De Niro, Robert
Attore cinematografico statunitense, nato a New York il 17 agosto 1943. Raramente un attore è giunto, come D. N., a rappresentare un intero, lungo e importante periodo della storia di una cinematografia nazionale, di cui è divenuto un'icona a partire dagli anni Settanta: la maschera nella quale, con quella di Jack Nicholson e forse di nessun altro, si identifica un intero cinema, per versatilità, per professionalismo e per personalità, prorompente nel caso di Jack Nicholson, misurata in quello di De Niro. Interprete di circa sessanta film, ha 'ridisegnato' il personaggio del criminale, e in generale figure spesso al di fuori della norma, immettendo non solo una componente psicopatologica, ma anche e soprattutto una venatura sorniona e talora irridente, sempre comunque inquietante, con il suo sguardo socchiuso e il suo sorriso umbratile e poco accattivante. Concordemente indicato come l'erede diretto e naturale di Marlon Brando e degli altri grandi attori fedeli, negli anni Cinquanta, al metodo predicato dall'Actors Studio, durante la sua carriera ha vinto due premi Oscar, nel 1975 con The godfather, part II (1974; Il padrino ‒ Parte II) di Francis Ford Coppola e nel 1981 con Raging bull (1980; Toro scatenato) di Martin Scorsese, e ha ottenuto quattro nominations.Figlio di genitori divorziati, pittori entrambi (di origini italo-irlandesi il padre, franco-canadesi la madre), a due anni andò a vivere con la madre nella zona di Little Italy a New York, non distante dall'abitazione del coetaneo e futuro amico Martin Scorsese. Dopo aver studiato con Stella Adler e all'Actors Studio, recitò in alcune produzioni off-Broadway e in una soap opera televisiva, prima di avere una parte in The wedding party (1969; Oggi sposi, film girato nel 1966, ma uscito solo tre anni dopo) dell'allora sconosciuto Brian De Palma, che lo volle poi come protagonista in un film di fattura e ispirazione indipendente, Greetings (1968; Ciao America), cui seguì Hi, Mom! (1970). Ottenuto un piccolo ruolo, accanto a Shelley Winters che lo aveva consigliato al regista, in Bloody Mama (1970; Il clan dei Barker) di Roger Corman, iniziarono a presentarsi a D. N. le occasioni per rivelare la sua forza e capacità attoriale: dopo Bang the drum slowly (1973; Batte il tamburo lentamente) di John Hancock, piccolo film che gli procurò buone recensioni, l'anno seguente fu diretto da Scorsese, con il quale avviò una significativa collaborazione artistica, in Mean streets (1973; Mean streets ‒ Domenica in chiesa, lunedì all'inferno). Qui si distinse nella parte del giovane traviato che spesso avrebbe reinterpretato e perfezionato nel corso della carriera. Attirata l'attenzione di Coppola, D. N. ebbe un ruolo di rilievo in uno dei migliori film del regista, The godfather, part II, quello del mafioso italoamericano Vito Corleone da giovane ‒ nel precedente film della saga lo stesso personaggio, invecchiato, era interpretato da Marlon Brando ‒, producendosi in uno straordinario adeguamento al carattere già costruito dal celebre attore. Ciò gli valse l'attributo di 'nuovo Brando' e probabilmente anche le offerte di recitare con registi che avevano a suo tempo diretto il grande predecessore, Elia Kazan e Bernardo Bertolucci, rispettivamente in The last tycoon (Gli ultimi fuochi) e Novecento, entrambi del 1976. La sua consacrazione a star avvenne nello stesso anno con il film che più di ogni altro colpì permanentemente l'immaginazione del pubblico, Taxi driver di Scorsese (con il quale ottenne la sua prima nomination). Nel viaggio allucinato e notturno in una New York cupa e corrotta, che riflette splendidamente l'America del tempo, D. N. esibì i tratti che l'avrebbero reso sempre più celebre, quelli di un carattere al limite della psicopatologia, introverso, potenzialmente pericoloso, imprevedibile. Tratti che non lo avrebbero abbandonato mai, nemmeno nell'interpretazione di personaggi d'altro genere, come quello di Jimmy, il sassofonista egocentrico che rovina la vita alla moglie e a sé stesso in New York, New York (1977) di Scorsese o quello di Michael in The deer hunter (1978; Il cacciatore) di Michael Cimino, che gli valse una seconda nomination. Leggendario per il suo attaccamento al 'metodo', D. N. ne dette straordinaria dimostrazione in Raging bull nella parte del pugile Jack La Motta: per interpretarlo aumentò di 20 kg di peso, cambiando totalmente aspetto. La collaborazione con Scorsese, fino a quel momento proficua, subì una caduta con l'insuccesso di The king of comedy (1983; Re per una notte), in cui l'interpretazione 'mattatoriale', al fianco di un insolito Jerry Lewis, non fu sufficiente a salvare il film. Soltanto nel 1990 D. N. sarebbe tornato a lavorare con il vecchio amico in Goodfellas (Quei bravi ragazzi) dopo alcuni anni di lavoro in film di minore importanza, se si eccettua Once upon a time in America (1984; C'era una volta in America) di Sergio Leone, in cui l'attore offrì un'ottima prestazione nel ruolo del protagonista. Da ricordare, comunque, anche l'interpretazione in The mission (1986; Mission) di Roland Joffé, e i due cameos (Al Capone e il diavolo) in The untouchables (1987; The untouchables ‒ Gli intoccabili) di De Palma, e in Angel heart (1987; Angel heart ‒ Ascensore per l'inferno) di Alan Parker. Dopo una terza nomination per la parte del sopravvissuto da grave encefalite letargica in Awakenings (1990; Risvegli) di Penny Marshall, e la memorabile caratterizzazione in Backdraft (1991; Fuoco assassino) di Ron Howard, ricevette la quarta nomination per Cape Fear (1991; Cape Fear ‒ Il promontorio della paura) di Scorsese, remake del bel thriller del 1962 di Jack Lee Thompson. Nel film, D. N. offre il meglio del suo 'carattere psicopatico' lavorando ancora una volta straordinariamente sulla muscolatura del proprio corpo, segno temibile della malattia mentale del personaggio. Negli anni Novanta, tentata la regia nel 1993 con il passabile A Bronx tale (Bronx), ha interpretato vari film, alternando quelli meno interessanti (nei quali, comunque, le sue interpretazioni si sono sempre rivelate notevoli: come quella del regista in una delle poche opere hollywoodiane dedicate alle inchieste maccartiste sui blacklisteds in Guilty by suspicion, 1991, Indiziato di reato, di Irwin Winkler; o quella più ironica in Mad dog and glory, 1993, Lo sbirro, il boss e la bionda, di John McNaughton; o quella nel ruolo del mostro in Mary Shelley's Frankenstein, 1994, Frankenstein di Mary Shelley, di Kenneth Branagh) ad altri di magistrale fattura. Fra questi non si può non citare Casino (1995; Casinò), un altro tour de force scorsesiano nel quale D. N. recita a fianco di una partner come Sharon Stone, del tutto fuori tono rispetto non tanto al film quanto allo stile dell'attore comprimario. Continuò quindi a interpretare parti di criminali: in Heat (1995; Heat ‒ La sfida) di Michael Mann affrontando Al Pacino, quest'ultimo nelle vesti di un poliziotto che cerca da anni di mettersi sulle sue tracce per catturarlo; in Jackie Brown (1997) di Quentin Tarantino, remake ‒ ancorché soltanto parziale ‒ non di un film bensì di un intero genere, il blaxploitation (film a basso costo in voga negli anni Settanta con personaggi, linguaggio, usi e costumi tipici dell'ambiente afroamericano); nel thriller Ronin (1998) diretto da John Frankenheimer e in The score (2001) di Frank Oz, dove fornisce un'impagabile performance inserendosi nel confronto generazionale fra due astutissimi scassinatori (Marlon Brando e Edward Norton).Oltre alle interpretazioni del 'cattivo psicopatico', D. N. ha dato prova di saper creare anche personaggi delicati e romantici o addirittura comici, in una storia sentimentale come quella di Falling in love (1984; Innamorarsi) di Ulu Grosbard, accanto a Meryl Streep, o in commedie come Analyze this (1999; Terapia e pallottole) di Harold Ramis, Meet the parents (2000; Ti presento i miei) di Jay Roach e Showtime (2002) di Tom Dey.
J. Hunter, Robert De Niro. Movie top ten, London 1999.