ORSI, Roberto
ORSI, Roberto. – Nacque a Rimini, o nel contado riminese, intorno al 1420, da Luca di Giacomo e da Elisabetta di ser Giuliano da Macerata; ebbe due fratelli, Pandolfo e Alessandro.
Il padre, originario di Cavoleto, fu cancelliere e segretario di Sigismondo Malatesta a partire dal 1433; nel 1437 ottenne la cittadinanza riminese, mentre al 30 settembre 1462 risale il suo testamento. Sposato in prime nozze con Rengarda di Melchiorre di Marazzano, da cui non ebbe figli, Luca si risposò con Elisabetta, che gli sopravvisse almeno fino al 1494.
Nel 1437 Orsi si recò a Ferrara per studiare con Guarino Veronese; vi conobbe Tito Vespasiano Strozzi, Lodovico Carbone e Tobia Borghi e iniziò a dedicarsi alla poesia latina, che praticò per tutto il corso della vita. Tornato a Rimini, per assecondare le richieste paterne si trasferì a Perugia per studiare diritto con Matteo Baldeschi ed entrò in rapporto con Giovanni Antonio Campano e Paolo Boncambi. Passò quindi a esercitare l’attività di giurista a Roma, dove fu certamente nel 1450 e dove il ternano Giovanni Mazzancolli, auditor causarum Camerae apostolicae, lo spinse a dedicarsi alla carriera amministrativa piuttosto che alla poesia.
Due anni più tardi fece ritorno a Rimini nella speranza di ottenere da Sigismondo Malatesta la carica paterna. Da alcune elegie latine sappiamo che si trasferì poi a Cesena, città d’origine della moglie Margherita di Gherardo Almerici, da cui ebbe sei figlie (più una morta precocemente, di nome Pantesilea) e un figlio di nome Galeotto. Nel 1463, costretto da una pestilenza ad abbandonare la città, si rifugiò per qualche tempo a Longiano con la famiglia e il nipote Annibale.
Dopo essere stato podestà di Assisi nel 1464, tornò a Roma nella speranza di trovare fortuna presso il nuovo pontefice Paolo II; lì, anche attraverso l’amicizia con Campano, entrò in contatto con l’ambiente dell’Accademia pomponiana. Rientrato a Rimini, rimase al servizio dei Malatesta fino alla morte di Sigismondo nel 1468: in questi anni fu anche vicepretore di Bologna – ove si ammalò di terzana – e forse podestà di Imola. Fu poi capitano di Todi nel 1471, per nomina di Paolo II, podestà di Cremona l’anno successivo, e vicepodestà di Città di Castello tra 1473 e 1474, quando la città era governata da Campano. Si trovò dunque a Città di Castello al momento dell’intervento in armi di Federico di Urbino contro Niccolò Vitelli, episodio descritto nella cronaca latina De obsidione Tiphernatum.
Pubblicato per la prima volta a Città di Castello nel 1538 (per Antonium Mazochium Cremonensem & Nicolaum Guccium Cortonensem calchographos), il De obsidione Tiphernatum è il resoconto dell’assedio della città a opera delle truppe pontificie, chiamate a sedare la rivolta guidata da Niccolò Vitelli, che rifiutava di sottomettersi al papa e sosteneva i dissidenti di Todi e Spoleto, contando anche sul tacito sostegno di Firenze, Napoli e Milano. Falliti i tentativi di mediazione di Giuliano della Rovere, Sisto IV ricorse a Federico da Montefeltro, nominato duca proprio in questa occasione, il quale riuscì a ristabilire il potere della Chiesa. Il racconto di Orsi, in linea con le posizioni espresse da Campano in alcune epistole, esalta le capacità politiche e militari di Vitelli, nonché le virtù dei tifernati, contro l’ingerenza romana.
Dopo la caduta di Città di Castello Campano si trasferì a Siena, dove sperava lo raggiungesse anche Orsi, che tuttavia preferì rientrare in patria. Nel 1478 fu eletto giudice della Mercanzia a Firenze, occasione che gli permise di diventare membro dell’Accademia neoplatonica. Nominato consigliere di Roberto Malatesta, cui aveva dedicato il De obsidione Tiphernatum, fu inviato come suo rappresentante a Venezia nel 1481. Proseguì quindi l’attività di consigliere anche sotto Pandolfo Malatesta, ma l’amicizia con il tutore di questo, Galeotto Malatesta, poi accusato di aver congiurato contro il signore, lo costrinse ad abbandonare la corte agli inizi degli anni Novanta.
Conclusa l’esperienza pubblica continuò a dedicarsi alla poesia latina, come testimonia l’epitaffio per la morte di Antonio Costanzo (morto a Fano nel 1490) vergato in conclusione di un incunabolo della Summa angelica di Angelo da Chivasso pubblicata a Venezia nel 1492 (Roma, Biblioteca Angelica, Incunabuli 212). La maggior parte dei suoi testi poetici, databili tra 1450 e 1480, è invece raccolta in una silloge, divisa in Elegiarum libri duo (contenenti rispettivamente 23 e 21 elegie) ed Epigrammatum libri duo (135 e 124 epigrammi), conservata in numerosi testimoni manoscritti, di cui uno appartenuto ad Apostolo Zeno. Un epigramma dedicato a Paolo Marso è pubblicato nell’introduzione al volume dei Fasti ovidiani edito nel 1485 (Libri fastorum cum commentariis Pauli Marsi Piscinatis, Venetiis, per Antonium Bactivorum); altri versi sono inseriti da Gaspare Broglio nella sua Cronaca universale, detta anche Cronaca malatestiana, l’autografo della quale si conserva a Rimini (Biblioteca civica Gambalunga, Sc-Ms 1161, c. 178v).
Come dimostrano anche i suoi componimenti poetici, ebbe legami di amicizia con alcuni fra i maggiori umanisti del tempo: Tito Vespasiano Strozzi, Guido Postumo, Giovanni Antonio Pandoni detto ‘il Porcellio’, e con le figure più rappresentative delle corti di Rimini (Basinio Basini, Roberto Valturio, Tobia Borghi, il pittore e miniatore Giovanni da Fano) e di Firenze (Naldo Naldi, Gian Mario Filelfo, Marsilio Ficino); è inoltre ricordato da Lorenzo Astemio nella lettera introduttiva alle Fabulae esopiane stampate nel 1495 e in un’epistola di Giovanni Antonio Campano.
Il 2 maggio 1496 fece testamento per mano del notaio Matteo Lazzarini, lasciando erede universale il figlio Galeotto.
Non si conosce la data precisa della sua morte.
Opere: Gli Elegiarum libri duo ed Epigrammatum libri duo si leggono nei seguenti manoscritti: Roma, Biblioteca Angelica, ms. 1337 (testo forse autografo, certamente il più completo della serie: E. Narducci, Catalogus codicum manoscriptorum praeter graecos et orientales in Bibliotheca Angelica olim Cenobi Sancti Augustini de Urbe, I, Roma 1893, pp. 559 s.); Bologna, Biblioteca universitaria, 1163; Rimini, Biblioteca civica Gambalunga, Sc-Ms 1251; Firenze, Biblioteca nazionale, Magliabechiano VII.1200; Biblioteca apost. Vaticana, Ottoboniano latino 2868 e Vaticano latino 2863 (contenente però solo il primo libro delle Elegie); Siviglia, Biblioteca Capitular y Colombina, 7-1-8; Londra, British Library, Add. 10414 (il codice appartenuto ad Apostolo Zeno). Altri componimenti poetici si leggono nei seguenti manoscritti: Biblioteca apost. Vaticana, Ottoboniano latino 2863, cc. 28r-29r; Bologna, Biblioteca universitaria, 2948, vol. 8, c. 380v; Biblioteca dell’Archiginnasio, B4214, c. 141v; Cesena, Biblioteca malatestiana, S.XXIX.19, c. 121v; Ferrara, Biblioteca Ariostea, I.397, cc. 4v-14r; Modena, Biblioteca Estense, Lat. 1080, cc. 48-49; Lat. 1096, cc. 28-32; Napoli, Biblioteca nazionale, V.C.39, c. 396; Ravenna, Biblioteca classense, 203, cc. 107-109; Venezia, Biblioteca Marciana, Lat. XIV.221, cc. 53 ss.; IX.255, c. 15; Berlino, Staatsbibliothek, Lat. qu. 488, cc. 30v-32. Una lettera agli Ufficiali dello Studio è conservata presso l’Arch. di Stato di Firenze, Arch. della Repubblica, Lettere varie 6, c. 46. Del De obsidione Tiphernatum si conserva un unico manoscritto del XV secolo (Rimini, Biblioteca civica Gambalunga, Sc-Ms 12); sono andati invece perduti i due manoscritti, uno dei quali forse autografo, usati da Magherini Graziani per la sua edizione: De Obsidione Tiphernatum liber (A. MCCCCLXXIV), a cura di G. Magherini Graziani, Bologna 1922 (RIS XXVII.3, f. 189). Il testo era già stato edito da G.M. Tartini nelle giunte a L.A. Muratori, Rerum italicarum scriptores ab anno aerae christianae millesimo ad millesimum sexcentesimum quorum potissima pars nunc primum in lucem prodit ex Florentinarum bibliothecarum codicibus, II, Firenze 1752, coll. 671-718; della cronaca esiste anche una traduzione italiana: Dell’assedio di Citta di Castello, trad. di E. Mannucci, Perugia 1866.
Fonti e Bibl.: Fabulae ex graeco in latinum per Laurentium Vallam virum clarissimum versae. Fabulae ex graeco in latinum per Laurentium Abstemium virum clarissimum versae,Venetiis, per magistrum Ioannem de Cereto de Tridino, 1495; G.A. Campano, Epistolae et poemata, una cum vita auctoris. Recensuit Jo. Burchardus Menckenius, Leipzig 1707, p. 283; A. Zeno, Dissertazioni vossiane di Apostolo Zeno cioè giunte e osservazioni intorno agli storici italiani che hanno scritto latinamente, rammentati dal Vossio nel 3. libro «De historicis Latinis», I, Venezia 1752-53, p. 171; A. Battaglini, Della corte letteraria di Sigismondo Pandolfo Malatesta Signor di Rimino commentario, in Basini Parmensis Opera praestanti ora nunc primum edita et opportunis commentariis inlustrata, II.1, Rimini 1794, pp. 189-198; V. Bini, Memorie istoriche della perugina università degli studj e dei suoi professori, Perugia 1816 (rist. anast., Bologna 1977), p. 311; C. Tonini, La coltura letteraria e scientifica in Rimini dal sec. XIV ai primordi del XIX, I, Rimini 1884, pp. 138-152; E. Narducci, Di un epigramma inedito di R. O. in lode della invenzione della stampa in Germania e de’ miglioramenti recatile dagl’Italiani, in Il Bibliofilo, VII (1886), p. 6; C. Tonini - A. Pecci, Ancora dell’invenzione della stampa secondo R. O., e il commentario dell’assedio dei Tifernati, ibid., pp. 69 s.; V. Zabughin, Giulio Pomponio Leto. Saggio storico, I, Roma 1909-12, p. 101; G. Magherini Graziani, Introduzione, in R. Ursi, De Obsidione Tiphernatum liber (A. MCCCCLXXIV), Bologna 1922, pp. XXVI-XXXII; R. Sabbadini, Di un codice bolognese di casa Marescotti, in Rendiconti del R. Ist. lombardo di scienze e lettere, LIX (1926), pp. 1-8; P.O. Kristeller, Supplementum Ficinianum, II, Firenze 1937, pp. 266, 311, 347; F.J.C. Richards, The poems of Galeatius Ponticus Facinus, in Studies in the Renaissance, VI (1959), pp. 94-128: 108; M.T. Graziosi Acquaro, Petri Odi Montopolitani Carmina nunc primum e libris manu scriptis edita, in Humanistica Lovaniensia, XIX (1970), pp. 7-113: 35 s.; P. Cherubini, Giacomo Ammanati Piccolomini: libri, biblioteca e umanisti, in Scrittura, biblioteche e stampa a Roma nel Quattrocento, Atti del 2° seminario… 1982, a cura di M. Miglio, con la collab. di P. Farenga - A. Modigliani, Città del Vaticano 1983, pp. 175-256: 206 n. 98; A. Mercati, L’assedio di Città di Castello (1474) narrato da un umanista: il «De obsidione Tiphernatum» di R. O. da Rimini, in Pagine Altotiberine, XI (2000), pp. 69-90; I. Pantani, «La fonte d’ogni eloquenzia». Il canzoniere petrarchesco nella cultura poetica del Quattrocento ferrarese, Roma 2002, pp. 318 s.