GUIDI, Roberto (Roberto Novello)
Figlio del conte Carlo di Simone (II) di Battifolle e di Margherita di Giovanni Orsini signore di Bracciano, nacque presumibilmente fra 1350 e 1355. Il G. non sembra essere stato il primogenito (ebbe tre fratelli, Francesco, Giovanni e Simone, e tre sorelle, Costanza, Lisabetta e Margherita): seppe tuttavia ricavarsi un ruolo di prestigio e negli anni Novanta del Trecento, con la morte di fratelli e cugini, riunificò gran parte dell'antico territorio dei conti di Battifolle.
Del 1371 sono le sue prime nozze, rimaste sterili, con Maddalena di Amerigo Cavalcanti. Di dieci anni più tardi quelle con Margherita di Arcolano dei Buzzacarini di Padova, dalla quale avrà invece i figli Francesco e Ludovica.
In gioventù, verosimilmente, accompagnò il padre in attività militari e politiche; pare infatti che fosse con lui a Bologna quando Carlo vi fu come podestà nel 1369. Nel 1386 ottenne un incarico autonomo di comandante di un gruppo di cavalieri del Comune di Firenze allora in guerra contro il conte di Urbino. Due anni più tardi lo troviamo ancora assoldato dal Comune di Firenze in preparazione di una guerra contro Gian Galeazzo Visconti. Per questo condusse in seguito al campo fiorentino i propri uomini e, quindi, come alleato di Firenze ratificò la pace di Genova del 1392. Nel 1393 intervenne a Firenze con propri uomini in appoggio alla Signoria, in un momento in cui vi erano in città tumulti dietro cui si pensava vi fosse la famiglia degli Alberti.
Oltre a ricevere attestati ufficiali di gratitudine, fra cui l'onore della cavalleria cittadina con dono di scudo e insegna con l'arma del Popolo, il G. strinse preziose relazioni e amicizie con esponenti influenti della politica fiorentina, come Maso degli Albizzi e Donato Acciaiuoli.
Nell'ottobre 1393 rinnovò il patto di accomandigia al Comune di Firenze già prestato dal padre con cui si impegnava a un rapporto esclusivo e stretto di fedeltà e all'impegno militare in cambio della protezione fiorentina. In quel momento, per la morte appunto di fratelli e cugini, aveva già riunito nelle sue mani buona parte dei castelli che erano stati dei primi conti di Battifolle; nell'elenco steso per il patto con Firenze sono citati infatti: Poppi, Battifolle, Pratovecchio, Montemignaio, Castel Castagnaio, Fronzola, Quota, Risecco, Caiano in Casentino, San Leonino, Rincine e Fornace in Val di Sieve, Montaltuzzo, Radiracoli, Pozzuolo, Poggio alla Lastra, Strabatenza in Romagna. Testimonianza del prestigio che godeva a Firenze in quel momento il G. e come Pratovecchio e Poppi fossero considerate località da buen retiro per l'oligarchia dominante il vertice politico fiorentino si può cogliere nel Paradiso degli Alberti di Giovanni Gherardi da Prato.
Restava, tuttavia, al G. come una spina nel fianco il castello di Borgo alla Collina in Casentino, di cui era rimasta signora Elisabetta (cugina del G. in quanto figlia del suo omonimo zio). Questa infatti non solo non intendeva cederlo al cugino, ma anzi si era autonomamente posta in accomandigia e sotto la protezione del Comune di Firenze. Così, quando nel 1395 egli occupò il castello e prese prigioniera la cugina, la Signoria fiorentina gli intimò di rilasciarla e di restituirle il castello. Il G. si recò a Firenze per sostenere le sue ragioni ma, non riuscendo a ottenere alcunché, dovette per il momento cedere; tentò, allora, di avere a suo favore l'arbitrato cui Firenze aveva rimesso la questione e in tal senso si valse delle amicizie fiorentine. Nel frattempo era in contrasto anche con l'abate di Poppi, che per qualche motivo aveva fatto imprigionare, e a favore del quale si mosse Coluccio Salutati scrivendo due lettere al G., nelle quali lo invitava a non inimicarsi con i suoi atteggiamenti il favore del governo cittadino.
Mosso forse da irritazione e nel contempo da alcuni legami politici che in segreto lo spingevano in tal senso, il G. pare prestasse ascolto a trame che prevedevano per il suo passaggio al sostegno di Gian Galeazzo Visconti un aiuto per insignorirsi di tutto l'alto Casentino. Il governo fiorentino, sull'onda delle voci e in una situazione politica critica, inviò come commissari in Casentino Bartolomeo Valori e Niccolò Giugni che, nel marzo 1398, presero prigioniero il G. e lo condussero a Firenze. Qui, per la sua estraneità all'accusa o per i suoi appoggi, egli fu comunque liberato e anzi fu compreso come alleato nel trattato fatto in quel momento da Firenze con Venezia contro Gian Galeazzo Visconti. Poco dopo, a guerra in corso, il G. tuttavia tradiva in effetti i suoi patti con Firenze e si presentava al campo delle truppe milanesi.
Per tale tradimento fu questa volta condannato come ribelle da Firenze e i suoi territori furono saccheggiati dal marito di Elisabetta, Giovanni dei Gabrielli di Gubbio, soldato di ventura, che in tal modo si prendeva la vendetta per la moglie. Nel luglio 1400, al momento delle trattative di pace fra Firenze e Milano, il G., rendendosi conto di aver commesso un errore che poteva costargli caro, scrisse alla Signoria fiorentina chiedendo perdono per il suo tradimento.
Ammalatosi di peste, il G. morì il 26 luglio 1400 nel Casentino, a Castel Castagnaio (ora frazione di Pratovecchio), prima che a Firenze si fosse presa una decisione in merito.
Nel suo testamento affidava espressamente al Comune la tutela del figlio Francesco. Tale azione e la morte valsero a riabilitarne la figura e a salvare al figlio ancora minorenne i possessi. Per questi ultimi il governo fiorentino si preoccupò anzi di esercitare al posto di Francesco un'amministrazione attenta e una tutela attiva, ottenendo per lui, paradossalmente, anche l'indennizzo per i danni causati da Giovanni Gabrielli.
Fonti e Bibl.: Cronica volgaredi anonimo fiorentino, a cura di E. Bellondi, in Rer. Ital. Script., 2ª ed., XXVII, 2, pp. 231, 243, 247; Delizie degli eruditi toscani, VIII (1777), pp. 192 s.; Giovanni di Iacopo Morelli, Ricordi, ibid., XIX (1785), p. 6; I capitoli del Comune di Firenze, a cura di C. Guasti, I, Firenze 1866, pp. 457 s.; II, ibid. 1893, p. 417; C. Salutati, Epistolario, a cura di F. Novati, III, Roma 1896, pp. 150-154; G. Gherardi da Prato, Il Paradiso degli Alberti, a cura di A. Lanza, Roma 1975, pp. 62-80; Giovanni di Pagolo Morelli, Ricordi, in Mercanti scrittori. Ricordi nella Firenze tra Medioevo e Rinascimento, a cura di V. Branca, Milano 1986, pp. 247, 249; Ch.-M. De La Roncière, Fidélités, patronages, clientèles dans le contado florentin au XIVe siècle. Les seigneuries féodales. Le cas des comtes Guidi, in Ricerche storiche, XV (1985), pp. 42, 44, 52, 54-57; P. Litta, Le famiglie celebri italiane, s.v. Guidi di Romagna, tav. XV.