MOROSOLI, Robustiano. –
Nacque a Pisa il 24 maggio 1815 da Francesco, avvocato e possidente, e da Clarice Mazzoni.
Allievo di Giovanni Carmignani presso l’Università di Pisa, dopo la laurea in giurisprudenza si dedicò alla professione forense, prima nell’ambito del diritto penale e poi di quello civile, proseguendo l’attività dello studio legale paterno, tra i più noti della città, tanto da aver avuto tra i propri clienti anche George Byron, durante il suo soggiorno pisano.
Come avvocato si concentrò in particolare sul diritto patrimoniale e successorio, annoverando tra la sua clientela numerose famiglie aristocratiche alle prese, alla metà del secolo, con il mutamento di legislazione, la fine del maggiorascato e la frantumazione delle ingenti proprietà terriere. Le sue competenze giuridiche spinsero il Consiglio comunitativo di Pisa ad affidargli negli anni Quaranta, nell’ambito della riorganizzazione urbanistica della città, il compito di trattare gli indennizzi e i risarcimenti con i proprietari degli immobili cittadini.
Nella fase di riforme costituzionali che interessò il Granducato di Toscana tra il 1846 e il 1848 si collocò tra i liberali moderati. Concesso da Leopoldo II lo Statuto nel 1848, divenne gonfaloniere del Comune di Bagni di San Giuliano (l’attuale San Giuliano Terme), presso Pisa, e sempre per il compartimento di Bagni di San Giuliano fu eletto deputato al Consiglio generale toscano. Scelto tra i segretari del Consiglio generale, si schierò a Destra, tra i conservatori costituzionali, opponendosi al progressivo slittamento verso posizioni democratiche dell’assemblea ed entrando in aperto contrasto con Francesco Domenico Guerrazzi sulla gestione delle finanze dello Stato.
Appoggiò la 'giornata' controrivoluzionaria del 12 aprile 1849, che portò all’abbattimento del governo Guerrazzi e al richiamo del granduca, nella speranza che fosse possibile mantenere un governo costituzionale. Formatesi le commissioni provvisorie per gestire la delicata fase transitoria, entrò a far parte come segretario di quella pisana. Nel 1850 fu eletto al Consiglio della Comunità civica di Pisa con 731 voti, risultando il terzo degli eletti. Dal 1850 al 1854 fece parte della deputazione generale dell’Amministrazione dei fiumi e fossi. Sempre nel 1850 fu nominato commissario regio della Banca di sconto pisana, carica che mantenne anche dopo l'istituzione della Banca nazionale toscana. Nel 1854 fu nominato dal granduca tra i priori di Pisa e in quello stesso anno fu tra i promotori insieme a Francesco Ruschi, a Luigi Serristori, al conte Andrea Agostini della Seta e all’avvocato Angelo Del Punta, della Cassa di credito fondiario di Pisa, pensata come braccio finanziario per le iniziative di innovazione agricola degli stessi proprietari terrieri.
Gli anni della restaurazione granducale segnarono il pieno inserimento di Morosoli nella cerchia ristretta dell’élite pisana, che, come la maggioranza dei moderati e dei conservatori toscani, propugnava l'adozione di un principato costituzionale – ovvero una monarchia con forme di rappresentanza consultiva – che sancisse la loro piena autonomia e la leadership anche a livello politico, garantendo al contempo l’ordine e la sicurezza contro ogni eventuale sussulto democratico o popolare.
La rivoluzione pacifica dell’aprile 1859 che portò alla cacciata definitiva dei Lorena non lo trovò impreparato. Al contrario fu in prima fila a Pisa, insieme a Giovan Battista Toscanelli, nelle manifestazioni antigranducali, esprimendosi, già negli ultimi giorni di aprile, a favore dell’annessione. Il rapido riallineamento gli garantì l’elezione sia alla Consulta di Stato convocata dal governo provvisorio toscano, sia all’Assemblea toscana che proclamò l’annessione al Regno di Sardegna e gli valse la croce di cavaliere dell' Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro concessagli da Vittorio Emanuele II in visita in Toscana.
A dare ulteriore forza alla sua posizione patriottica contribuì la sua difesa di Atanasio Bracci-Cambini, patriota garibaldino ed ex frate, nella causa con il fratello Nemesio per riacquistare la propria parte del patrimonio familiare. L'azione legale, che si concluse con la vittoria di Morosoli, ebbe una notevole pubblicità anche per l’intersecarsi alle questioni di diritto dei sentimenti patriottici e anticlericali.
Ormai saldamente inserito nella 'consorteria' moderata toscana, negli anni Sessanta e Settanta ebbe molti incarichi politici e amministrativi. Nel 1860 fu eletto consigliere comunale di Pisa e, in un’elezione suppletiva, dopo la rinuncia di Pietro Bastogi, entrò alla Camera dei deputati per il collegio di Vico Pisano, che rappresentò fino al 1876. Nel 1864 fu eletto presidente della Giunta promotrice della società per la costruzione del nuovo teatro di Pisa, di cui faceva parte il gotha pisano, da Giuseppe Toscanelli a Francesco Ruschi a Ranieri Simonelli. L’anno successivo fu eletto nel Consiglio provinciale di Pisa.
Non particolarmente assiduo alla Camera dei deputati, fece parte del gruppo parlamentare toscano. Nella 'rivoluzione parlamentare' del 1876 sostenne Minghetti, rimanendo quasi completamente isolato dal resto della deputazione toscana, tanto da decidere di non ricandidarsi alle elezioni successive. Nel novembre 1876, tuttavia, grazie all’amicizia personale con Agostino Depretis, fu nominato senatore. Nel 1878 venne eletto presidente del Consiglio provinciale di Pisa, carica che mantenne fino al 1892, quando decise di rinunciarvi per motivi di salute, pur restando, fino alla morte, consigliere.
In una serie di pamphlets, pubblicati tra il 1892 e il 1895, accentuò le sue posizioni conservatrici. Richiamandosi alle coeve riflessioni di Ruggiero Bonghi, di fronte alla crisi politica e sociale italiana auspicava ce un principe riformatore che facesse direttamente appello al popolo, sospendendo gli istituti rappresentativi.
Le posizioni antiparlamentari e bonapartiste lo portarono a individuare in Francesco Crispi lo statista in grado di assicurare al Paese il governo forte e le riforme amministrative di cui, a suo parere, necessitava. Deluso dal fallimento della politica crispina, dedicò la propria attività alla difesa degli interessi della provincia di Pisa concentrandosi sulla necessità di infrastrutture che fossero in grado di sviluppare l’agricoltura e il commercio della zona dei Monti pisani. Rivolse gli ultimi interventi pubblici, all’inizio del Novecento, ai rapporti tra Stato e Chiesa e, coerentemente con le sue posizioni conservatrici, auspicò una riconciliazione che facesse della religione cattolica e delle gerarchie ecclesiastiche un pilastro dell’ordine sociale, garantendo allo stesso tempo l’autorità spirituale e l’autonomia del papato.
Morì nella villa di famiglia, in cui si era ritirato negli ultimi anni di vita, a Ripafratta, frazione di Bagni di San Giuliano, il 12 agosto 1904.
Opere: Del riordinamento amministrativo nel Regno d'Italia, Pisa 1892; Studio di diritto costituzionale intorno alla formula che nel reggimento parlamentare il re regna e non governa, ibid. 1893; Ancora del riordinamento amministrativo e dei poteri eccezionali in Italia, ibid. 1894; Della costituzione politica in Italia e della riforma amministrativa, ibid. 1895; Intorno al potere temporale del pontefice di fronte alla religione cristiana e all'Italia costituita in nazione, ibid. 1902; Ancora intorno al potere temporale del pontefice di fronte alla religione cristiana e alla Italia costituita in Nazione, ibid. 1903.
Fonti e Bibl.: Le carte di Morosoli, riguardanti prevalentemente la sua attività di avvocato, sono conservate presso l’Arch. di Stato di Pisa, Fondo Giovanni Cuppari, Carte dello studio legale Morosoli; documentazione relativa alla sua attività politica e amministrativa è inoltre rinvenibile Ibid., Archivio storico dell'amministrazione provinciale (sul quale si rinvia all'inventario dattiloscritto a cura di P. Frangioni - S. Guiati, Pisa 2003) e in Atti parlamentari, Camera dei deputati, Discussioni - Documenti , legislature VII-XII (1860-76), ad indices; legislature XIII- XXI (1876-1904), ad indices. Su M. si vedano: A. Salvestrini, I moderati toscani e la classe dirigente italiana: 1859-1876, Firenze 1965, ad ind.; R. P. Coppini, L' opera politica di Cambray- Digny, sindaco di Firenze capitale e ministro delle finanze, Roma 1975, ad ind.; A. Volpi, Banchieri e mercato finanziario in Toscana, 1801-1860, Firenze 1997, ad ind.; M. Manfredi, Politica e rappresentanza nella Toscana granducale: note sulle elezioni municipali nel compartimento di Pisa, Pisa 2003, ad ind.; D. Barsanti, Pisa nel Risorgimento: politica ed amministrazione dal 1814 al 1861, Pisa 2004, ad ind.