ROCAVECCHIA
Centro fortificato messapico della costa adriatica nel comune di Melendugno (Lecce), di cui è ignoto il nome antico. L'attuale toponimo, diffuso anche nella versione «Roccavecchia» e «Roca», non sembrerebbe derivare dalla torre del XIV sec. edificata da Gualtiero di Brienne e detta «La Roche», in quanto esso già compare in documenti di età precedente: più probabile pare un'etimologia legata a roghe/rogas, pietra, dovuta alla presenza di pietrame, relativo sia alle vestigia della città antica sia alla natura carsica della località.
Le prime notizie sulla fase antica di R. sono nel De situ Iapygiae di A. de Ferraris detto il Galateo (1482), mentre i primi scavi risalgono al 1928, e sono proseguiti a più riprese fino a oggi.
Si conosce l'impianto della città messapica, definito dalla notevole cinta muraria di tipo greco, preceduto probabilmente da un insediamento costiero protostorico (frammenti ceramici di impasto dalla penisola del Castello e dalla vicina area di Grotta Poesia Grande). Il muro di fortificazione con torri rettangolari, che presenta analogie con quello di Muro Leccese e Vaste, è realizzato in blocchi squadrati di calcare tenero posti alternatamente di testa e di taglio; delle due porte note, quellá settentrionale, prossima al mare, è del tipo a tenaglia, mentre quella meridionale è caratterizzata dallo sfalsamento dell'apertura interna rispetto a quella esterna. Le mura, protette all'esterno da un doppio fossato, descrivono un poligono aperto lungo l'attuale linea di costa, caratterizzata da una penisoletta, e racchiudono, con uno sviluppo di quasi 1400 m, un'area di circa 30 ha.
Le fortificazioni, che hanno obliterato una sepoltura di IV sec. a.C., sono tra le più accurate del Salerno, sia nella pianta sia nella realizzazione e rivelano esigenze di protezione o comunque un intento difensivo riferibile alla seconda metà del IV o all'inizio del III sec. a.C.
Ai lati della penisola si trovavano due impianti portuali che connotano il carattere mercantile dell'abitato; questo era collegato al complesso sistema viario che univa le città messapiche dell'interno ai relativi porti; dall'approdo di R. provenivano probabilmente le ceramiche di produzione greca di VIII-VI sec. a.C. rinvenute a Cavallino.
In età romana R. è toccata dal prolungamento detto «Calabro» della Via Traiana, tracciato che riprende in parte quello precedente: a questo sembrerebbe riferirsi il miliario costantiniano rinvenuto a R. e riutilizzato come mortaio in età medievale.
Tracciati viarî sono stati evidenziati anche all'interno della città; tra questi un tratto orientato E-O nell'area della cappella della Madonna di Roca, con edifici, tombe, canali e un pozzo pubblico con frammenti ceramici del IV sec. a.C.
Tra il materiale architettonico si distinguono alcune sime di terracotta dipinta di fine VI-inizî V sec. a.C., pertinenti probabilmente a un edificio pubblico.
L'area sepolcrale di IV-III sec., nella zona SE interna alla cinta muraria, si dispone secondo un'organizzazione razionale dello spazio e si compone di tombe a fossa scavate nel banco roccioso e ricoperte da più lastroni affiancati. Alcune presentano all'interno un rivestimento di calce bianca con decorazioni a fasce rosso-brune; il materiale d'accompagno è formato da ceramiche di produzione apula e di provenienza greca (museo di Lecce). Un forno di vasaio con resti di oinochòai baccellate e ceramica a vernice nera era collocato nel tratto antistante la necropoli.
Un gruppo di cinque tombe è ricoperto da un'edicola orientata NE-SO, di cui si conserva il primo filare di blocchi rettangolari che formano una muratura pseudoisodoma, cavati nelle immediate vicinanze. L'edificio è stato ipoteticamente interpretato come una costruzione di carattere funerario, un naìskos ellenistico, simile a quelli rappresentati sui vasi apuli: segno, insieme alla regolare pianificazione dell'area funebre - di solito in ambito indigeno non precisamente distinta dall'abitato - della profonda ellenizzazione raggiunta in questo periodo da alcuni centri messapici sotto l'influenza di Taranto e di Dionisio il Giovane di Siracusa.
Proprio questo carattere «ellenico» di R., suggerito dalla necropoli, dalle accurate fortificazioni e dall'area inse- diativa più limitata e compatta rispetto agli altri centri messapici, e sottolineato dalla sua natura di scalo commerciale - è l'unico altro porto sull'Adriatico oltre Brindisi e Otranto - ha indotto a identificarla, in via ipotetica, con uno dei due centri costieri adriatici voluti da Dionisio II a difesa dei traffici marittimi (Diod. Sic., XV, 59).
Secondo un'altra ipotesi, R. corrisponderebbe invece al Portus Tarentinus menzionato da Plinio (Nat. hist., III, 11-101), inserito nelle rotte di cabotaggio della penisola salentina e sorto a difesa degli interessi commerciali e marittimi di Taranto, oltre che come risposta all'influenza romana nel Salento.
Nel 1983 è avvenuta la scoperta di un notevole complesso sacrale in grotta, noto come Grotta Poesia, forse trasformazione di una denominazione di origine greca (Prodosia). Questa, dislocata lungo la costa rocciosa tra R. e Torre dell'Orso, si compone di una sorgente e tre ambienti comunicanti, un tempo interamente percorribili, ai quali si accedeva tramite i gradoni rocciosi presso l'antica linea di costa, e attualmente invasa dal mare. Sulle pareti si estende, per un'area di circa 600 m2, un fitto intrecciarsi di iscrizioni e segni figurativi.
I testi, di carattere religioso popolare e ancora in fase di studio, sono redatti in lingua messapica e in latino, mentre è in greco una sola iscrizione. I disegni (mani, animali schematici, segni geometrici) sono stati confrontati con le figurazioni preistoriche della Grotta dei Cervi di Porto Badisco e con le pitture di un riparo in Albania nel distretto di Valona.
La Grotta San Cristoforo, anch'essa a S della città (Torre dell'Orso), presenta a sua volta iscrizioni e raffigurazioni votive greche, messapiche e latine che dalla metà del IV sec. a.C. giungono sino al XII sec. d.C.
Della dominazione romana sulla città, oltre le iscrizioni in grotta, non rimane quasi traccia (monete romano- campane e imperiali).
L'insediamento medievale, incentrato sulla penisola, di cui si riconoscono, oltre alla torre, un fossato, abitazioni in grotta e la necropoli, venne distrutto da Carlo V nel 1544 nel timore che diventasse un covo di pirati.
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