Mozzi, Rocco (o Rucco, Ruco) de'
Sarebbe, per l'Ottimo, il Buti e altri, l'anonimo suicida che, trasformato in cespuglio nel secondo girone del settimo cerchio dell'Inferno (If XIII 123 - XIV 3), risponde alla domanda: Chi fosti? di Virgilio, dicendosi cittadino di Firenze sconvolta in perpetuo dall'ira diabolica di Marte e, quasi di riflesso, finito suicida nelle proprie case per impiccagione.
Di questo Rocco, figlio di quel Cambio che formò la fortuna del banco dei M., nato, si presume, non più tardi del 1233 e attestato nei registri di Firenze solo nel 1267, e in seguito, a larghi intervalli, nel '72, nel '76, un'ultima volta nell'85, sappiamo oggi da uno studio di R. Kay che è dato per morto in un atto del 1292, e che nel decennio 1253-1263 partecipò a diciassette operazioni di affari in Inghilterra e a due altre, nel '62, in Francia. Ciò parrebbe avvalorare la chiosa dell'Ottimo circa la dimora del M. in Parigi nell'ultimo periodo di sua vita, e suggerire quale movente del suicidio, se non la rovinosa dissipatezza di cui parlano l'Ottimo e altri, le catastrofiche disavventure dei M. come di tutte le ditte italiane in Inghilterra e in Francia, rispettivamente negli anni 1290 e 1291 (cfr. Davidsohn, Storia II II 506-508, 518-519): non dunque il sempre citato fallimento posteriore al 1300.
Ma i nuovi dati proposti dal Kay non sono punto decisivi per l'identificazione del M. col suicida dantesco anzi, in definitiva, la infirmano se si accetta la versione dell'Ottimo che il M. si tolse la vita a Parigi: poiché il plurale mie case del v. 151 è senza dubbio da connettere all'abitato fiorentino, che ne risulta in certo modo sinistramente contagiato e contagiante. Né può bastare a codesta identificazione l'uso, nello stesso verso, del termine gibetto (o giubbetto), dal francese gibet, che parrebbe naturale sulla bocca di un finanziere e mercante in stretti rapporti con la Francia.
Più validi argomenti si adducono a favore dell'altro candidato in titolo, il giurista Lotto degli Agli proposto da Graziolo, dal Lana e dall'Anonimo. Ma ormai si conviene da tutti che il testo non offre appigli di sicura evidenza all'individuazione del suicida fiorentino, e che il silenzio, certo intenzionale, sul nome mira a coinvolgere il peccatore - quale egli sia - nella tragedia della città (" in que' tempi, scrive il Boccaccio, quasi come una maladizione mandata da Dio nella città nostra, più se ne appiccarono ") riassunta icasticamente nell'emblema patibolare del verso di chiusa.
Bibl. - G. Masi, Fra savi e mercanti suicidi del tempo di D., in " Giorn. d. " XXXIX (1938); F. Neri, Il suicida fiorentino, in " Studi Medievali " n.s., II (1929); e v. le letture di G. Cavazzuti (Modena 1906), F. D'Ovidio (in Nuovi studi danteschi, Milano 1907); S. Aglianò (in " Studi d. " XXXV [1955] 143-186), L. Spitzer (in Lett. dant. 223-248), E. Bonora (in " Cultura e Scuola " 13-14 [1965]), U. Bosco (in D. vicino, Caltanissetta-Roma 1966, 255 ss.), E. Paratore (in Atti del Convegno di studi su ‛ D. e la Magna Curia ', Palermo 1967, 250-263; rist. in Tradizione e struttura in D., Firenze 1968, 221 ss.); e inoltre R. Kay, Rucco di Cambio de' M. in France and England, in " Studi d. " XLVII (1970) 49-57.