BONIFACIO, Roberto
Esponente tra i più illustri della sua casata, appartenente al più antico patriziato cittadino e ascritta al seggio nobile di Portanova, nacque tra il 1465 e il 1466 a Napoli da Andrea, figlio del primo Roberto. Al seguito dei suoi parenti, che intrattenevano coi sovrani aragonesi di Napoli rapporti tradizionalmente onorevoli e cordiali, fu presto introdotto a corte, guadagnandosi la stima e l'affetto di re Ferrante e dei suoi figli, Alfonso e Federico. Nel 1489 gli venne confermata la castellania di Aversa, già concessa all'avo Roberto, e non diversamente avvenne per l'ufficio di giustiziere degli scolari dello Studio di Napoli, appannaggio tradizionale dei Bonifacio, sin dai tempi della regina Giovanna II d'Angiò.
Le fortune del B. crebbero, ulteriormente durante i torbidi avvenimenti che accompagnarono la discesa di Carlo VIII di Francia, il suo facile trionfo e il rapidissimo tramonto e con l'avvento al trono di Federico d'Aragona. Il suo comportamento, nella circostanza, era stato tale da meritarsi da Federico nel 1496 il conferimento del governo e della castellania di Oria, importante centro in Terra d'Otranto, col relativo beneficio di tutte le entrate della Regia Camera su quella terra. Non mancano voci secondo cui egli sarebbe stato favorevole al re francese e solo dopo l'esito della sua spedizione avrebbe riguadagnato la fiducia della dinastia aragonese. Entrato nel 1497 a far parte dei consiglieri regi, ottenne l'anno seguente il possesso in feudo della gabella degli "ovi e capretti" e della tintoria della città di Napoli.
Nel 1499 sposò Lucrezia Cicara, con una cerimonia che rappresentò un avvenimento di rilievo nella vita cittadina del tempo, e da lei ebbe cinque figli, alla cui formazione dedicò sempre larghe cure; tra questi si segnalarono Dragonetto, poeta non privo di garbo, e Giovan Bernardino che fu tra i più vivaci riformatori italiani.
Con tenacia e abilità il B. riuscì a trasformare il governo e la castellania di Oria in autentico feudo, del quale Federico lo investì barone, lui e i suoi credi, in perpetuo e col "mero e misto imperio", il 5 sett. 1500. Tale possesso divenne però effettivo solo nel 1505, quando si esaurì la lotta tra Francesi e Spagnoli per la conquista del Regno. La sua ascesa riprese vigorosamente: nell'anno 1506 egli venne eletto membro del consiglio che assisteva il viceré nell'esercizio del suo ufficio.
Non mancarono le difficoltà e i fastidi: nel 1509 ebbe una clamorosa lite con gli eletti della città di Napoli che gli contestavano alcune competenze nel campo dell'annona o "grascia" cittadina, riuscendo a ottenere la sua incarcerazione, revocata peraltro a furor di popolo; l'anno successivo ancora un furibondo conflitto, con assedio del palazzo Bonifacio a Portanova da parte dei popolani inferociti per l'aggressione - compiuta da un suo familiare - ai danni di Luca Russo, già eletto del popolo, che aveva denunziato abusi del giustiziere nell'esercizio della sua carica. In entrambi i casi l'intervento personale del viceré appianò le divergenze, ma d'allora in poi le competenze rispettive, del giustiziere e degli eletti, furono rigidamente ripartite e regolamentate.
La fortuna personale del B., e quindi quella della sua famiglia, continuò a salire, nonostante tali episodi, e tra il 1522 e il 1525 egli comprò per 31.000 ducati terre e feudi intorno a quello principale di Oria, tra cui Casalnuovo e Francavilla, costituendo un vasto e ricco stato che lo poneva tra i più cospicui e influenti signori del Regno. Il conferimento del titolo di marchese d'Oria, da parte di Carlo V, consacrò definitivamente la sua posizione. Nel 1528, però, al tempo della rinnovata minaccia francese su Napoli, abbandonò la città, venendo meno al suo compito relativo al regolare approvvigionamento della città stessa, e in particolare dei soldati imperiali impegnati a contrastare l'assedio del Lautrec; fu pertanto ritenuto traditore e privato dei suoi beni, che vennero confiscati e trasmessi ad altri. Morti i tre successivi padroni delle sue terre in brevissimo spazio di tempo, riuscì, poco dopo, a riottenere la fiducia e l'antico stato dall'imperatore, al quale maliziosamente fece notare come i suoi possedimenti avessero portato sventura ai nuovi proprietari e come perciò fosse conveniente che li riavesse lui, essendo un gran rischio rimetterli al demanio e quindi all'imperatore in persona.
Il B. morì nel 1536, lasciando erede il figlio Giovan Bernardino, ultimo esponente della famiglia.
Fonti e Bibl.: Bibl. Naz. di Napoli, Fondo S. Martino, ms. sec. XVII: D. T. Albanese, Istoria della città di Oria, Agg. 62, ff. 385-402; G. Passero, Giornali, Napoli 1785, pp. 162 s.; Notar Giacomo, Cronaca di Napoli, Napoli 1845, p. 317; M. A. Terminio, Apologia dei tre seggi illustri di Napoli, Venezia 1581, pp. 57-61, 150; D. Parrino, Teatro eroico e politico de' governi de' viceré del Regno di Napoli, Napoli 1770, I, p. 84; E. Ricca, Nobiltà delle Due Sicilie, Napoli 1859, p. 670; E. Cannavale, LoStudio di Napoli nel Rinascimento, Napoli 1895, pp. CVI, CXI, CCLXIV s.; N. Barone, Il palazzo Bonifacio a Portanova, in Napoli nobilissima, n.s., I (1920), 6-7, pp. 83-87; A. Bertini, G. B. Bonifacio,marchese d'Oria, in Archivio storico della province napoletane, n.s., XXXVII (1957), pp. 191 ss.