GAJA, Roberto
Nacque a Torino il 27 maggio 1912 da Guido e Carlotta Pia Galliani. Seguì gli studi classici nella città natale, dove nel 1932 si laureò in giurisprudenza.
Aveva iniziato frattanto dal 1931 il servizio di leva come ufficiale di complemento nel Nizza cavalleria; nel 1935 aveva seguito un corso di avanzamento presso la Scuola di cavalleria e nel 1936 era in Libia col I gruppo di cavalleria coloniale.
Nel 1937 il G. fece il suo ingresso in diplomazia. Visse le fasi iniziali del secondo conflitto mondiale come viceconsole a Lucerna, poi, dalla metà del 1941, come console a Hannover, infine come console ad Ajaccio (marzo 1943), nella Corsica occupata dalle truppe italiane e tedesche. Dopo l'8 settembre si portò a Bastia, unendosi alla divisione Cremona con la quale combatté a Capo Corso contro i Tedeschi, meritando la croce di guerra al valor militare. Nel febbraio 1944 raggiunse la sede del ministero a Salerno. Qui il G. portò a compimento la sua formazione ideale e pratica di diplomatico a contatto con il segretario generale Renato Prunas.
Nel dopoguerra fu primo segretario a Vienna, ma di fatto resse la rappresentanza italiana per l'indisposizione del ministro Maurizio Coppini; fu lui, quindi, a raccogliere il primo passo di Karl Gruber, ministro degli Esteri austriaco, per l'apertura dei negoziati sulla questione dell'Alto Adige, che avrebbero portato all'accordo di Parigi del 5 sett. 1946 concluso dal presidente del Consiglio Alcide De Gasperi. Destinato alla rappresentanza di Trieste nel dicembre 1947, vi sarebbe rimasto fino alla primavera del 1949. Nell'agosto del 1949 fu inviato a Tripoli come rappresentante del governo italiano: qui rimase fino a dopo la costituzione di uno Stato libico indipendente (1° genn. 1952), curando la stipulazione degli accordi per la sistemazione degli interessi della comunità italiana in quel paese.
Tra il novembre 1952 e il novembre '56 fu a Parigi come consigliere (e quindi ministro consigliere), mentre era titolare dell'ambasciata Pietro Quaroni. Tornò per due anni a Roma, occupando tra l'altro l'ufficio di vicedirettore del personale del ministero, per ottenere poi l'incarico di ministro plenipotenziario a Sofia dal dicembre 1958 al gennaio 1963.
In questi anni il G. andò operando una riflessione sui problemi internazionali, documentata dal lavoro Le conseguenze politiche della bomba atomica (Firenze 1959; tema su cui sarebbe tornato più volte fino al volume Politica estera ed armi nucleari, Roma 1964, sempre con lo pseudonimo di Roberto Guidi). L'armamento atomico gli si presentava come un elemento decisivo, non solo per la definizione dei rapporti di potenza tra gli Stati, ma anche per il mutamento degli scenari geopolitici che, a suo avviso, esso comportava, con un indebolimento in molti casi del principio stesso della sovranità nazionale e con una conseguente linea di tendenza verso aggregazioni di carattere sovranazionale. Se il possesso dell'arma atomica e le conseguenti strategie di sicurezza potevano non condizionare le dinamiche di espansione e di integrazione economica tra stati diversi, erano tuttavia determinanti ai fini di più compiuti processi di identità e convergenza politica.
Il G. trasse tra l'altro la convinzione che "il processo di integrazione europea dipendesse allora dal modo in cui la Comunità avrebbe risolto il problema del proprio status nucleare" (Romano), tema al quale dedicò vari scritti (si veda ad es. Considerazioni generali e compiti delle medie potenze, in Affari esteri, II [1970], 6, pp. 88-105). Questa preoccupazione emerse chiaramente quando prese parte alla negoziazione del trattato contro la proliferazione nucleare; in tale occasione espresse il timore che esso ratificasse l'inferiorità italiana, nonché quella europea, e costituisse l'abbandono di qualsiasi equilibrato progetto di disarmo nucleare e convenzionale.
Nel settembre del 1964 il G. aveva assunto la direzione generale degli affari politici; nominato ambasciatore il 16 marzo 1967, divenne segretario generale del ministero dal gennaio 1970 fino alla sua destinazione alla sede di Washington nel luglio 1975.
Oltre al trattato contro la proliferazione nucleare, in questo periodo il G. partecipò direttamente alla definizione di altre due importanti questioni, quella dell'Alto Adige, di cui fu incaricato nel 1964 e che seguì fino all'intesa di Copenaghen del 1969, e quella con la Jugoslavia, le cui trattative presero consistenza dopo la crisi cecoslovacca del 1968, fino ad assumere quella forma di "intesa globale", sancita poi dal trattato italo-jugoslavo del 1975. Ma il suo ufficio lo fece partecipe, direttamente o indirettamente, di altre numerose questioni, in primo luogo dell'elaborazione della complessa procedura che portò, dalla proposta di una conferenza per la sicurezza europea fatta a Roma dal ministro degli Esteri sovietico A.A. Gromyko, all'effettiva convocazione della Conferenza per la sicurezza e la cooperazione in Europa a Helsinki. Ancora vanno ricordate le questioni relative alla politica europea, dalla dichiarazione del 1969 di Londra, alle iniziative italiane per la cittadinanza europea e all'impulso positivo ai negoziati per l'allargamento della Comunità europea, conclusisi nel 1972 con l'ingresso della Gran Bretagna, della Danimarca e dell'Irlanda; sono di rilievo inoltre le questioni connesse all'Alleanza atlantica, come l'iniziativa per l'eliminazione del gap tecnologico tra i suoi membri e la costante attenzione rivolta all'alterno svolgersi dei negoziati sul disarmo.
A parte va considerata la partecipazione del G. alla politica italiana in Africa e in Medio Oriente, di cui ricordiamo gli episodi salienti, dalla crisi biafrana a quella sudanese, alla crisi libica conseguente all'espulsione della comunità italiana decretata da Mu'ammar Gheddafi, capo dello Stato libico, alle operazioni per la protezione e il rimpatrio della nostra comunità di Asmara. Ma soprattutto, come segretario generale, dopo il 1970, si trovò a seguire la ripresa, da parte italiana, di contatti sempre più intensi con tutti i paesi del mondo arabo che coincise con la lunga e quasi ininterrotta permanenza di Aldo Moro agli Affari esteri, tra il 1969 e il 1975. Farà più tardi un'analisi precisa di questi problemi nel volume L'Italia nel mondo bipolare. Per una storia della politica estera italiana (1943-1991), Bologna 1995.
Un altro problema che il G. affronterà negli anni della sua permanenza ai vertici del ministero sarà il crescente processo di partitizzazione interna del personale diplomatico, che sarebbe sfociato in atteggiamenti talora diversi: alcuni coperti da un involucro corporativo, in parte già risalenti alla fine degli anni '50 e ai primi anni '60, altri più scopertamente polemici, volti a una predeterminazione degli indirizzi del ministero, attraverso un esplicito dibattito interno; posizioni queste tutte assai distanti dalla concezione classica del ruolo della diplomazia che era propria del G. e che egli fronteggiò duramente, con una parziale copertura da parte politica, che era fatta più di indifferenza che di effettiva partecipazione (si veda, a firma R. Guidi, Strumenti, in Inchiesta sulla politica estera italiana, Roma 1970).
Il G. concluse la sua carriera come ambasciatore a Washington, che lascerà il 15 marzo 1978. Sono questi gli anni delle presidenze di G.R. Ford e di J. Carter, nei quali si profilano i termini dell'ultimo decisivo confronto con l'Unione sovietica e si accentua la polemica tra le due sponde dell'Alleanza atlantica, come accadde sulla questione degli "euromissili"; per l'Italia invece sono gli anni del difficile e controverso ingresso nella maggioranza del Partito comunista italiano.
A cogliere la posizione del G. su questi e altri scenari valgono i numerosi scritti di politica estera. Dal 1978 diresse la rivista Affari esteri e collaborò al quotidiano romano Il Tempo. Nella Introduzione alla politica estera dell'era nucleare (Milano 1986) notava come "uno dei principi fondamentali della teoria del negoziato è che non è possibile giungere ad accordi se non in una situazione ormai stabilizzata" (p. 49). Era stato quindi un sostenitore dell'installazione degli euromissili alla fine degli anni '70, avvertendo che questa doveva essere vista "prima ancora che nell'ottica degli equilibri Est - Ovest, in quella dei rapporti tra alleati e di una garanzia automatica di difesa" (Il dibattito sulla Nato, in Affari esteri, XVI [1984], 62, p. 20), e così anche aveva subito compreso che la politica del presidente degli Stati Uniti R. Reagan avrebbe ulteriormente modificato gli equilibri con l'URSS (Dall'era atomica all'era spaziale, in Libro aperto, II [1981], 5, pp. 14 ss.).
Il G. morì a Roma il 31 maggio 1992. Nel 1937 si era sposato con Carla Travaglini, che gli dette tre figli, Maria Teresa, Giorgio e Maria Cristina.
Il G. fu uomo colto e di variegati interessi. In campo letterario sono da ricordare i suoi Discorsi sul mondo oscuro (Torino 1937) e Una novella orientale (postuma, Palermo 1994). Notevole, anche per chiarire la sua posizione sul ruolo della diplomazia e i principî e gli ideali connessi, è la biografia, assai fine e acuta, di Carlo Francesco Ferrero, Il marchese d'Ormea (Milano 1988). Dedicata alla vita militare, vissuta con senso del dovere e attaccamento alla tradizione, è la rievocazione storico-letteraria del reggimento Nizza cavalleria, in cui intenso è il richiamo ideale alle radici piemontesi dello Stato unitario: Per un reggimento di dragoni o della fedeltà (Cuneo 1990).
Fonti e Bibl.: Carte private del G. sono conservate presso la famiglia a Torino; necr. di B. Bottai, G., esemplare cavaliere della diplomazia, in Il Tempo, 2 giugno 1992; S. Romano, Ambasciatore gentiluomo, in La Stampa, 2 giugno 1992; E. Colombo, È morto G., in Il Popolo, 7 giugno 1992; M. Toscano, Storia diplomatica della questione dell'Alto Adige, Bari 1967, passim; Annuario diplomatico, Roma 1975, ad vocem; P. Cacace, Vent'anni di politica estera italiana (1943-1963), Roma 1986, passim; L.V. Ferraris, Manuale di politica estera italiana, 1947-1993, Bari 1994, p. 148; S. Romano, prefazione a R. Gaja, L'Italia nel mondo bipolare, Bologna 1995, pp. 7-19; E. Galli della Loggia, Fedeli come dragoni, in L'Espresso, 8 luglio 1994; G. Gnoli, Il perduto paradiso del principe, in Il Sole 24 Ore, 13 nov. 1994; E. Sogno, Ambasciatore senza una patria, in Il Giornale, 8 nov. 1995; International Who's Who (1977-78), London 1978, ad vocem.
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