MALLET, Robert
Sismologo, nato a Dublino il 3 giugno 1810, morto a Enmore (Surrey) il 5 novembre 1881. Una delle sue opere più apprezzate è il catalogo dei terremoti mondiali (Reports on earthquake phenomenons) pubblicato nei Brit. Assoc. Rep.). Fu scritto dal 1830 al 1858, e solo l'ultima parte è in collaborazione col figlio John William. In svariate altre pubblicazioni contribuì allo studio del Somma, del Vesuvio, dello Stromboli e dei bradisismi tellurici. Diede teorie sulla dinamica dei vulcani, dei geyser e dei terremoti. Diffuse le conoscenze che si avevano, a quel tempo, sugli strumenti per registrare i terremoti. S'interessò alla deteminazione delle velocità delle onde meccaniche prodotte dalle esplosioni e dai sismi; scrisse sull'origine e sul meccanismo di produzione dei coni vulcanici e delle colonne prismatiche basaltiche; spiegò la composizione del moto sismico detto vorticoso, ecc. Sul suolo britannico non capitò terremoto, ch'egli non l'abbia illustrato. Si interessò anche degli studî intorno ai ghiacciai e alle meteoriti.
A rendere specialmente conosciuto in Italia il nome del M. contribuì il suo monumentale lavoro The Neapolitan Earthquake of 1857 (Londra 1862) che contiene la descrizione della regione devastata dal terremoto e precisa la zona di distruzione totale; costituisce un vero e proprio trattato di sismologia e di antisismica, in quanto è il primo serio tentativo di individuare la direzione e l'intensità delle scosse dai loro effetti sugli oggetti proiettati e dai danni sulle costruzioni. Tale tentativo trascinò forse l'autore troppo oltre, cosicché alcune delle sue deduzioni hanno dato luogo ad appassionati dibattiti. Si può anche obbiettare che appare oggi poco persuasiva la conclusione che il terremoto fosse dovuto a una frattura subappenninica parallela all'asse minore e non lungi dal foco settentrionale dell'ellisse circoscritta dall'isosisma di grado distruttivo. Comunque, mezzo secolo fa la fondazione dell'osservatorio geodinamico di secondo ordine nella vicina Caggiano poggiò sull'idea di potere, di lì, seguire gli ulteriori movimenti sismici di quella frattura, nonché l'eventuale sua emigrazione. Il M. assegna al centro di figura della frattura sismogenica la profondità di circa 15 km. Il dato non si scosta troppo dalle profondità che i moderni sismologici assegnano ai fochi sismici, ritenendoli situati tra la zona basaltica e il soprastante granito, a profondità variabile tra i 10 e i 40 km.
I numerosi scritti teorici e geofisici del M. sono disseminati nei Brit. Assoc. Rep.; nei Proceedings della R. Soc. di Londra e in quelli dell'Accademia d'Irlanda; nelle Philosophical Transactions; nel Philosophical Magazine e nei Quart. Journal della Società Geologica.