Faenza, Roberto
Regista e sceneggiatore cinematografico e televisivo, nato a Torino il 21 febbraio 1943. Nella sua attività si possono individuare due fasi: la prima fortemente caratterizzata da intenti politico-satirici, sulla scia della vena polemica, anticonformista e impegnata del cinema italiano degli anni Sessanta e Settanta; la seconda da una ispirazione letteraria, di accurata confezione formale, spesso di ricostruzione storica e in costume, per lo più magniloquente e calligrafica. Per Jona che visse nella balena (1993) ha vinto il David di Donatello come miglior regista.
Dopo essersi diplomato al Centro sperimentale di cinematografia di Roma, F. esordì come documentarista, quindi girò il suo primo lungometraggio a soggetto, Escalation (1968), film segnato da un corrosivo anarchismo, analogo a quello di I pugni in tasca (1965) di Marco Bellocchio, e profondamente percorso dal clima della contestazione del Sessantotto, con un registro grottesco che articola un'aperta critica alla società capitalista. H₂S (1969) è invece uno stravagante apologo fantascientifico carico di utopismo antitecnologico: il film, sequestrato e coinvolto in vicende giudiziarie, poté essere distribuito soltanto nel 1971.
Dopo un periodo trascorso negli Stati Uniti, durante il quale aveva avviato una riflessione sui mass media, tornato in Italia F. continuò ad approfondire l'analisi dei meccanismi alla base della controinformazione audiovisiva, pubblicando anche una sorta di manuale di autoproduzione per cineasti alternativi, Senza chiedere il permesso (1972). Nel 1977 fondò quindi una società di produzione, la Cooperativa Jean Vigo, che permise tra l'altro l'esordio di Marco Tullio Giordana con Maledetti, vi amerò (1980). Questa fase dell'attività di F. culminò nella realizzazione di Forza Italia!, realizzato nel 1978, per il quale F. si avvalse della collaborazione di Mario Bocca, Giordana e dei giornalisti Antonio Padellaro e Carlo Rossella e che, nella primavera dello stesso anno, venne tolto dalla circolazione a causa del rapimento e della morte di Aldo Moro. Film di montaggio e pamphlet politico ricostruisce infatti la storia dei precedenti trent'anni, conservando l'integrità audiovisiva dei documenti scelti, ma inserendo parole, frasi e suoni che conferiscono alle immagini un valore satirico e derisorio. Due anni dopo F. girò Si salvi chi vuole, storia di una famiglia bolognese e del conflitto tra un padre, deputato imborghesito del Partito comunista italiano, e il giovane e irridente fidanzato della figlia.
Nel 1983, tornato negli Stati Uniti, ha realizzato Copkiller, con Harvey Keitel e Nicole Garcia, da un roman-zo di H. Fleetwood, incentrato sui temi dell'ambiguità del potere e dell'ingiustizia, in cui già affiora l'assimilazione dei modelli più classici. Sette anni dopo, con Mio caro dottor Gräsler, tratto da un racconto lungo di A. Schnitzler, ha iniziato la fase delle trasposizioni letterarie, in cui viene perseguita l'idea di un cinema europeo di qualità, abbandonando però quella cifra personale, caustica e corrosiva, che aveva caratterizzato precedentemente la sua produzione. Con musiche di Ennio Morricone e fotografia di Giuseppe Rotunno, con grandi mezzi produttivi e un cast internazionale, F., accostandosi al gusto stilistico viscontiano, restituisce l'ambiente mitteleuropeo dei primi del Novecento. Il successivo drammatico e asciutto Jona che visse nella balena, tratto da un racconto di J. Oberski, di cui F. ha firmato, in collaborazione, anche la sceneggiatura, racconta la storia di un bambino ebreo internato in un campo di concentramento nazista durante la Seconda guerra mondiale che, per sopportare lo stato di costrizione, vive in un suo mondo fantastico. Con Sostiene Pereira (1995), dall'omonimo romanzo di A. Tabucchi, F. ha fornito l'occasione per un'intensa prova interpretativa a un virtuosistico Marcello Mastroianni. Ancora riduzione di un romanzo (questa volta La lunga vita di Marianna Ucrìa di D. Maraini) è il successivo Marianna Ucrìa (1997): nel raccontare le vicende di una giovane muta sullo sfondo della Sicilia del Settecento, di cui viene rievocata la bellezza decadente, l'opera assume un andamento barocco, sovraccarico e sontuoso. Nel drammatico L'amante perduto (1999), dal romanzo di A.B. Yehoshua, l'incrociarsi delle storie d'amore, delle generazioni e del conflitto israeliano-palestinese ambisce invece a comporre un mosaico delle contraddizioni del mondo contemporaneo. Ha poi diretto Prendimi l'anima (2002), liberamente ispirato a Diario di una segreta simmetria di A. Carotenuto.