BENCIVENGA, Roberto
Nato a Roma il 2 ott. 1872, allievo dell'Accademia militare e della Scuola di applicazione di artiglieria e genio di Torino, ne uscì tenente destinato al 13° reggimento di artiglieria da campagna. Frequentata la Scuola di guerra, entrò nel corpo di Stato Maggiore nel 1908, come capitano: insegnò tattica alla Scuola di guerra nel 1910, indi prese parte alla guerra di Libia distinguendosi ad Ain Zara e guadagnandosi una medaglia d'argento e una di bronzo. Nell'agosto 1914 entrò col grado di maggiore nel ristretto gruppo dei più diretti collaboratori del gen. Cadorna e nel gennaio 1916 assunse la carica di capo dell'ufficio segreteria del Comando supremo.
Poiché Cadorna, carattere fortemente accentratore, evitava di servirsi di collaboratori di grado troppo elevato, relegando in secondo piano i generali del suo comando, il B. venne a svolgere funzioni assai più importanti dì quanto la sua carica (e le successive promozioni a tenente colonnello e colonnello) lasciasse credere, fungendo in pratica da capo di Stato Maggiore di Cadorna per tutto quello che riguardava le operazioni. Ebbe così parte rilevante in tutte le maggiori decisioni del 1916-17, specialmente nel pronto spostamento di forze attuato nel 19 16 per parare alla minaccia austriaca nel Trentino e riprendere poi l'offensiva su Gorizia, successo che gli valse l'Ordine militare di Savoia. Ma a fine agosto 1917 il B. venne bruscamente allontanato dal Comando supremo e si vìde inflitti tre mesi di arresti in fortezza: egli scontava così le invidie e le gelosie accumulate nell'esercizio della sua delicata carica, che ingigantirono e inasprirono un suo contrasto con Cadorna sulla propria sfera d'azione.
Il B. tenne quindi il comando della brigata Casale, e, dal 1° nov. 1917, quello della brigata Aosta che condusse sul Grappa (novembre 1917), sul Piave (giugno 1918) e di nuovo sul Grappa (ottobre 1918); nelle due battaglie sul Grappa la brigata conquistò la medaglia d'oro e il B. quella d'argento. Nell'immediato dopoguerra fu a capo della missione militare italiana a Berlino.
Nel 1919 il B. lasciò il servizio attivo, col grado di generale di brigata, e iniziò una intensa attività di critico militare e uomo politico. Sulle colonne del Paese (1921-22) prese parte alle discussioni sul riordinamento dell'esercito italiano dopo la vittoria, facendosi interprete autorevole della formula "esercito lancia e scudo", che chiedeva un esercito formato di poche unità parzialmente mobilitate, tali da poter proteggere sin dai primi giorni di ostilità il sorgere in armi della nazione. Ma la sua attività giornalistica è legata specialmente al Mondo (1924-1925), di cui egli fu critico militare e redattore combattivo. Eletto deputato nel 1924 per la circoscrizione della Campania nella lista di Giovanni Amendola, il B. ebbe parte crescente nella battaglia antifascista in parlamento, sulla stampa e nel paese. Nel 1924 fu eletto presidente della Federazione della stampa, succedendo al sen. Bergamini, vittima di un'aggressione fascista, con una elezione che ebbe un chiaro significato di protesta antigovemativa; partecipò a fianco dell'Amendola alla secessione aventiniana e alla nascita dell'Unione nazionale, tenendo comizi affollati in tutta Italia sui problemi militari e politici. Nel 1926, decaduto come deputato aventiniano e come presidente della Federazione della stampa, provocato dal Popolo d'Italia, ne sfidava a duello il direttore Arnaldo Mussolini; non avendo avuto soddisfazione, dava pubblicità a una famosa lettera in cui accusava la famiglia Mussolini di far aggredire alle spalle da sicari gli avversari che temeva di incontrare sul terreno con le armi alla mano. Radiato dall'esercito per motivi politici con decreto del 15 luglio 1926, fu subito condannato a cinque anni di confino, che scontò a Ponza con grave pregiudizio della sua salute, ricusando di chiedere la grazia promessagli per intervento del sovrano.
La fama del B. è legata alla sua opera storica, iniziata durante il confino e condotta a Roma dopo il 1930 negli anni in cui la sua qualità di sorvegliato politico gli causava gravi difficoltà, il Saggio critico sulla nostra guerra: I, Il periodo della neutralità, Roma 1930; II, La campagna del 1915, ibid. 1933; III, La sorpresa di Asiago e quella di Gorizia, ibid. 1935; IV, La scalata alla Bainsizza. Verso la crisi dell'autunno 1917, ibid. 1938; Appendice, La sorpresa strategica di Caporetto, ibid. 1932.
Questi volumi, composti senza il sussidio degli archivi militari (il B. stesso avverte di non pretendere all'esattezza di ogni dettaglio, per mancanza di adeguata documentazione), si basano sull'eccezionale esperienza vissuta nei tre anni passati a fianco di Cadorna, al centro della grande macchina bellica; non si tratta però solo di un'opera di memorie, ma di un lavoro di critica storica, in cui fa ampio ricorso all'esperienza posteriore e alle fonti disponibili per ricostruire nelle sue luci e nelle sue ombre l'azione del Comando supremo italiano. Il suo apporto è particolarmente originale per quanto riguarda i rapporti tra potere politico e comando militare, problema che percorre tutti i cinque volumi (si tenga presente che l'ufficio del B. si occupava anche dei rapporti tra governo e Stato Maggiore). Dalle sue pagine emerge la grandiosità dell'opera di Cadorna nell'allestimento di nuove truppe, l'ampiezza di vedute nella sua richiesta di una mobilitazione di tutta la nazione, ma anche il suo limite, l'aver accentrato in sé e negli organi militari troppe incombenze, assumendo tendenzialmente la direzione della guerra senza la necessaria conoscenza delle cose politiche, dalla propaganda alla politica estera. Qui l'accusa è precisa: se la sfera d'azione di Cadorna si ampliava troppo, era per il vuoto di potere lasciato da un governo debole che, incapace dì vedere la guerra combattuta nella sua novità, si precludeva la possibilità di incidere sugli avvenimenti e di dirigere lo sforzo militare.
L'opera del B. è fondamentale anche per la ricostruzione dell'atteggiamento del Comando supremo verso la guerra di trincea, specialmente perché illustra le infinite difficoltà incontrate nella direzione di un conflitto così dissimile dalle previsioni del tempo di pace. Da un lato, uno sforzo concettuale estremo, per assimilare la nuova tecnica di combattimento e per elaborare nuovi schemi di azione in campo tattico e in campo strategico: il B. giustamente sottolinea come nel 1916 si raggiungesse un notevole rendimento tattico (per la prima volta l'attaccante superava il difensore) e come nel caso della conquista di Gorizia il Comando supremo riuscisse a realizzare una vera sorpresa strategica con una manovra di grandi masse. Dall'altro lato, sempre nuove frizioni insorgevano ad ostacolare l'azione di comando di Cadorna: l'impossibilità di ottenere un vero coordinamento strategico tra i vari eserciti dell'Intesa; l'insufficiente sostegno, in mezzi e in spirito, che il paese forniva per una guerra dalle esigenze così immense; la rapidità con cui si evolvevano i sistemi di lotta, per cui soluzioni valide pochi mesi innanzi si trovavano di colpo superate; infine l'impossibilità. di ottenere dai comandi in sottordine un completo adeguamento alle intenzioni del Comando supremo (e il B. illustra come i comandanti al fronte, fedeli all'insegnamento del tempo di pace, secondo cui la vittoria spettava a chi buttava nella mischia le ultime riserve, prolungassero le offensive anche quando le perdite superavano i vantaggi, in contrasto con espliciti ordini e raccomandazioni di Cadorna). In conclusione, l'opera del B. si presenta come una delle più complete per lo studio della prima guerra mondiale.
Nel 1943 il B. riprese l'attività politica nell'ambito del Comitato di Liberazione Nazionale romano; il 22 marzo 1944 fu investito del comando militare clandestino della città di Roma, succedendo al gen. Q. Armellini per accordo tra il governo Badoglio e il C.L.N. Sorgevano tuttavia contrasti tra il B. e il C.L.N. stesso, ritenendo il primo che tutto l'antifascismo non fosse espresso dai partiti del C.L.N. e che al di fuori di essi altre correnti. dovessero essere valorizzate. Egli frattanto trovava rifugio nel palazzo del Laterano, ove la sua attività era ridotta anche a causa di un incidente occorsogli (frattura del femore): la presenza in Laterano di diversi esponenti del C.L.N. permise i contatti tra questi e il B., specie alla fine di maggio, nell'imminenza dell'arrivo degli Alleati. Negli ultimi giorni, tuttavia, i Tedeschi scoprirono le fila dell'organizzazione facente capo al B. e il suo rifugio: un'irruzione nel Laterano fu sventata dall'intervento della S. Sede, che dovette, però, impegnarsi a tenerlo isolato nei pochi giorni precedenti l'entrata degli Anglo-Americani nella città.
Poco dopo la liberazione di Roma il B. dovette lasciare il comando, con una terza medaglia d'argento e la legione al merito americana, conferitagli dal gen. Clark. Negli anni successivi prese parte attiva alle lotte politiche, sostenendo la necessità di una riconciliazione nazionale; fu membro della Consulta, quale ex deputato aventiniano, deputato alla Assemblea costituente nelle liste del fronte dell'Uomo Qualunque, e infine senatore di diritto. Una sua conferenza su "Il fascismo e le forze armate" è stata pubblicata nel volume miscellaneo Questo era il fascismo. Venti conferenze alla Radio Firenze, Firenze 1945.
Morì a Roma il 23 ott. 1949.
Bibl.: Relaz. della Commiss. d'inchiesta sul ripiegamento dall'Isonzo al Piave, Roma 1919, II, p. 279; I. Bonomi, Diario di un anno (2 giugno 1943-10 giugno 1944). Milano 1947, pp. 141 s., 187-191; P. Pieri, La prima guerra mondiale. Problemi di storia milit., Torino 1947, passim; Senato della Repubblica, In memoria del senatore R. B., seduta del 24 ott. 1949, Roma 1949; L. Albertini, Venti anni di vita Politica, parte 1, L'esperienza democr. ital. dal 1898 al 1914, II, 1909-1914, Bologna 1951, pp. 126 s.; parte 2, L'Italia nella guerra mondiale, III, Da Caporetto a Vittorio Veneto, Bologna 1953, p. 438; F. Rizzo, G. Amendola e la crisi della democrazia, Bologna 1956, pp. 182-187; A. Gatti, Caporetto. Dal diario inedito di guerra, a cura di A. Monticone, Bologna 1964, v. Indice; R. Perrone Capano, La resistenza in Roma, Napoli 1964, I-II, v. Indice; E. Piscitelli, Storia della resistenza romana, Bari 1965, v. Indice; R. Alessi, Dall'Isonzo al Piave, Milano 1966, passim, pp. 18-135, 193; Encicl. Ital., App. II, p. 381; App. III, p. 218.