BONSI, Roberto
Figlio di Domenico di Baldassarre, nacque a Firenze verso il 1490 circa. Erano i Bonsi una cospicua famiglia legata per via di matrimoni con i maggiori casati fiorentini, ed anche il B. non venne meno alla consuetudine, sposando Elisabetta Soderini, da cui ebbe Domenico, Giovan Battista, Tommaso e Lucrezia. Come voleva la tradizione familiare, il B. entrò presto nella vita pubblica ricoprendo varie cariche, in cui dovette dar prova della sua fedeltà alla Repubblica (per il bimestre marzo-aprile 1527 fu dei Signori, per il quartiere di S. Spirito): viene ricordato soprattutto per le due ambascerie svolte a Ferrara nel 1528 e presso Clemente VII a Bologna nel 1529.
Nell'aprile del 1528, quando la città si sentiva sempre più sovrastata da gravi pericoli, la Signoria inviò il B. a Ferrara presso Alfonso I, con l'incarico di tenere costantemente aggiornata la Repubblica sull'avanzata delle truppe imperiali e di iniziare trattative segrete con il duca per l'ingresso del suo primogenito, Ercole, al servizio di Firenze. Contemporaneamente, Alfonso aveva ricevuto pressioni dalla Francia perché accettasse lui stesso il comando delle truppe francesi in Italia, invito che il duca declinò per non inimicarsi Carlo V; il B. ottenne che Ercole accettasse il grado di capitano generale della Repubblica di Firenze: condotta che, stipulata il 25 novembre dello stesso anno, contemplava una forza di 200 cavalieri e un compenso di 4.819 scudi marchesani d'oro del sole (Ercole inviò in seguito le truppe a Firenze, ma non vi si recò di persona).
Terminata la sua missione, il B., alla fine di luglio, tornò a Firenze, dove nel gennaio 1529 era uno dei Dodici Buonomini. In tale veste riferì alla Signoria che la maggioranza di tale magistratura aveva espresso parere contrario all'invio di ambasciatori al papa; ciò nonostante, nei giorni immediatamente successivi, fu creato sottoambasciatore, insieme con Luigi Soderini e Andreolo Niccolini, ambasciatori, per una missione a Bologna presso il papa Clemente VII.
I tre partirono il 14 gennaio: dovevano trattare la conservazione della Repubblica e la restituzione del territorio occupato dalle truppe imperiali; la missione si risolse, però, in un completo fallimento. Appena giunti a Bologna, i tre ambasciatori si videro perquisito il bagaglio dai gabellieri; entrati in città, furono dileggiati per le strade. Ottenuta finalmente udienza, si sentirono dire dal pontefice che egli non aveva mai avuto intenzione di insidiare la libertà fiorentina, volendosi limitare solo a restaurare il dominio mediceo; per quanto concerneva il territorio, il papa diceva che, se non fosse stato per opera sua, i Fiorentini ne sarebbero stati addirittura privi. Il 7 febbraio, "piuttosto uccellati che uditi", a detta del Varchi, il Soderini e il Niccolini tornarono a Firenze, mentre il B., ammalatosi nel frattempo, fu costretto a rimanere a Bologna ancora per alcuni giorni. Tornato finalmente in patria, fu accolto con una serie di accuse, tra le quali quella di essere implicato nello scoperchiamento del soffitto della stanza occupata a Bologna dagli ambasciatori fiorentini per dar modo agli agenti pontifici di venire a conoscenza dei loro piani. Inoltre, in occasione di una visita al gonfaloniere, il B. gli comunicò che Clemente VII lo aveva incaricato di riferirgli che, se la città avesse voluto giungere ad un accordo, avrebbe dovuto agire immediatamente, approfittando della presenza dell'imperatore in Italia. Il gonfaloniere gli fece ripetere il messaggio di fronte alla Signoria e ai Dieci della guerra; tutti i magistrati rimasero, però, con il sospetto che il B. avesse fatto delle rivelazioni segrete al gonfaloniere.
Tali sospetti e la tragedia che travolse in seguito la Repubblica fiorentina costrinsero il B. a ritirarsi a vita privata. L'ultima notizia su di lui è riferita da Giovan Battista Busini, secondo il quale nel 1549 il B. conservava numerose lettere di Tommaso Soderini che avrebbero potuto interessare il Varchi nella stesura delle sue storie. Nella stessa lettera il Busini pone il B. tra i migliori cittadini di Firenze.
Nell'Archivio di Stato di Firenze è conservata la "Relazione di Roberto Bonsi dell'ambasceria a papa Clemente VII, mandato dalla Repubblica insieme con Luigi Soderini e Luigi Niccolini" datata 1529, nonché un'intera filza di lettere originali dei Dieci di Balia e della Signoria al B. oratore a Ferrara, per il periodo compreso tra il 3 maggio 1528 e il 28 luglio dello stesso anno.
Fonti e Bibl.: Relazioni degli amb. veneti al Senato, a cura di E. Alberi, s. 2, I, Firenze 1839, p. 26; Lettere di G. B. Busini a B. Varchi, a cura di G. Milanesi, Firenze 1861, ad Indicem; G.Ughi, Cronica di Firenze..., in Arch. stor. ital., App. VII (1849), p. 154; B. Varchi, Storia fiorentina, Colonia 1721, pp. 130, 150, 3353 336, 338; S. Ammirato, Delle famiglie nobili fiorentine, Firenze 1615, p. 132; Id., Istorie fiorentine, X, Firenze 1826, p. 109; J.-B. L'Hermite de Soliers, La Toscane françoise, Paris 1661, pp. 196, 207; E. Gamurrini, Istoria genealogica delle famiglie nobili toscane, Firenze 1668, pp. 490 s.; L. A. Muratori, Delle antichità estensi..., II, Modena 1740, p. 354; F. Nerli, Commentarj dei fatti civilioccorsi dentro la città di Firenze..., Trieste 1889, ad Indicem; F. T. Perrens, Histoire de Florence, III, Paris 1890, pp. 272 ss.; E. Picot, Les italiens en France, Bordeaux 1901, pp. 110 s.; M. Del Piazzo, Signoria,Dieci di Balia,Otto di Pratica, Roma 1960, pp. 35 s. Per quanto riguarda l'atteggiamento di Alfonso d'Este e di Clemente VII, cfr. G. de Leva, Storia document. di Carlo V, II, Venezia 1864, pp. 449 ss., con ult. bibl.