ROCOCÒ
Secondo una terminologia analogica, mirante ad istituire delle equipollenze fra fenomeni artistici e culturali in epoche diverse, tale termine fu riferito da W. Klein ad una fase dell'ellenismo cronologicamente collocabile fra il III e il I sec. a. C. Ulteriore evoluzione del barocco il r. e caratterizzato da un linguaggio decorativo ed ornamentale e rappresenta quindi, per questo suo aspetto, una specie di manierismo (v.). In età antica esso nasce, secondo il Klein, da una reazione al pàthos del "barocco" - come egli chiama la precedente fase dell'ellenismo, contrassegnata da una magniloquenza espressiva - e costituisce un trapasso allo "stile impero" che, sempre secondo le sue definizioni traslate, sarebbe la successiva corrente di gusto classicista. Tali rigide partizioni, e soprattuuo questo impiego di concetti parafrasati, che pure in un primo ordinamento della materia, hanno approssimato a dei necessari chiarimenti, sono stati posti in discussione dagli studiosi più recenti. Ma le sculture raccolte dal Klein sotto la sigla del r. rimangono unite ancor oggi in un pur diverso raggruppamento stilistico e cronologico che le fa gravitare nell'ambiente rodio-insulare e in quello alessandrino.
Sono esse i vari gruppi di: Satiro ed Ermafrodito, Satiro e Menade, Satiro e Ninfa, il Symplegma di Heliodoros rappresentante Pan e Dafni, il quartetto di satiri ricostruito in base a varî frammenti sulla descrizione di Plinio, gli ermafroditi, i satiri, i fauni ebbri o dormienti, i tritoni e le Nereidi le varie Afroditi leziose e terrene, occupate a rimirare la propria bellezza, accompagnate da amorini (a cominciare da una versione ingentilita ed aggraziata della "barocca" Afrodite di Doidalsas al Louvre e continuando con le molte Callipigie ecc.), le sculture di fanciulli raccolte intorno al riassuntivo nome di Boethos (autore di un celebre Fanciullo con l'oca) ecc.: tutte opere, insomma, che pongono l'accento sull'aspetto erotico e salace di un mito, cogliendone gli episodi più arguti, traducendoli in spregiudicati epigrammi e frantumando nel pittoresco e nell'illustrativo anche il soggetto che reca in sé la più completa materia di tragedia (come ad esempio, il Supplizio di Dirce).
In ambiente romano il r. indugia ancora, secondo il K'ein, nelle pitture decorative del cosiddetto III stile pompeiano, nelle opere del raffinato Arkesilaos, nelle figure allegoriche delle basi e delle are di età cesariana ed augustea, per venire poi in sostanza a confondere i suoi connotati con quelli delle varie correnti manieristiche sui prodotti delle arti minori.
Bibl.: W. Klein, Studien zum antiken Rokoko, in Öst. Jahreshefte, XIX-XX, 1919, p. 253-267; id., Vom antiken Rokoko, Vienna 1921; G. Krahmer, Stilphasen der hellenistischen Plastik, in Röm. Mitt., XXXVIII-XXXIX, 1923-24, p. 140, n. i; G. Lippold, Kopien und Umbildungen, Monaco 1923; L. Laurenzi, Problemi di scultura ellenistica. La scultura rodia, in Riv. Ist. Arch. e St. Arte, XVIII, 1940, pp. 25-44; M. Bieber, The Sculpture of Hellenistic Age, New York 1955, p. 136-56.