CHIURLIA (de Churielia, de Kurielia de Baro, de Churyélie, Chùrielie de Baro, Kiurihelie), Roberto (magister Robertus de Baro, Roberto da Bari)
Il C. apparteneva a una famiglia barese di origine greca; non si conoscono i suoi genitori. Era certamente suo parente, della generazione dei genitori o dei nonni, il "Sire Maralditius filius Kyrihelie" ricordato nel 1211, che nei primi decenni del sec. XIII subentrò nei diritti di un suo antenato, che nel 1087, come uomo di mare, aveva partecipato alla traslazione a Bari delle reliquie di s. Nicola. Conosciamo anche un fratello del C., "Sire Iohannes de Kurielia de Baro": i suoi figli Eliotto e Niccolò sono ricordati come cavalieri al tempo dì Carlo I d'Angiò. Altri parenti, uno dei quali è ricordato nel 1256 come vassallo del monastero di S. Lorenzo di Aversa, vivevano a Brindisi.
Il C. sembra aver studiato retorica, e ars dictandi per prepararsi ad un mcanco nella Cancelleria del Regno. Enrico da Isernia, pur non stimando troppo la sua arte cancelleresca, lo collocava allo stesso livello con Pier delle Vigne in una lettera, indirizzata nel 1270 al suo protettore nell'esilio, il vescovo Enrico di Olmütz, tesa a dimostrare come anche il C., da modesti inizi, era arrivato alle dignità più alte grazie alla sua attività dì scrittore e alla protezione di personaggi eminenti (lettera edita in Hampe, 1910).
I contrasti politici nel Regno ostacolarono inizialmente fl suo ingresso nella Cancelleria del re di Sicilia e lo indussero ad abbracciare il partito dell'opposizione contro il dominio della dinastia sveva, già al tempo di Corrado IV. È ricordato per la prima volta nel luglio del 1255 a Napoli, dove il vescovo Pietro di Hereford, a nome del suo re, lo costituì procuratore di Enrico III d'Inghilterra presso la Curia pontificia, tra l'altro con l'incarico di promuovere la candidatura al trono siciliano del principe Edmondo. Enrico III lo accolse anche nella sua cappella di corte e gli confermò il 19 nov. 1255 una rendita annu di venti marchi, concessagli dal vescovo di Hereford. Già nel dicembre troviamo il C. nel Laterano a rappresentare gli interessi inglesi contro l'arcivescovo dì Tuam che aveva pro testato contro la violazione delle libertà della Chiesa irlandese. Quando Alessandro IV nell'agosto del 1256 restituì al nobile pugliese Filippo da Santa Croce una serie di grandi feudi, fece esplicitamente riferimento, al consenso dei C., per poter garantire al Santa Croce il riconoscimento di quest'atto anche da parte del candidato inglese al trono, Edmondo. Nell'aprile del 1257 il C. raccomandò al cancelliere del re d'Inghilterra due suoi parenti, in viaggio per l'Inghilterra come inviati della città di Brindisi, la quale si era opposta a Manfredi di Svevia fino al mese prima. Nello stesso tempo condusse trattative in Curia relative all'elezione del vescovo di Ely. Dopo l'elezione di Riccardo di Cornovaglia a re dei Romani, il C. difese anche i diritti di questo davanti al pontefice contro le rivendicazioni di Alfonso di Castiglia. Re Enrico III riconfermò varie volte il C. come suo procuratore, l'ultima volta il 28 aprile del 1261.
Dopo l'elezione di Urbano IV pare che i rapporti del C. con la corte inglese siano stati troncati: un chierico inglese in Curia riferì infatti al suo re che il C., insieme con il cardinale Giordano Pironti, contrastava le richieste di Enrico III consigliando allo stesso cardinale di impedire la concessione di certi privilegi il cui testo era già stato approntato. Quando nel maggio del 1264 Urbano IV dispose un nuovo dibattimento nel processo per l'elezione del re tedesco, il C., pur non essendo in possesso di una nuova procura di Riccardo. partecipò alla seduta insieme con gli altri negoziatori inglesì, e, pretestando i disordini scoppiati in Inghilterra, riuscì ad ottenere una proroga per Riccardo.
Quando Urbano decise di conferire fl Regno di Sicilia a Carlo d'Angiò, conte di Provenza, il C. passò al servizio di questo. Diventò suo familiare e lo accompagno nella primavera del 1265 a Roma. Lo troviamo tra i testimoni dell'atto con il quale, il 21 giugno 1265 sul Campidoglio, Carlo giurò le condizioni poste da Clemente IV per l'accettazione dell'ufficio di senatore dell'Urbe. Poco dopo Carlo I lo nominò protonotaro del Regno di Sicilia. In questa veste datò già l'8 luglio 1265 un privilegio di Carlo I per i cittadini di Benevento. Nei mesi seguenti partecipò a tutte le trattative che dovevano preparare la campagna siciliana: nell'agosto fu presente all'accordo con Obizzo d'Este e con il Comune di Ferrara, nell'ottobre alle trattative con i mercanti romani che dovevano procurare a Carlo i mezzi finanziari necessari. Nell'aprile del 1266, dopo la battaglia di Benevento, Clemente IV indicò al cardinale vescovo Radulfo di Albano, suo legato per il Regno di Sicilia, il C. come fonte delle informazioni riguardanti gli abitanti dello Stato della Chiesa che Manfredi, con il denaro, aveva tentato di guadagnare allaiua causa. Come uno dei piú stretti collaboratori di Carlo I., il C. seguì la corte durante i viaggi attraverso il Regno appena conquistato. Incontrò nuovamente il legato Radulfo di Albano in ottobre, quando fu inaugurato il processo contro la città di Altamura, accusata di essersi appropriata di beni della Chiesa di Monreale.
Nel dicembre del 1266 Carlo I affidò al C. la riscossione della subventio generalis in Terra di Bari. Tornato alla corte, nel maggio del 1267 accompagnò il re alla Curia pontificia di Viterbo, dove come protonotaro firmò e datò l'accordo di Carlo d'Angiò con l'imperatore latino Baldovino II. Poi seguì il re in Toscana e fu presente all'assedio di Motrone. Pare che abbia partecipato anche alla battaglia di Tagliacozzo: risulta infatti presente alla corte reale il 26 ag. 1268 ad Avezzano, poco dopo la battaglia che suggellò il destino di Corradino di Svevia. Nella seconda metà di settembre 1268 fu' con Carlo I a Roma, dove approntò alcuni diplomi a favore di certi partigiani toscani del re. Se vogliamo prestare fede a Bartolomeo da Neocastro, il C., sebbene non fosse giudice, il 29 ott. 1268. dette pubblica lettura a Napoli della sentenza di morte contro Corradino. Nel novembre partecipò al Parlamento di Trani, dove furono decisi una serie di nuove leggi ed ordinamenti amministrativi per gli uffici del protonotaro, camerario, siniscalco, connestabile e dei marescialli del Regno.
Anche dopo la nomina a cancelliere IGoffredo de Beaumont nel novembre del' 1268, il C. continuò a datare, insieme con il cancelliere, i diplomi del re fino al 27, dic. 1268. Il 24 febbr. 1269 a Foggia restituì, per ordine di Carlo I, una serie di feudi a Pietro Colonna. Pare che sia morto nella primavera dello stesso anno. là ricordato come defunto il 17 gennaio del 1270. Venne sepolto nella chiesa di S. Nicola a Bari.
L'ufficio di protonotaro rimase vacante dopo la morte del Chiurlia. Fino alla fine del 1268 egli era stato uno dei più stretti collaboratori di Carlo I d'Angiò. Il C. era stato investito di numerosi beni confiscati a partigiani svevi accusati di alto tradimento, a Trani, a Bisceglie e a Brindisi. L'arcivescovo Giovanni di Bari, il quale, per fare dimenticare i suoi rapporti con Manfredi, aveva bisogno di, un valido appoggio alla corte del re e alla Curia pontificia, gli concesse in feudo il casale di Modugno, che il C. nel suo testamento restituì alla Chiesa di Bari. Il 20 dic. 1268 Carlo I investì il C. e i suoi eredi anche del castello di Binetto presso Bari.
Dal matrimonio del C. con Romana, che aveva condiviso con lui le difficoltà dell'esilio ed era tornata nel Regno solo nel 1266, erano nati due figli, Ruggiero, il quale come signore di Binetto fece testamento nell'ottobre del 1271, e Alessandro che nel 1271 è ricordato come studente a Napoli. Dopo la morte della nipote del C., Romanella, il feudo di Binetto tornò nel 1276 alla Corona.
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