SILICEE, ROCCE
Con questo nome si indica un gruppo di rocce essenzialmente formate da silice anidra o idrata nelle sue rispettive forme di quarzo, di calcedonio o di opale. Esse hanno origini, e quindi anche strutture, molto differenti; i caratteri che meglio si prestano al loro riconoscimento consistono nella loro elevata durezza, compresa fra 6 e 7 e nella loro resistenza agli acidi, ad eccezione del fluoridrico che le decompone in modo completo. Si hanno rocce silicee di origine fisico-chimica, cioè dovute a deposito diretto o indiretto da acque contenenti in soluzione silice o silicati poco stabili; altre invece sono di origine organogena e derivano dall'accumularsi di spoglie di organismi vegetali o animali a guscio siliceo; altre sono di origine frammentaria, cioè derivano dall'accumularsi di materiali siliceo-quarzosi dovuti alla degradazione delle masse continentali, e altre infine si presentano come intercalazioni ricche di quarzo comprese in rocce scistose come micascisti, gneiss, ecc., rappresentando quindi semplici concentrazioni di questo minerale in dette rocce. Il più tipico esempio di rocce silicee di origine idrotermale è rappresentato dai depositi di opale geyserite che, sotto forma di piccoli conetti, si formano intorno alle bocche dei geyser e di qualche altra sorgente silicea. Tale deposito è dovuto al fatto che la silice, SiO2, specialmente quando è di fresca formazione, è discretamente solubile nell'acqua calda, depositandosi invece completamente a freddo; e poiché le acque geyseriane hanno, quando sboccano, temperature prossime a 100°, ne consegue che, mentre sono capaci di tenere disciolta in tali condizioni una notevole quantità di silice - proveniente da reazioni termiche profonde - al loro passaggio alla temperatura ordinaria la cedono quasi integralmente sia per l'abbassamento di temperatura sia per il grande aumento di concentrazione da esse subito in causa della rapida evaporazione. Queste geyseriti però hanno sempre uno sviluppo molto limitato.
Molto frequenti e diffuse sono le rocce silicee organogene che si formano come conseguenza dell'esistenza in certe zone marine e anche in talune acque dolci, di organismi animali e vegetali a guscio siliceo, radiolarî e diatomee.
L'esistenza di questi organismi silicei si spiega facilmente quando si tenga conto che la silice, anche nelle ordinarie condizioni di temperatura e di pressione, è leggermente solubile nell'acqua e che quindi può dalle sue soluzioni essere assorbita dai predetti organismi. Alle rocce silicee organogene appartengono il tripoli, la terra di infusorî, la farina fossile, i diaspri, le ftaniti, gli scisti a radiolarî e gli scisti silicei diasprigni. Queste rocce però, pur avendo molta affinità di origine, presentano caratteri assai differenti. Il tripoli è in masse bianche o grigiastre, porose e leggiere, dovute all'accumularsi di spoglie di radiolarî e di diatomee: giacimenti importanti si hanno in Italia alla base delle formazioni gessoso-solfifere della Romagna e della Sicilia. Al tripoli si collegano tanto la terra a infusorî quanto la farina fossile, derivanti da accumuli incoerenti di spoglie di radiolarî o di diatomee; a quest'ultimo tipo appartiene la farina fossile di Santa Fiora in Toscana nota sotto il nome di fiorite. Le altre suaccennate rocce organogene silicee differiscono dal tripoli per la grande compattezza e tenacità che posseggono e anche per qualche altra loro particolarità. I diaspri (v. calcedonio; diaspro) presentano come carattere fondamentale che in essi la silice idrata iniziale ha subito una più o meno avanzata disidratazione, passando in tal modo a calcedonio; essi poi sono spesso inquinati da grandi quantità di ossidi metallici e di minerali variamente colorati, per cui assumono colorazioni differenti ma spesso vivacissime; nella loro massa poi, sebbene essa sia spesso profondamente modificata, si possono sempre vedere le tracce degli organismi preesistenti. A causa delle loro belle tinte e della loro tenacità i diaspri vengono adoperati come pietre ornamentali e in Italia se ne hanno varietà molto pregiate in Toscana, Liguria e Sicilia. Le ftaniti sono ancora diaspri che differiscono specialmente per il loro colore scuro e talvolta anche nero; anch'esse, quando sono levigate, assumono al pari dei diaspri una bella pulitura. Gli scisti diasprigni a radiolarî si avvicinano per i loro caratteri ancora ai diaspri, differendone però per la loro struttura scistosa; esempî interessanti si hanno nelle Alpi piemontesi e delfinesi, al Monginevro e in Lucania. Sono anche a questo proposito da ricordare i noduli di selce piromaca che si notano in varî calcari ricchi di organismi silicei. Analoghi a queste sono i cosiddetti scisti molari o selci molari, così chiamati dal loro uso, che derivano dalla decalcificazione di calcari siliciferi, donde la loro struttura vacuolare.
Il principale gruppo di rocce silicee di origine frammentaria è rappresentato dalle arenarie quarzose che sono da considerare semplicemente come sabbie quarzose autocementate. La grande prevalenza del quarzo nelle sabbie si spiega facilmente per il fatto che fra i varî componenti delle rocce cristalline quarzifere il quarzo presenta una resistenza alla frantumazione e alle azioni fisico-chimiche terrestri superiore a quella degli altri minerali delle dette rocce. Ne consegue quindi che in seguito ai fenomeni di degradazione meccanica e chimica il quarzo tende gradualmente a concentrarsi, per modo che, a una certa distanza dalla regione di origine, i detti prodotti finiscono per essere essenzialmente e prevalentemente costituiti da quarzo, avendosi quindi per posteriore cementazione la formazione della arenarie quarzose.
In molte regioni e in modo speciale nelle Alpi Occidentali, tanto sul versante italiano quanto su quello francese, si hanno potenti formazioni di rocce silicee indicate col nome generico di quarziti. Queste rocce presentano una struttura scistoso-stratificata; esaminate al microscopio risultano costituite da un finissimo aggregato di granuli di quarzo a spigoli vivi intrecciati gli uni negli altri, spesso senza traccia di cemento interposto in modo da assumere una vera struttura articolata. Per cui, in certi casi, come nella itacolumite del Brasile, la roccia presenta una notevole flessibilità quando è tagliata in lamine o in prismi. L'origine di dette quarziti è tuttora discussa perché, mentre taluni autori le considerano puramente come arenarie metamorfosate o come rocce organogene che abbiano subito anch'esse una completa trasformazione perdendo tanto in un caso quanto nell'altro i loro caratteri originarî, altri autori invece le considerano come rocce di origine fisico-chimica o idrotermale che abbiano gradatamente assunto il carattere di rocce quarzose da quello iniziale di masse di opale e che la loro struttura a intreccio si sia appunto manifestata durante tale passaggio in conseguenza della contrazione di volume da esse subita. Molto note le quarziti di Barge (Cuneo) dette bargioline che si dividono facilmente in lastre e sono usate per materiale da costruzione.