BRUSATI, Roberto
Nato a Milano il 3 luglio 1850 da Giuseppe e da Teresa Aman, la sua vocazione militare maturò negli anni di tensione e di speranza per il raggiungimento della libertà d'Italia. Seguendo le orme del fratello maggiore Ugo, fu ammesso nel 1863 nel Collegio militare di Firenze, passando poi in quello di Milano ed entrando nel 1866 nell'Accademia militare di Torino, dopo aver vanamente tentato di arruolarsi volontario per la terza guerra d'indipendenza.
La selezione tra gli aspiranti ufficiali era allora severa (su 250 candidati, solo 60furono ammessi all'Accademia nel 1866 e non più di 16ne uscirono nel 1869), ma non la temeva il B., giovane assai dotato e studioso, tanto che dal 1863 al 1869 fu sempre il primo del suo corso, e primo risultò anche agli esami finali dell'Accademia.
Nominato sottotenente nel 1869 e ammesso direttamente nel corpo di Stato Maggiore, dopo due anni di scuola di guerra ottenne l'idoneità al servizio di Stato Maggiore e la promozione a tenente; prestò quindi servizio nel 3º reggimento d'artiglieria, poi presso comandi in Roma e Milano. Nel 1876 fu destinato all'Istituto topografico di Firenze (che divenne più tardi l'Istituto geografico militare), e vi prestò servizio per sei anni, come mappatore, poi come capo di una sezione di mappatori; nel 1877 fu nominato capitano. Nel 1881 sposò Graziella Ferguson, di ricca famiglia americana residente in Firenze. Nel 1884, promosso maggiore, fu trasferito nel 64º reggimento di fanteria, stanziato a Milano, poi a Foggia; nel 1887 fu richiamato a Roma e nominato capo dell'Ufficio scacchiere occidentale del comando del corpo di Stato Maggiore, poi capo della segreteria del vicecomandante del corpo stesso. Tenente colonnello nel 1888 e colonnello nel 1892, in quell'anno assunse il comando del 22º reggimento di fanteria, a Messina e poi a Piacenza. Nel 1896 divenne capo di Stato Maggiore del corpo d'armata di Roma, nel 1898 fu promosso maggiore generale e fatto comandante della brigata Messina, stanziata a Catania, poi a Roma (1899-1903), infine a Catanzaro. Tenente generale nel 1905, gli fu affidato il comando della divisione di Ravenna, poi di quella di Roma. Nel 1910, infine, fu fatto comandante del I corpo d'armata, avente sede in Torino.
Con la successiva designazione a comandante d'armata (3 maggio 1914) il B. giungeva al culmine della gerarchia. Benché politicamente inclinasse al neutralismo giolittiano, egli riteneva che ogni discussione dovesse cessare quando erano in gioco le sorti d'Italia. Decisa la guerra contro l'Austria-Ungheria, dedicò quindi ogni sua energia al comando della 1ª armata, che tenne per quasi un anno con spirito altamente offensivo.
La 1ª armata, forte di sei divisioni, era schierata sui due lati del saliente trentino, con un compito difensivo: impedire qualsiasi offensiva austriaca dal Trentino assicurando così le spalle al grosso dell'esercito italiano impegnato sull'Isonzo. Questo compito non escludeva però piccole offensive locali, miranti a migliorare le posizioni italiane; ed il B., che mal sopportava di doversi mantenere sulla difensiva, diede il massimo impulso a questi attacchi limitati. All'indomani del 24 maggio 1915 le sue truppe conquistarono così terreno di notevole valore, approfittando anche del fatto che il confine militare austriaco era alquanto arretrato rispetto al confine politico. Nella seconda metà dell'agosto 1915, però, l'insufficienza di mezzi determinò il fallimento di nuovi attacchi ai forti austriaci che presidiavano la testata dell'Astico; e il 29 agosto Cadorna richiamava l'armata al suo compito difensivo. Il B. non rinunciava ugualmente alle operazioni che parevano poter consolidare il suo fronte; la sua armata rimaneva così proiettata in avanti, mentre la preparazione di offensive locali faceva trascurare il rafforzamento delle linee difensive. In particolare, il grosso delle forze era concentrato sulle posizioni avanzate, spesso disagevoli e poco atte alla difesa, anziché sulle posizioni retrostanti, più idonee alla resistenza.
Nel marzo 1916, mentre la 1ª armata studiava nuove offensive, trapelarono le prime notizie di un grandioso concentramento di forze austriache nel Trentino: si trattava della "Strafexpedition", preparata dal maresciallo Conrad con il dichiarato intento di annientare l'esercito italiano con una poderosa offensiva attraverso le linee della 1ª armata. Il B. chiese rinforzi a Cadorna, che gli mise a disposizione l'equivalente di cinque divisioni. Anche queste forze furono schierate sulle posizioni avanzate, quasi dovessero prevenire l'attacco nemico; ed anzi in aprile la 1ª armata lanciò nuovi assalti parziali, con alcuni brillanti successi. Il suo schieramento continuava però ad essere troppo proiettato in avanti, facile bersaglio dell'artiglieria nemica, mentre le più forti posizioni retrostanti erano abbandonate. Di ciò si rese conto Cadorna visitando le linee della 1ª armata nella seconda metà di aprile; ma egli (che non credeva all'imminenza dell'offensiva austriaca) non si sentì di ordinare il ripiegamento dalle posizioni avanzate a quelle retrostanti, temendo di mettere in crisi tutto lo schieramento. All'imminenza dell'offensiva austriaca credeva ormai il B., che rinnovò richieste di rinforzi; ma Cadorna, non soddisfatto dell'impiego dei rinforzi già concessi e non convinto della necessità di queste nuove richieste, l'8 maggio gli tolse invece il comando.
Il 15 maggio si scatenò l'offensiva austriaca, che sommerse agevolmente le posizioni avanzate della 1ª armata e le truppe ivi addensate. Gli Austriaci dilagarono verso la pianura veneta: ci vollero quattro settimane di incerti e drammatici scontri perché Cadorna riuscisse a fermarli, facendo affluire ingenti forze dall'Isonzo. Dinanzi alle inquietudini dell'opinione pubblica, mentre più accesa ferveva la battaglia, il governo cercò un capro espiatorio: il 25 maggio un comunicato "Stefani" annunziò, con insolito rilievo, che il Consiglio dei ministri aveva collocato il B. a riposo.
Era questo un provvedimento assai grave (i generali "silurati" venivano in genere destinati a comandi territoriali all'interno del paese e non messi a riposo), emanato per di più senza specificare che l'esonero era avvenuto una settimana prima dell'offensiva nemica. L'opinione pubblica era così indotta a credere che il B. avesse colpe insolitamente gravi nella rotta; fu perciò fatto oggetto di una vilissima campagna denigratoria, che governo e comando supremo non intervennero ad arrestare. Il B. si chiuse in sdegnoso silenzio, non volendo turbare lo sforzo bellico nazionale.
Il dopoguerra gli rese giustizia: il 2 sett. 1919 (mentre Nitti chiudeva le polemiche sollevate dall'inchiesta su Caporetto colpendo Cadorna e Capello) fu revocato il collocamento a riposo d'autorità del B., che venne riammesso in servizio con effetto retroattivo dal 1916; avendo però raggiunto i limiti d'età, fu posto in posizione ausiliaria.
Il provvedimento non soddisfece il B., che avrebbe desiderato una riparazione solenne del torto inflittogli con tanto clamore; inoltre il richiamo in servizio cassava il collocamento a riposo, ma non il "siluramento" di Cadorna. Tuttavia l'opinione pubblica si rivelava poco propensa a riesami critici e spassionati della guerra, né il B. volle scendere in campo con una pubblicazione polemica, benché continuasse a raccogliere materiale in sua difesa (che è tuttora coperto da vincoli archivistici).
L'avvento del fascismo offrì nuove speranze al B.: il 3 nov. 1922 Diaz gli conferì la croce al merito di guerra, sottolineando che si trattava di uno dei suoi primi atti come ministro; e poco dopo lo promosse generale d'armata (in posizione ausiliaria). Ma la successiva promozione a maresciallo di Cadorna (novembre 1924) significava la definitiva rinuncia a un riesame critico del passato.
Collocato a riposo per anzianità nel 1926, il B. morì a Santa Margherita Ligure il 23 nov. 1935. Non fu commemorato in Senato (vi era entrato nel 1914) per sua espressa volontà.
Fonti e Bibl.: Tutte le notizie di carattere personale qui raccolte provengono dallo spoglio di quella parte aperta al pubblico dell'archivio del B. (custodito presso il Museo del Risorgimento di Milano) ed in particolare dal suo stato di servizio e da un manoscritto senza data che riassume la sua carriera. Le restanti cartelle (numerose e assai ampie) contengono i documenti raccolti dal B. o da lui composti sul periodo del suo comando di guerra, e particolarmente sulle circostanze del suo esonero.
Su questi stessi problemi esiste una bibl. assai ampia, che si confonde con quella dedicata alla prima guerra mondiale; rinviamo quindi alla Nota bibliografica del volume di P. Pieri, L'Italia nella prima guerra mondiale, Torino 1965, da cui dipendiamo per la narrazione e i giudizi degli avvenimenti 1915-16.