Umanista (Rimini 1405 - ivi 1475). Buon conoscitore del latino e del greco, spaziava spesso in altri campi della cultura. La sua fama è infatti legata soprattutto ai 12 libri De re militari, composti tra il 1446 e il 1455, che costituiscono un ampio trattato sulla institutio del condottiero e su ogni aspetto della milizia e della guerra.
Appartenente a una famiglia di notai, grammatici, cancellieri e letterati, della quale sono da ricordare il padre Abramo (Cicco), originario di Macerata Feltria, il fratello Jacopo e i figli di questo Carlo e Manfredo. Magister, poi doctor artium, fu lettore di retorica e poesia nello Studio di Bologna (1427-37), poi per un decennio scrittore della cancelleria pontificia, infine, dal 1446 fino alla morte, consigliere del signore di Rimini Sigismondo Pandolfo Malatesta e del figlio Roberto. Partecipò alla vita cittadina e vi godette alto prestigio, dovuto alla sua cultura e alla sua posizione nella corte malatestiana, fino a essere detto "rei publicae Ariminensis pater". Roberto Malatesta gli dette sepoltura tra i dotti e i poeti in una delle tombe illustri del fianco destro del Tempio Malatestiano.
La sua opera principale, De re militari, dedicata a Sigismondo, benché in sostanza sia una compilazione filologico-antiquaria sulle fonti classiche, costituisce una testimonianza della vita e cultura umanistica e artistica della corte di Rimini nel momento del suo maggiore splendore. Altro aspetto caratteristico è il corredo di disegni di macchine da guerra e di operazioni e apparati militari, che appaiono in quasi tutti i manoscritti dell'opera e costituiscono un problema artistico ancora aperto (l'attribuzione al veronese Matteo de' Pasti è solo un'ipotesi). I disegni servirono poi di modello alle bellissime xilografie delle prime edizioni (Verona 1472, 1483). L'opera ebbe anche una versione italiana del riminese Paolo Ramusio (stampata anch'essa a Verona nel 1483) e nel sec. 16º fu ancora ristampata in Francia nel testo latino (1532, 1534) e in una traduzione di Loys Meigret (1555). Tra gli altri scritti umanistici di V., di minore importanza o di incerta attribuzione, è notevole l'epistola a Maometto II che accompagnò una missione di Sigismondo Malatesta al sultano. Ma la sua figura culturale prende rilievo anche dai suoi rapporti con altri umanisti, quali Poggio Bracciolini e Ciriaco d'Ancona, oltre che con quelli che con lui resero illustre la corte di Rimini, come Basinio di Parma e Roberto Orsi; e forse più ancora dalla sua biblioteca, che lasciò per testamento a quella del convento di S. Francesco (Tempio Malatestiano), già beneficiata dal suo signore; quasi totalmente scomparsa nel sec. 17º, ne rimangono solo alcuni preziosi manoscritti.