RUGGERO, ROBERTO E NICODEMO
Scultori appartenenti a una bottega operosa in varie località dell'Abruzzo intorno alla metà del sec. 12°, dedita soprattutto alla realizzazione di arredi liturgici in stucco.La prima testimonianza della loro attività è costituita dal ciborio della chiesa abbaziale di San Clemente al Vomano (prov. Teramo). Si tratta di un organismo a pianta quadrata aperto su ciascun lato da una coppia di arcate a ferro di cavallo concluse da protomi leonine; su di esso si stende una decorazione fittissima, bassa e minuta, che, oltre al doppio nastro intrecciato, mostra figure umane e animali, colte in pose strane e contorte e avvolte da spire di viticci. Al di sopra del fascione sporgente impostano due tamburi di pianta ottagona sovrapposti e sfalsati; questi sono conclusi da una piramide ottagona, che in cima recava l'Agnus Dei e sui quattro angoli i simboli degli evangelisti, oggi perduti. Il ciborio poggia su quattro colonne marmoree di spoglio, impostate su basi anch'esse di riuso e capitelli uguali due a due; grazie all'iscrizione incisa sul listello sopra la doppia arcata del prospetto, può essere assegnato a Roberto e a suo padre Ruggero. Anche l'altare sottostante, le cui facce sono inquadrate da una fascia di calcare e rivestite di lastre di marmo cipollino, fu eseguito dalla stessa bottega, probabilmente da R. e Roberto. Sulla fronte, lavorata a intarsio con un motivo a quadrifogli e croci, si staglia al centro l'Agnus Dei. Si tratta di un'opera preziosa per i materiali impiegati (marmi, pietre, ecc.) e per la raffinatezza della decorazione: gli studiosi ne hanno ribadito la somiglianza con i pavimenti intarsiati (Bertaux, 1903, p. 564) e le stoffe (Scerrato, 1979, p. 356); recentemente ne è stata sottolineata l'affinità tipologica e stilistica con gli ornati delle fibbie della cappa reale di Ruggero II (1133-1134; Vienna, Kunsthistorisches Mus., Schatzkammer; Bologna, 1986b, p. 341).Nell'abbazia di San Clemente a Casauria (prov. Pescara) la medesima bottega dovette realizzare un ciborio, oggi perduto, forse commissionato, insieme a quello esistente a San Clemente al Vomano, dall'abate Oldrio negli anni 1136-1147 (Bologna, 1986a, p. 318); di esso Gavini (1927-1928, I, pp. 196, 238), in seguito a una demolizione, nel 1922 individuò due frammenti, un blocco di architrave e parte di una lastra con la testa di un animale che spunta fra fitti tralci - oggi conservati nel Mus. dell'abbazia -, che manifestano stretti rapporti con le sculture note della bottega.Nel 1150 Roberto, questa volta non più associato al padre ma a Nicodemo, firmò il pulpito nella chiesa di Santa Maria in Valle Porclaneta presso Rosciolo (prov. L'Aquila) nella Marsica, secondo quanto si legge nell'iscrizione lungo il parapetto della scala. Il pulpito, frammentario, è addossato al secondo pilastro della navata centrale: si compone di quattro pilastri ottagoni sormontati da arcate trilobe sulle fronti principali e a tutto sesto su quelle laterali; al di sopra poggia la struttura a cassa quadrata con le sporgenze semicircolari dei lettorini. Il programma iconografico si può parzialmente ricostruire grazie al confronto con i pulpiti di Santa Maria del Lago a Moscufo e di S. Stefano a Cugnoli (prov. Pescara): dei quattro simboli degli evangelisti resta solo il corpo acefalo del leone sulla parte bassa del lato anteriore; su questo stesso lato, entro riquadri, sono raffigurati due diaconi con il turibolo e con il libro - probabilmente i ss. Stefano e Lorenzo -, la Lotta di Davide con l'orso e la Danza di Salomè (Albertini, 1968, pp. 410-415); lungo il parapetto della scala si svolgono le Storie di Giona. Contestualmente i due scultori eseguirono nella stessa chiesa di Santa Maria in Valle Porclaneta anche il ciborio che, assai simile nella struttura a quello di San Clemente al Vomano, se ne differenzia per alcuni elementi: le colonne impiegate non sono di spoglio e il corpo del baldacchino su tutti e quattro i lati presenta archi trilobi e non un doppio arco a ferro di cavallo.Secondo una lapide un tempo murata a sinistra dell'altare, nel 1151 Nicodemo avrebbe costruito un ciborio nella chiesa parrocchiale di S. Cristinziano a San Martino sulla Marrucina presso Guardiagrele (prov. Chieti), di cui restavano quattro colonnette ottagonali sormontate da capitelli prima che l'edificio fosse distrutto da una tromba d'aria nel 1919 (Gavini, 1927-1928, I, pp. 187-188). Nel 1159 Nicodemo da solo firmò ed eseguì il pulpito di Santa Maria del Lago a Moscufo, come indicano le iscrizioni. Pressoché identico nella struttura a quello di Santa Maria in Valle Porclaneta - se ne discosta per la presenza delle colonne al posto dei pilastri e la riduzione dell'arco trilobo alla sola fronte anteriore -, è il meglio conservato della serie. I simboli degli evangelisti sui lettorini sono affiancati da scene entro riquadri (l'aquila e il toro dai Ss. Giovanni Battista o Massimo Levita e Stefano e dalla Lotta di Davide con il leone e con l'orso; l'angelo e il leone da S. Lorenzo e da S. Giorgio che uccide il drago); lungo il parapetto della scaletta, inoltre, si hanno le consuete Storie di Giona (Albertini, 1968, pp. 410-415). A sinistra della fronte, sullo spigolo, compare poi il motivo classico del cavaspine (Fossi, 1984). Lo scultore eseguì anche alcuni capitelli delle navate, affini stilisticamente alle sculture del pulpito (Gavini, 1927-1928, I, pp. 190-193).L'ultima opera documentata è il frammentario pulpito della chiesa di S. Stefano a Cugnoli, proveniente dalla chiesa di S. Pietro, eseguito nel 1166 da Nicodemo, che replicò il tipo precedente con pochissime varianti (Bertaux, 1903, p. 563). Un'iscrizione ne attesta la committenza di Rainaldo di Collemezzo, abate di Montecassino dal 1137 al 1166 (Jamison, 1938).Circa il procedimento e i materiali impiegati dalla bottega per la costruzione degli arredi sono state individuate tre fasi: la prima prevedeva la realizzazione in loco di basi, colonne, capitelli e strutture portanti, fatte di pietra e rivestite da un conglomerato di gesso, calce e pietrisco successivamente scolpito; la seconda l'esecuzione fuori opera e il successivo montaggio di parapetti, architravi e strutture costituite del solo conglomerato; la terza la formazione in loco delle strutture di completamento e la saldatura con il medesimo conglomerato. Caratteristica dell'impasto cementizio è che si tratta di una materia morbida durante la lavorazione, destinata a diventare durissima una volta asciugatasi. Il colore rosato assunto dalle opere è probabilmente dovuto all'ossidazione dei composti di manganese e di ferro contenuti negli impasti; la cromia dei pulpiti di Santa Maria del Lago a Moscufo e di S. Stefano a Cugnoli - verdi e rossi in particolare - sembra, invece, frutto di interventi successivi (Albertini, 1968, pp. 407-410).Per quanto riguarda l'origine della bottega e lo stile delle opere, gli studiosi ne hanno variamente evidenziato gli influssi arabeggianti nelle fittissime decorazioni, negli ornati che simulano caratteri cufici e nell'impiego dell'arco a ferro di cavallo o trilobo (Bertaux, 1903; Toesca, 1927; Gavini, 1927-1928, I; Lehmann-Brockhaus, 1942-1944; 1968; Crichton, 1954; Buschhausen, 1978; Scerrato, 1979). Recentemente l'influenza islamica è stata riconosciuta mediata attraverso la Puglia, la Sicilia, la Spagna (Córdova, Toledo) e l'Africa settentrionale (Tunisia); inoltre, i componenti della bottega, non abruzzese, sono stati ritenuti di origine normanna (Bologna, 1986a).Accertati gli indubbi caratteri islamizzanti che segnano le opere della bottega di R., Roberto e Nicodemo, è evidente che il loro antecedente si trova in un gruppo di sculture che, sebbene non possano ritenersi prodotte da uno stesso atelier, manifestano però un indirizzo stilistico unitario, ossia: il portale, le ante lignee datate 1132 (L'Aquila, Mus. Naz. d'Abruzzo), il pulpito e il candelabro pasquale di S. Maria in Cellis e i portali di S. Vittoria a Carsoli (provenienti da S. Maria in Cellis); il portale e le ante lignee di S. Pietro ad Alba Fucens (L'Aquila, Mus. Naz. d'Abruzzo); i resti della recinzione presbiteriale di Santa Maria in Valle Porclaneta. In particolare, mentre nei cibori prevale un'ornamentazione sottile e calligrafica che richiama i rilievi delle ante di Carsoli, nei pulpiti, generalmente realizzati da Nicodemo, il più giovane dei tre scultori, il rilievo acquista un'inedita saldezza e consistenza e sempre maggiore spazio è riservato ai temi narrativi (Gandolfo, 1988).
Bibl.: H.W. Schulz, Denkmäler der Kunst des Mittelalters in Unteritalien, Dresden 1860, I, pp. 13-14; D. Salazaro, Studi sui monumenti dell'Italia meridionale dal IV al XIII secolo, II, Napoli 1877, p. 43; V. Bindi, Monumenti storici e artistici dell'Abruzzo, Napoli 1889, pp. 503-504, 513-516, 902-903; E. Bertaux, L'art dans L'Italie méridionale, II, Paris 1903 (19682), pp. 560-566; P. Piccirilli, La Marsica. Appunti di storia e arte, Trani 1904, pp. 10-21; Venturi, Storia, III, 1904, p. 710; J.L. Heiberg, Die Kanzeln in Cugnoli, Die Denkmalpflege 7, 1905, pp. 128-130; G. Poggi, Arte medievale negli Abruzzi, Milano 1914, I, p. 4, tavv. 8, 10; II, tavv. 74, 82-83, 87; J. Braun, Der christlicher Altar in seiner geschichtlichen Entwicklung, München 1924, II, pp. 227-228, 252; Toesca, Medioevo, 1927, pp. 842-843, 907 n. 70; I.C. Gavini, Storia dell'architettura in Abruzzo, 2 voll., Milano-Roma [1927-1928]: I, pp. 138, 178-196, 292-293, fig. 285; II, pp. 218-222, 332; E. Lavagnino, Storia dell'arte medievale italiana, Torino 1936, pp. 329-330; E. Jamison, Notes on S. Maria della Strada at Matrice, its History and Sculpture, PBSR 14, 1938, pp. 32-73; O. Lehmann-Brockhaus, Die Kanzeln der Abruzzen im 12. und 13. Jahrhundert, RömJKg 6, 1942-1944, pp. 257-428: 271-317; F. Bologna, Per una revisione dei problemi della scultura meridionale dal IX al XIII secolo, in Sculture lignee nella Campania, Napoli 1950, pp. 21-30: 27; G.H. Crichton, Romanesque Sculpture in Italy, London 1954, pp. 130-131; U. Chierici, Arte d'Abruzzo. La scultura, in Abruzzo, a cura di U. Chierici, Milano 1963, pp. 151-263: 216-217; O. Lehmann-Brockhaus, Gli amboni abruzzesi, Abruzzo 6, 1968, pp. 336-340; G. Albertini, La scuola di Rogerio, Roberto e Nicodemo nel XII secolo, ivi, pp. 405-420; R. Delogu, La chiesa di S. Pietro di Alba Fucense e l'architettura romanica in Abruzzo, in Alba Fucens (Etudes de philologie, d'archéologie et d'histoire ancienne publiées par l'Institut historique belge de Rome, 13), II, Bruxelles-Roma 1969, pp. 44-46 n. 3; M. Moretti, Architettura medievale in Abruzzo (dal VI al XVI secolo), Roma [1971], pp. XVII-XXI, 92-96, 108-109, 176-181; H. Buschhausen, Die süditalienische Bauplastik im Königreich Jerusalem von König Wilhelm II. bis Kaiser Friedrich II. (Österreichische Akademie der Wissenschaften. Philosophisch-historische Klasse. Denkschriften, 108), Wien 1978, pp. 80, 283, 360, 390-398; V. Pace, in L'art dans l'Italie méridionale. Aggiornamento dell'opera di Emile Bertaux, V, Roma 1978, pp. 725-728; U. Scerrato, Arte islamica in Italia, in F. Gabrielli, U. Scerrato, Gli Arabi in Italia (Antica Madre), Milano 1979 (19852), pp. 275-571: 355-358; O. Lehmann-Brockhaus, Abruzzen und Molise. Kunst und Geschichte, München 1983, pp. 86, 99, 150, 156, 160-169; G. Fossi, Nani sulle spalle di giganti? (A proposito dell'atteggiamento degli artisti medievali nei confronti dell'antichità), in Scritti di storia dell'arte in onore di Federico Zeri, I, Milano 1984, pp. 24-26; F. Bologna, S. Clemente al Vomano. Il ciborio di Ruggiero e Roberto, in La Valle del Medio e Basso Vomano (Documenti dell'Abruzzo teramano, 2), I, Roma 1986a, pp. 299-339; id., S. Clemente al Vomano. L'altare, ivi, 1986b, pp. 340-344; F. Gandolfo, Montecassino, la Campania e l'Abruzzo, in A.M. Romanini, Il Medioevo (Storia dell'arte classica e italiana, 2), Firenze 1988, p. 340.M.L. Fobelli