BOSCHETTI, Roberto
Nacque a Modena nel 1472 da Albertino e da Diamante di Bartolomeo Castaldi. Nel 1492 raggiunse nel Regno di Napoli il padre, luogotenente generale di Ferdinando d'Aragona in Puglia. Accolto alla corte aragonese dapprima in qualità di paggio, poi di gentiluomo, nel giugno del 1494, allorché il successore di Ferdinando, Alfonso II, coinvolse anche Albertino nella sua generale sfiducia verso i maggiori esponenti amministrativi e militari del Regno in rovina, il B. abbandonò insieme con il padre il servizio aragonese e si trasferì a Mantova, entrando al servizio di Francesco Gonzaga.
Il 6 luglio 1495 il B. partecipò nell'esercito veneziano al comando del Gonzaga alla battaglia di Fornovo contro Carlo VIII. Col marchese di Mantova era ancora nel febbraio dell'anno successivo, allorché il Gonzaga fu inviato dalla Repubblica di Venezia nel Regno di Napoli per partecipare alla campagna contro le forze francesi lasciatevi a presidio da Carlo VIII. Tornato a Mantova nel 1498 abbandonò Francesco Gonzaga per passare al servizio della Repubblica di Firenze per la quale, agli ordini di Paolo Vitelli, partecipò alla guerra contro Pisa e la Repubblica veneta. Fu congedato quando, nell'aprile del 1499, fu stipulata la pace per la mediazione del duca di Ferrara. L'anno successivo fu a Roma per il giubileo, al seguito della duchessa di Urbino Elisabetta Gonzaga, moglie di Guidobaldo di Montefeltro, della quale Diamante Castaldi era dama di compagnia. Nel 1502, insieme col fratello Sigismondo, era nella compagnia di cinquanta uomini d'arme che Albertino Boschetti condusse al servizio del signore di Bologna Giovanni Bentivoglio, minacciato dai disegni di espansione di Cesare Borgia. Il 30 ag. 1505 sottoscrisse a Mirandola un trattato di matrimonio con Susanna Pico, figlia naturale del conte Galeotto, matrimonio che fu celebrato il 24 apr. del 1506.
Giustiziato a Ferrara il 12 settembre di questo stesso anno Albertino, sotto l'accusa di aver partecipato con Giulio e Ferrante d'Este alla congiura contro il duca Alfonso e il cardinale Ippolito d'Este, il B. si vide confiscati tutti i beni che possedeva nel ducato, tra cui il feudo di San Cesario sul Panaro.
Nel 1510 Francesca Trivulzio, madre e tutrice del signore di Mirandola, Galeotto II, affidò al B. la carica di reggente della città. In questo stesso anno arresasi Modena ai pontifici, papa Giulio II dispose in odio al duca di Ferrara che fosse restituito al B. e ai suoi congiunti il feudo di San Cesario. Nel gennaio 1511, rivoltosi Giulio II contro Mirandola, toccò al B. entrare in trattative con gli inviati pontifici, Francesco Maria Della Rovere e Fabrizio Colonna, ma il rifiuto di Francesca Trivulzio di congedare la guarnigione francese provocò la rottura dei negoziati. Il B. comandò allora la difesa della piazzaforte, prolungatasi per un mese. Dopo la resa poté ottenere il riscatto da Giulio II, che però gli impose di non ritornare al servizio della Trivulzio. Naturalmente, cambiata la situazione, il B. si guardò bene dal tenere fede alle assicurazioni fatte al pontefice: riconquistata pochi mesi dopo Mirandola dai Francesi di Gian Giacomo Trivulzio, riprese infatti la sua carica di luogotenente della piazzaforte, partecipando poi, nell'agosto, alla parata delle milizie francesi tenutasi a Bergamo in onore di Luigi XII.
Nel 1513 il B. fu inviato da Francesca Trivulzio alla corte imperiale per ottenere un intervento pacificatore di Massimiliano d'Asburgo nelle contese che dividevano la famiglia Pico per la signoria di Mirandola. Non ottenne però risultati favorevoli a Galeotto II, tanto che il 12 ottobre Francesca Trivulzio fu costretta a sottoscrivere in nome del figlio un trattato nel quale la signoria di Mirandola veniva riconosciuta a Gianfrancesco Pico, mentre a Galeotto era concesso il feudo di Concordia.
Il B. dovette rinunziare alla propria carica di luogotenente e passò al servizio di Giuliano de' Medici, che Leone X meditava di insignorire di Modena, Reggio, Parma e Piacenza. Per incarico di Giuliano il B. si recò nel 1514 a Modena per fungere da paciere tra le fazioni dei Rangoni, dei Tassoni, dei Carandini e dei Fogliani, divise tra partigiani del pontefice e sostenitori dell'imperatore e di Alfonso I d'Este. Nell'agosto dell'anno successivo Giuliano de' Medici inviò il B. in Lombardia, come proprio rappresentante presso gli Spagnoli, con i quali Leone X aveva realizzato la lega contro i Francesi. Alla morte di Giuliano, nel 1516, il B. rimase al servizio pontificio e Leone X lo inviò nel 1517 a Piacenza, non si sa con quali compiti. Nello stesso anno il B. partecipò alla guerra di Urbino contro Francesco Maria Della Rovere; Lorenzo de' Medici lo inviò ad Ancona come commissario pontificio e ducale col compito principale di provvedere all'approvvigionamento dell'esercito papale. Nello stesso anno il B. fu inviato a Roma come rappresentante di un numeroso gruppo di esponenti dell'esercito e della amministrazione medicea del ducato, col compito di indurre Leone X a restituire Bologna ai Bentivoglio, nel timore che questi potessero collegarsi con Francesco Maria Della Rovere e dare al corso assai incerto della campagna un andamento sfavorevole per i pontifici. Leone X respinse però la proposta e il B. ritornò ad Ancona. Qui, il 3 ag. 1517 la città aggregò il B. alla propria cittadinanza con vari privilegi; Lorenzo de' Medici, il 22 settembre successivo, lo nominò commissario generale pontificio, proprio vicario e governatore del ducato di Urbino e del vicariato di Mondovio.
Da questa data, sino alla morte di Lorenzo, nel 1519, il B. fu un esoso amministratore dei territori affidatigli, solo preoccupato di provvedere alle necessità finanziarie del duca. Cercò di eliminare dal ducato ogni residua resistenza dei partigiani del Della Rovere, occupando i castelli dei feudatari ribelli e sequestrando i beni dei contumaci.
Integrato il ducato nello Stato pontificio (1519), Leone X, con breve del 10 maggio di quell'anno, confermò il B. nelle cariche affidategli da Lorenzo de' Medici, sottoponendolo tuttavia al legato di Romagna, e il 18 apr. 1520 lo nominò, insieme con i fratelli Giangaleazzo e Gianfranco, conte del Sacro Palazzo apostolico e dell'Aula lateranense, confermandolo con amplissimi privilegi nella giurisdizione di San Cesario. Al B., nello stesso anno, fu anche concessa la cittadinanza dal Comune di Fano.
Iniziatasi nel 1521 la guerra tra Francesi e imperiali e alleatosi con questi ultimi Leone X, il B. ebbe ordine di confiscare i beni che la famiglia genovese dei Fregoso, partigiana della Francia, possedeva nei territori di Urbino, Senigallia e Montefeltro. Alla morte di Leone X, nel dicembre dello stesso anno, il Collegio dei cardinali confermò il B. nel governo del ducato, ma il capitano modenese non potè opporre alcuna resistenza alla coalizione di fuorusciti che, al comando di Francesco Maria Della Rovere, invasero il ducato e nel giro di pochi giorni si impadronirono di Urbino, Camerino e Pesaro ristabilendovi la signoria del nipote di Giulio II. Il B. si ritirò quindi al, servizio della famiglia Medici, ottenendo da Alessandro, figlio naturale del defunto duca d'Urbino, l'ufficio di governatore dei feudi che quello possedeva presso Benevento.
Nell'ottobre del 1524, allorché si minacciò un inasprimento della guerra tra Francesi e imperiali per la decisione di Francesco I di scendere in Italia al comando di una forte spedizione, Clemente VII moltiplicò i tentativi per arrivare a un accordo tra i due sovrani: inviò nunzio a Carlo V Baldassarre Castiglione e a Francesco I l'arcivescovo di Brindisi, Aleandro e destinò il B. ad accompagnare quest'ultimo. Il B. doveva anche visitare il comandante delle truppe imperiali in Italia Carlo de Lannoy. Per un'improvvisa malattia il B. non poté però accettare la missione.
Nel 1526 era nell'esercito della lega di Cognac, militando nelle bande nere di Giovanni de' Medici; del condottiero il B. fu tra i più vicini collaboratori: infatti fu tra i firmatari del suo testamento e dopo la sua morte, seguita allo scontro di Borgoforte con i lanzichenecchi del Frundsberg, assunse il comando delle bande e le guidò nella ritirata sino a Parma. Clemente VII gli affidò, con un breve del 13 marzo 1527, la carica di commissario pontificio a Parma e Piacenza, ma già nel giugno, dopo il sacco di Roma e il ritorno a Modena degli estensi, il B. dovette preoccuparsi di proteggere i propri diritti su San Cesario: abbandonò perciò il servizio della Chiesa e passò a quello di Alfonso I che, lasciando cadere ogni rancore contro il B., gli riconobbe il 3 ag. 1527 il possesso di quel feudo.
L'anno successivo il B. fu inviato dal duca come oratore presso Clemente VII e seguì il pontefice nelle sue peregrinazioni a Orvieto e a Viterbo, raccogliendone le amare confidenze. Tornato a Modena, nell'ottobre dello stesso anno, fu incaricato di dirigere i festeggiamenti per le accoglienze a Ercole d'Este e alla moglie di lui, Renata di Francia.
Morì a San Cesario nel 1529. Dal suo matrimonio con Susanna Pico nacquero Leona, Giovanni, Cesario, Diamante, Lodovico e Girolamo.
Fonti eBibl.: F. Guicciardini, Storia d'Italia, a cura di C. Panigada, Bari 1929, IV, p. 24; P. Balan, R. B. e gli avvenimenti italiani dei suoi tempi, Modena 1879-1884; L. von Pastor, Storia dei Papi, IV, 1, Roma 1926, p. 181; 2, ibid. 1929, pp. 173, 276, 304; A. F. Boschetti, La famiglia Boschetti di Modena e i Buschetti di Chieri, Modena 1938, tav. VII.