TURGOT, Robert-Jacques
Economista e uomo politico, nato il 10 marzo 1727 a Parigi, ivi morto il 20 marzo 1781. Figlio di un agiato mercante normanno, che aveva raggiunto nella capitale l'importante carica di prevôt des marchands, si era avviato alla carriera ecclesiastica, compiendo gli studî nel seminario di San Sulpicio e nella facoltà di teologia della Sorbona. Ma nel 1751 egli, con una decisione improvvisa, abbandona quella via e preferisce percorrere quella dei pubblici uffici, in cui fa subito rapidi progressi: nel 1752 è consigliere del procuratore generale; nell'anno stesso consigliere del parlamento di Parigi; dal 1753 al 1761 maîtres de requêtes.
In questo primo decennio della sua attività di magistrato egli si dedicò con passione allo studio dei problemi più varî, dando la preferenza a quelli economici e sociali; frequentò i salotti più celebri di Parigi; entrò in relazione con gli enciclopedisti, e fino dal 1755 strinse col De Gournay quei rapporti, divenuti presto strettissimi, che dovevano influire in modo definitivo sulla sua formazione mentale e sulla sua futura opera di riformatore. Solo più tardi ebbe rapporti diretti col Quesnaye con la sua scuola.
Il primo scritto economico pubblicato dal T., risale al 1749, ed è una lettera indirizzata all'abate di Cicé per criticare le idee del Law sulla carta moneta. Del suo interessamento a più vasti problemi politico sociali sono documento due lettere, ch'egli pubblicò nel 1753 e '54 in favore della tolleranza religiosa e che destarono un certo rumore. Nello stesso tempo egli collabora all'Encyclopédie con varî articoli, fra i quali particolarmente importante quello su Foires et Marchés; e traduce in francese l'opera di Josiah Tucker, sul vantaggio che rappresenta per il commercio la naturalizzazione degli stranieri.
Dal 1761 al 1774 il T. occupa l'importante ufficio d'intendente della generalità di Limoges, e questo lungo periodo in cui sta a capo di un'amministrazione provinciale rappresenta per lui l'occasione non solo di dar prova delle sue qualità di amministratore, ma anche di attuare le sue idee riformatrici nel campo finanziario, economico e sociale.
Modifica il sistema di riscossione dell'imposta diretta, sostituendo alla taglia, applicata secondo l'arbitrio dell'esattore, una taglia, regolata da una tariffa. Nello stesso tempo tenta d'introdurre una maggiore giustizia nella distribuzione dell'imposta sgravando i redditi minimi e facendo compilare un catasto della proprietà terriera. Mentre cerca di dare il massimo impulso alle costruzioni stradali, vuole evitare che queste rappresentino un onere troppo gravoso per le classi rurali, e sostituisce perciò al vecchio sistema della corvée, che gravava appunto quasi esclusivamente sulle spalle dei coltivatori, quello di una tassa in denaro, pagata dai proprietarî. Cerca di proteggere la libertà del commercio dei grani e la libertà dell'industria entro la sua provincia; e dà infine un principio di attuazione alle sue idee sociali in fatto di assistenza, con la creazione di alcuni bureaux de charité, i quali si proponevano, sull'esempio inglese, di aiutare i poveri abili al lavoro, assicurando loro un'occupazione.
Dall'intendenza di Limoges il T. sale d'un tratto all'ufficio di maggiore importanza e responsabilità che in quel periodo di gravissime difficoltà finanziarie esistesse in Francia. Dopo un brevissimo periodo (poco più di un mese) in cui egli fu ministro (segretario di stato) della Marina, nell'agosto 1774 fu nominato controleur général delle finanze, fu chiamato cioè a quel ministero che era stato reso famoso dal Colbert. Il T. venne a trovarsi in una condizione estremamente difficile per trarre la finanza francese dal suo stato veramente fallimentare, anche perché la piena libertà d'azione, di cui avrebbe avuto assoluta necessità, era diminuita dalla fede assoluta, dogmatica, ch'egli aveva nei suoi principî dottrinarî, aggravata dalla grande attesa e dalle pressioni di ogni genere che gli giungevano ad ogni istante dagli amici, i quali nella sua chiamata al potere vedevano il trionfo di tutta una corrente d'idee, dei filosofi razionalisti, degli economisti, degli enciclopedisti.
Egli vide però che il problema più urgente era quello finanziario e lo affrontò con grande coraggio e rettitudine, se non con pieno successo.
Fermamente deciso a tener fede a due punti fondamentali, a non ricorrere cioè al rimedio rovinoso della bancarotta e a non inasprire il carico tributario sulle classi dei produttori, egli rinunciò ad attuare la riforma tributaria generale propugnata dai fisiocratici, e preferì introdurre un migliore ordinamento nella distribuzione e nella riscossione dell'imposta diretta (taille), con provvedimenti graduali e apparentemente occasionali, ma che rivelano nel loro insieme un carattere sistematico, essendo tutti diretti al fine di una maggior giustizia tributaria e di una maggiore corrispondenza tra l'aggravio dei sudditi e il beneficio che effettivamente ne ritraeva l'erario. Per questo egli combatté decisamente la ferme générale, che era allora la vera dominatriee della finanza francese. Non potendo prenderla di fronte, per il forte debito che verso di essa aveva l'erario e per i contratti di cui essa si faceva forte, il T. si limita a colpirla con misure particolari, che bastano però a sollevare contro di lui la diffidenza e l'animosità, palese o segreta, di alcuni di quei potenti finanzieri.
Ma soprattutto egli volle arrivare al risanamento del bilancio con la riduzione delle spese, e comincia col dare l'esempio riducendo il proprio assegno personale da 142.000 a 82.000 lire annue, mentre, con atto anche più significativo, rifiuta il regalo di 50.000 lire all'anno che la ferme générale era solita di fare ai ministri delle Finanze.
In un primo tempo il re Luigi XVI, da poco salito al trono, si mostra disposto ad assecondare il T. nella sua politica; ma poi non sa resistere ai lamenti e alle proteste dei danneggiati o dei minacciati, facendo così naufragare i progetti di risanamento finanziario.
Il pretesto però, più che la causa determinante, per affrettare la caduta del T. fu offerto dai suoi famosi provvedimenti di politica economica, ciascuno dei quali urtava naturalmente interessi particolari, e poté essere rappresentato come fonte dei mali che colpirono larghi strati della popolazione.
Fra questi provvedimenti, il primo in ordine di tempo è quello, adottato col decreto 13 settembre 1774, che ordinava a tutti i poteri locali la libera circolazione dei cereali all'interno del regno, e autorizzava l'importazione dall'estero. Il provvedimento che, nella sua prima attuazione, non sollevò alcun vivo contrasto, tanto esso era maturo nell'opinione almeno dei ceti più elevati, urtò invece l'anno successivo nell'ostacolo di un cattivo raccolto, per cui, anche senza il facile sfruttamento degli oppositori interessati, era naturale che il popolino attribuisse la penuria e il rincaro del pane alla libertà lasciata ai commercianti di acquistarlo per venderlo in altre provincie dove ve ne fosse penuria anche maggiore.
Fu questo principalmente il caso dei due provvedimenti cui è maggiormente legata la sua fama di riformatore e con i quali si chiude la sua breve carriera di ministro: la soppressione delle jurandes (corporazioni d'arti e mestieri), e la piena libertà, che ne consegue, nell'esercizio delle professioni, dell'industria e del commercio, e - poco dopo - la soppressione, da lui già attuata durante la sua intendenza di Limoges, delle corvées per la costruzione e manutenzione delle strade, che incontrò l'opposizione di molti fra i tecnici dei Pont et Chaussées, i quali si lamentavano che l'imposta con cui quelle prestazioni d'opera si erano sostituite, era di rendimento troppo incerto e tardivo perché i lavori potessero essere continuati col ritmo abituale.
Nel maggio 1776 le opposizioni sollevate da tutti questi provvedimenti, ma in particolare dalla lotta ingaggiata dal T. contro la nobiltà di corte e contro i fermiers, ebbero completa vittoria: il ministro riformatore fu costretto a dimettersi da una carica che egli aveva occupato per meno di due anni e i suoi provvedimenti furono, per la maggior parte, revocati. Ritiratosi nella quiete dei suoi studî il T. morì cinque anni dopo.
Le sue opere complete, che furono raccolte e pubblicate per la prima volta, tra il 1808 e il 1811, in 9 volumi dal Dupont de Nemours, sono costituite per la maggior parte da articoli di riviste e dell'Encyclopédie, da relazioni, discorsi e lettere destinate alla pubblicità. Fra questi scritti occasionali i più importanti e più noti sono l'Elogio di Gournay (1759), il Mémoire sur les prêts d'argent (1769), le Lettres sur la liberté du commerce des grains (1770), il Mémoire sur les Municipalités, che egli aveva scritto nel 1776, alla vigilia della sua uscita dal ministero, per presentarlo al re, e che è importante come indice dell'evoluzione delle sue idee politico amministrative: egli che, sebbene fosse un convinto ugualitario, sostenitore dell'abolizione delle servitù e dei diritti feudali, persuaso che lo stato sia istituito soltanto per proteggere i diritti di tutti, aveva tuttavia ritenuto, come la maggior parte dei fisiocratici, che le riforme non potessero esser fatte che da un despota illuminato, propugna invece nel Mémoire sur les Municipalités non solo una riorganizzazione delle amministrazioni municipali, su basi autarchiche, ma tutta una serie graduale di assemblee consultive che dal primo nucleo della parrocchia avrebbero dovuto salire fino a una grande assemblea nazionale.
Fra le opere organiche, frutto di più lunga meditazione, la più importante è quella cui egli ha dato un titolo molto simile a quello della classica opera: Reflexions sur la production et la distribution des richesses, scritta durante il periodo dell'intendenza di Limoges (1a ed., 1766). L'opera ebbe larga fortuna, tantoché, fra il 1770 e il 1788, se ne fecero cinque edizioni, e fu tradotta ripetutamente in inglese, e anche in tedesco e in italiano (Biblioteca dell'economista, s. 1a, I, 1850). Essa deve esser posta accanto a quella di Quesnay, come primo tentativo di esposizione sistematica dell'economia politica in tutti i suoi maggiori problemi: formazione della ricchezza, capitali, moneta, commercio, circolazione del denaro, rendita, interesse e usura. Scritta 9 anni prima della più famosa Ricchezza delle nazioni di Adam Smith, non si può determinare l'influenza di quella su questa; ma è certo che T., il quale prima e più efficacemente dell'influenza di Quesnay, subì quella di De Gournay e di alcuni economisti inglesi, specialmente Child, Culpeper, Tucker, si avvicina per molte idee più al grande economista scozzese, che ai fisiocratici, dai quali amava distinguersi, definendo la loro scuola come una setta.
Opere: Œuvres de Turgot, précédées et accompagnées de mémoires et de notes sur sa vie, son administration et ses ouvrages, a cura di Dupont de Nemours, voll. 9, Parigi 1809-11; 2a ed., accresciuta, a cura di Dupont de Nemours, E. Daire e H. Dussard, voll. 2, ivi 1844 (nella Collection des principaux économistes del Guillaumin); ed. G. Schelle, completa, voll. 5, ivi 1913-23. Una raccolta di scritti scelti in L. Robineau, T., Administration et œuvres ḫconomiques, ivi 1889.
Bibl.: Condorcet, Éloge de T., Parigi 1786; A. Neymarck, T. et ses doctrines, ivi 1885; L. Say, T., ivi 1904, 3a ed.; W. W. Stephens, Life and writings of T., Londra 1891; G. Schelle, T., Parigi 1909; P. De Ségur, Au couchant de la monarchie. Louis XVI et T., ivi 1910; Tschupp, Das theoretische System Turgots (Züricher Dissertation, 1929); E. C. Lodge, Sully, Colbert and T., Londra 1931; A. Fanfani, Dal mercantilismo al liberalismo, Milano 1936.