SURCOUF, Robert
Corsaro francese, nato a Saint-Malo il 12 dicembre 1773, ivi morto l'8 luglio 1827. Avviato giovinetto agli studî ecclesiastici, fuggì dal collegio, portato irresistibilmente verso la vita di mare. Effettuò il suo primo lungo viaggio in qualità di volontario, sull'Aurore, che andava alle Indie. Sulla via di Mozambico, la nave si perdé sulla costa africana in seguito a una violenta tempesta, e in questa circostanza il S. mostrò coraggio e abilità tali, che il capitano lo assunse come ufficiale sul nuovo bastimento da lui comandato, il Saint-Antoine. Andato male anche il viaggio di questo, il S., dopo una traversata sul Courrier d'Afrique, fu assunto come luogotenente sul brigantino La Revanche, che esplorò le coste del Madagascar. Dopo una breve sosta in patria, S. ripartì per l'Île-de-France (Maurizio) sul Navigateur. Accettò più tardi il comando del La Créole, adibito alla tratta dei Negri, e più volte riuscì a sfuggire alle autorità coloniali, mostrando in diverse occasioni audacia e sangue freddo incredibili. Datosi alla guerra di corsa assunse il comando dell'Émilie: inseguito dagl'Inglesi, rimasto senza viveri (1795), fece vela verso il golfo del Bengala, s'impadronì di varie prede, lasciò l'Émilie per il Cartier, più veloce, assalì successivamente presso le coste indiane la Diana e il Triton, sequestrandoli: tutte queste prede vennero confiscate dal governo dell'Île-de-France, ma il Consiglio dei Cinquecento riconobbe i diritti degli armatori dell'Émile e del suo equipaggio. S., già ricco dopo queste imprese, riposò per breve tempo; ma nel 1798 ripartì, comandando il corsaro La Clarisse: mise in fuga un veliero inglese, s'impadronì presso Rio de Janeiro di un ricchissimo carico, giunse all'Île-de-France eludendo la sorveglianza avversaria. L'anno successivo, dopo altre riuscite azioni, si salvò, in un'isola inesplorata dell'arcipelago della Sonda, da una turba di selvaggi, diventando amico del loro capo. Sempre nel 1799, s'impadronì di una nave danese, di una portoghese e di un bastimento inglese da guerra: inseguito da una fregata britannica, riuscì miracolosamente a salvarsi. Il 4 gennaio 1800, accettò di combattere contro due navi americane, abbordandone una e mettendo l'altra in fuga dopo un terribile combattimento. Mentre la Clarisse era in riparazione, S. prese il comando della Confiance, condusse una nuova campagna di corsa nella Sonda, ed ebbe la temerità di attaccare il vascello inglese Kent, di 38 cannoni e 400 uomini, appartenente alla Compagnia delle Indie: dopo un cruento combattimento corpo a corpo, S. s'impadronì del Kent e tornò all'Île-de-France con la sua preda, ricevendo accoglienze trionfali. Il 29 gennaio 1801 ripartì per la Francia, e vi arrivò dopo una navigazione difficilissima, nella quale batté in abilità manovriera tutte le unità inglesi che lo ricercavano. Declinò, dopo la rottura della pace di Amiens, l'offerta, fattagli da Napoleone, di entrare con un alto grado nella marina regolare. Negli anni successivi armò navi corsare per proprio conto, e seguitò a recare danni gravissimi al commercio inglese. Nel 1807 prese personalmente il comando del Revenant, e partì per una nuova crociera; nel settembre s'impadronì in pochi giorni di cinque bastimenti, inviando il ricchissimo carico di vettovaglie alle colonie francesi in preda alla carestia. Altre imprese compì o fece compiere dalle sue navi (aveva ormai una piccola flotta) negli anni 1808-14, divenendo uno dei più ricchi armatori di Francia. Dopo il 1817 non prese più il mare. Morì di breve malattia, tra il compianto dei conterranei che molto lo amavano. Di animo generoso e nobile sotto l'apparenza burbera, ammirato per le sue imprese, spesso quasi favolose, dagli stessi avversarî, S. appare come uno degli ultimi grandi avventurieri leggendarî, sullo sfondo del periodo eroico della lotta per il dominio dei mari.
Bibl.: R. Surcouf, Un capitaine corsaire, R. S., Parigi 1925.