indicano sostanze tra loro diversissime. Al fine di giungere a una più accurata classificazione delle sostanze chimiche e, in particolare, per identificare acidi e alcali, Boyle perfeziona gli indicatori chimici in uso e ne introduce di nuovi. Tra le sostanze maggiormente utilizzate da Boyle vi è lo sciroppo di viole, estratto dai petali di viola. Gli indicatori consentono a Boyle non solo di determinare con precisione se una determinata sostanza è acida o alcalina, ma gli permettono di aggiungere una terza classe di sostanze, sostanze neutre, che non producono alcun mutamento di colore nell’indicatore.
Boyle dedica numerosi esperimenti allo studio della calcinazione, ma non riesce a stabilire alcuna relazione tra l’aumento di peso dei metalli sottoposti a calcinazione e l’aria. Ritiene che l’aumento di peso sia dovuto a particelle di fuoco che passano attraverso il contenitore di vetro in cui conduce l’esperimento ed entrano nei pori del metallo.
La chimica e la fisica di Boyle si basano sulla teoria corpuscolare della materia, secondo cui i corpi sono costituiti di corpuscoli dotati di proprietà meccaniche: forma geometrica, grandezza e moto. Di questa teoria Boyle presenta un’esposizione sintetica nell’Origine delle forme e qualità (1666). I principi su cui si basa la filosofia corpuscolare di Boyle sono materia e movimento. La materia è una sola, omogenea, universale, comune a tutti i corpi; i suoi unici attributi sono l’estensione, la divisibilità e l’impenetrabilità. Il moto locale (definito da Boyle la principale tra le cause seconde) non è congenito alla materia, come avevano sostenuto gli atomisti antichi e moderni, ma fu impresso da Dio al momento della creazione. L’attribuzione alla materia di un principio interno di moto costituirebbe per Boyle una pericolosa concessione alle filosofie materialistiche e all’epicureismo. Per Boyle il moto ha origine da Dio e da Dio è mantenuto e diretto in tutto l’universo. Per effetto del moto, la materia è divisa in particelle insensibili, i cui unici attributi sono la forma e la grandezza. Le particelle di materia, che costituiscono le unità ultime di cui sono composti tutti i corpi, possono essere scomposte dall’azione di Dio, ma, a causa della loro compattezza, rimangono immutate in natura. Da questi corpuscoli, che Boyle chiama prima naturalia, si formano i primi aggregati di corpuscoli, o concrezioni primarie che, a differenza dei corpuscoli semplici, sono scomposti in natura, anche se ciò accade raramente. Si tratta di corpuscoli composti, che rimangono integri in un gran numero di reazioni chimiche e che possono essere ricuperati. Le forme in cui i corpuscoli si aggregano sono chiamate da Boyle textures (“tessiture”). Le differenti tessiture determinano le qualità sensibili dei corpi. La texture dei corpi non è qualcosa di stabile e immutabile, ma è modificata dall’aggiunta o sottrazione di corpuscoli, o dal mutamento di posizione reciproca dei corpuscoli che la formano. Ogni corpo è, secondo Boyle, costantemente esposto all’azione di corpuscoli che, essendo in costante movimento, ne modificano le proprietà fisico-chimiche.
In tutta la sua carriera Boyle si dedica alla stesura di storie naturali, ovvero a raccolte di dati e descrizioni di fenomeni relativi a singoli ambiti di ricerca. Le sue storie sperimentali più note sono quelle relative all’aria, al sangue, ai colori, al magnetismo. Condotte seguendo gli insegnamenti baconiani, le storie naturali di Boyle sono il risultato di collaborazione scientifica e anche di raccolte di dati che gli provengono da più parti del mondo grazie ai contatti stabiliti con viaggiatori e mercanti. Boyle conferisce una grande importanza alle storie sperimentali, perché il suo ideale di scienza privilegia la raccolta di osservazioni e dati sperimentali rispetto alla formulazione di teorie. Queste ultime hanno sempre un carattere congetturale e l’intelletto umano – secondo Boyle – non può ottenere una certezza assoluta. Anche le leggi di natura hanno un carattere provvisorio, in quanto il Creatore potrebbe modificare il corso degli eventi naturali, rendendo vane le nostre teorie. Per Boyle i fenomeni naturali dipendono dall’infinita potenza di Dio; il concorso ordinario di Dio è necessario affinché la struttura e i moti dell’universo–macchina possano conservarsi. La materia e il moto non sono di per sé sufficienti né a produrre l’universo fisico, né a garantirne la conservazione.