RODENWALDT, Gerhart
Archeologo, nato a Berlino il 16 ottobre1886, morto a Berlino il 27 aprile 1945.
Dopo aver studiato archeologia classica, filologia e storia dell'arte nelle università di Berlino, Heidelberg e Halle, R. conseguì la laurea come allievo di C. Robert, presentando una tesi in latino, che fu pubblicata in tedesco nel 1909 con il titolo Die Komposition der pompejanischen Wandgemälde. Con una borsa di studio concessagli dall'Istituto Archeologico Germanico, prese parte nel 1909 e nel 1910 agli scavi di Tirinto e studiò gli affreschi del palazzo. Con la pubblicazione di questi studî nel volume Tiryns, ii, 1912, conseguì la libera docenza a Berlino con G. Loeschcke e divenne nel 1916 Professore dell'Università di Giessen. Nel 1922 successe a H. Dragendorff nella direzione dell'Istituto Archeologico Germanico e con la sua politica avveduta, prudente ed energica lo riportò a nuova fioritura risolvendo la difficile situazione verificatasi dopo la prima guerra mondiale. Il centenario della fondazione dell'Istituto, celebrato nel 1929, alla presenza di numerosi archeologi di tutte le nazioni, costituì l'apice della vita e dell'attività del Rodenwaldt. Non soltanto egli aveva ripristinato tra il mondo archeologico tedesco e i paesi del mondo classico, l'Italia e la Grecia, le antiche relazioni interrotte dalla guerra, ma intensificato anche i rapporti con gli archeologi dell'Ungheria, Russia, Bulgaria, Turchia, Siria e Egitto. Nel 1932 fu chiamato come ordinario all'Università di Berlino, dove aveva già svolto attività come professore onorario fin dal 1922.
Per la personalità del R. è indicativo il fatto di aver trovato l'accesso decisivo all'arte dell'antichità, non tanto partendo dalla statuaria quanto dalla pittura e dalla scultura a bassorilievo.
Con spirito aperto ai varî problemi il R. estese le sue ricerche e il suo insegnamento a tutto il mondo dell'archeologia, dall'epoca cretese-micenea a quella arcaica e da questa all'età classica e all'ellenismo, dedicandosi specialmente al mondo romano e alla tarda antichità. Il R. fu uno dei più famosi e forse uno degli ultimi classicisti nell'ambito della ricerca archeologica. Tentò comunque di affrontare la materia anche da altri punti di vista e di accostarsi anche all'arte di epoche non classiche, come per esempio quella cretese o quella greco-arcaica. Si potrebbe del pari definire il R. come l'ultimo seguace del positivismo nell'archeologia; già la sua provenienza dalla scuola di C. Robert ci consente di considerarlo tale, lungi naturalmente da ogni intento dispregiativo. R. positivista, nel senso migliore della parola, ebbe modo di affrontare con una visuale molto ampia l'oggetto delle sue indagini e di individuare cosi, per esempio, due elementi dello sviluppo artistico romano fondamentalmente diversi, ma dalla funzione complementare: il classicismo con le sue sempre nuove "rinascenze" da un lato, e la componente italica popolare, realistica ed espressiva, l'ars humilis (Sedlmayr), dall'altro. Mai però il R. incorse in un relativismo storico. I suoi studî si fondano su chiari principi critici, in sostanza poggiano sul riconoscimento del valore normativo della classicità greca, che ha informato di sé l'intera arte antica, cosa che egli ha reiteratamente messo in rilievo. È qui che vanno ricercate anche le radici di un suo umanesimo al quale egli diede un'impronta del tutto personale.
Fra gli scritti archeologici del R. si possono distinguere alcuni vasti filoni per altro affini, che abbracciano in parte le varie branche dell'arte e in parte determinati periodi artistici.
Al libro sugli affreschi pompeiani fanno seguito gli studî sulle stele funerarie di Pagasae (Ath. Mitt., xxxv, 1910, p. 118 ss.) e su un mosaico di Vienna (Röm. Mitt., xxv, 1910, p. 257 ss.). Assieme a M. Bieber, il R. studiò i mosaici di Dioskourides di Samo (Jahrbuch, xxvi, 1911, p. i ss.). Tra le altre opere sulla pittura vanno citati: Megalographia (Röm. Mitt., xxix, 1914, p. 194 ss.), lo studio sulla Stele di Lyseas, in Antike Denkmälier, iii, 3, 1914-15 e l'importante saggio sulle pitture della Tomba dei Nasoni (Röm. Mitt., xxxii, 1917, p. i ss.). Con il suo articolo sulle pitture di Briseide della Casa del Poeta Tragico e sull'Iliade Ambrosiana (Röm. Mitt., l, 1935, p. 19 ss.), il R. passa già ad occuparsi della tarda antichità e all'arte musiva di quest'epoca è dedicato il suo importante saggio, pubblicato postumo, sui mosaici imperiali di S. Vitale (Jahrbuch, lix-lx, 1954-55, p. 88 ss.). Il R. si occupò soltanto sporadicamente della pittura vascolare (cfr. Arch. Anz., 1914, p. 87 ss. e 1932, p. 87 ss.).
Anche l'arte cretese-micenea interessa il R. innanzi tutto sotto il profilo della pittura: lo studio degli affreschi di Tirinto (1911 e 1912), gli affreschi e pavimenti di Micene (Ath. Mitt., xxxvi, 1911, p. 221 ss.; Jahrbuch, xxxiv, 1919, p. 87 ss.; Das Fries des Megarons von Mykenai, 1921). Ma il complesso dell'arte cretese-micenea viene interpretato dal R. anche come fenomeno culturale collettivo. Il risultato più importante cui egli pervenne è il riconoscimento dell'autonomia della civiltà micenea nei confronti di quella minoica.
Il R. cominciò ad occuparsi del rilievo votivo greco con il saggio Pan am Ilissos (Ath. Mitt., xxxvii, 1912, p. 141 ss.). A questo fece seguito un brillante studio di un gruppo ai monumenti funerarî beoti (Jahrbuch, xxviii, 1913, p. 309 ss.). Nel noto libro Das Relief bei den Griechen (1923) questi studî pervengono ad una conclusione provvisoria. In seguito il R. tratta reiteratamente i problemi del rilievo greco come, ad esempio, nello scritto Ein toreutisches Meisterwerk (Jahrbuch, xli, 1926, p. 191 ss.), Griechische Reliefs in Lykien (Sitzungsber. Berl. Akad., 1933) e Goethes Besuch im Museum Maffeianum zu Verona (102. Berliner Winckelmannsprogr., 1942). Tutti questi studî sfociano infine nell'interpretazione data dal R. all'intera produzione artistica greca.
Però gli studî che assunsero una portata eccezionale furono quelli sui sarcofagi romani. Nel 1921 il R. successe al suo maestro C. Robert nella compilazione del Corpus der antiken Sarkophag-Reliefs. Da questo momento in poi la serie dei suoi studî fondamentali per questo tipo di monumenti prosegue ininterrotta. Egli vide in essi fonti di un genere completamente nuovo per lo studio dell'arte, del culto e della civiltà dell'Impero romano mentre C. Robert li aveva considerati soltanto come materiale atto allo studio della mitologia greca. Fra le numerosissime opere del R. dedicate a questo argomento, siano citate soltanto le più importanti: Säulensarkophoge (Rom. Mitt., xxxviii-xxxix, 1923-24, p. i ss.); Der Sarkophag Cafarelli (83. Berliner Winckelmannsprogr., 1925); Dergrosse Schlachtsarkophag Ludovisi (Antike Denkmäler, iv, 1929 e Röm. Mitt., LIX, 1944, p. 198, nota 3); Der Klinensarkophag von S. Lorenzo (Jahrbuch, xlv, 1930, p. 116 ss.); Sarcophagi from Xanthos (Journ. Hell. Stud., liii, 1933, p. 181 ss.). Infine in base ai varî gruppi di sarcofagi il R. riuscì a dimostrare l'importante trasformazione stilistica verificatasi nell'arte antonina (Abhandl. Berl. Akad., 1935) e un'ulteriore frattura essenziale verificatasi nell'arte romana del III sec. tra il 220-270 d. C., ricorrendo nuovamente all'aiuto dei sarcofagi (Jahrbuch, li, 1936, p. 82 ss.). Fino agli ultimi anni della sua vita il R. si dedicò allo studio dei sarcofagi romani (per esempio Röm. Mitt., lviii, 1943, p. i ss.; Jahrbuch, lxvii, 1952, p. 31 ss.).
Logicamente in seguito ai suoi studî sui sarcofagi romani il R. ampliò le sue ricerche sull'arte romana in genere. Già in Kunst der Antike, Hellas und Rom (1927; 19302; 19383; 19444; edizione spagnola 1931 e 1933) egli diede una visione generale dell'arte greca e romana. Insuperabile inoltre il suo compendio dell'arte romana da Nerone a Costantino (Cambridge Ancient History, xi, 1936 e xii, 1939). Uno studio particolare è dedicato alla Kunst um Augustus (in Die Antike, xiii, 1937, pubblicato come libro nel 1942, 19432). Il tema era particolarmente consono alla tendenza del R. al classicismo. Delle sue numerose opere singole, opere nelle quali il R. espone in maniera del tutto nuova l'autonomia dell'arte romana, va citato anzitutto il suo saggio orientativo Römische Staatsarchitektur, in Das neue Bild der Antike, ii, 1942. Queste opere sono paragonabili per l'importanza a quelle del Riegl e del Wickhoff, quantunque il metodo del R. sia di gran lunga più rigoroso.
In seguito agli studî sui sarcofagi si schiuse per il R. un campo di ricerche ben più vasto: l'arte della tarda antichità sia dell'Occidente che dell'Oriente. Due sue opere scritte nei primi anni della sua attività di archeologo furono decisive sotto questo profilo: lo studio sui Griechische Portrats aus dem Ausgang der Antike (76. Berliner Winckelmannsprogr., 1919) e il saggio Eme spätantike Kunstströmung in Rom (Röm. Mitt., xxxvi-xxxvii, 1921-22, p. 58 ss.). Da allora in poi lo studio della tarda antichità sarà argomento di tutta l'opera del R., l'ambito della ricerca archeologica verrà ampliato da Costantino fino a Giustiniano. Si citano tre saggi particolarmente notevoli: Römische Reliefs: Vorstufen zur Spätantike (Jahrbuch, LV, 1940, p. 12 ss.), Zur Begrenzung und Gliederung der Spätantike (Jahrbuch, lix-lx, 1944-45, p. 81 ss.) e le già citate Bemerkungen zu den Kaisermosaiken von San Vitale.
Infine, oltre gli studî sull'arte romana, che fecero epoca, il R. non ha affatto trascurato la storia dell'arte greca. I problemi concernenti la scultura monumentale arcaica sono stati da lui trattati nella Corolla L. Curtius, 1937, particolarmente nella sua esemplare pubblicazione sulle sculture del tempio di Artemide a Corcyra, 1939. Si occupò più volte delle sculture di Olimpia (per esempio in Jahrbuch, xli, 1926, p. 205 ss. e lvii, 1942, p. 199 ss.) e di quelle del Partenone, (in Jahrbuch, lvii, 1942, p. 211 ss. e Abhandl. Berl. Akad., 1945-46, n. 7). Nel suo saggio Θεοὶ ῥεῖα ξώντες, 1943, 1943, il R. ha approfondito la comprensione della scultura greca tardo-classica e di fronte a un'interpretazione puramente artistica ha visto sotto un profilo del tutto nuovo la religiosità delle statue di divinità di Prassitele, Leochares e Skopas. I suoi volumi illustrati di carattere divulgativo sull'acropoli di Atene, su Olimpia e sui templi greci, 1935-41, hanno avuto larga risonanza. Essi testimoniano chiaramente l'intenzione del R. di rendere più accessibili i capolavori dell'arte greca con fotografie eccellenti oltre che con l'interpretazione dei testi. Le due ultime opere, postume, del R., sono eccezionalmente significative per la sua personale interpretazione dell'arte antica la cui vivente influenza egli vuol ravvisare nell'epoca del classicismo tedesco: Griechisches und Römisches in Berliner Bauten des Klassizismus, 1956, (con la bibliografia generale delle opere del R. a p. 34 ss.) e Otto Magnus von Stackelberg, der Entdecker der griechischen Landschaft, 1957, 19582, dove sul filo dell'attività dello Stackelberg si persegue la scoperta romantico-classicista del paesaggio antico.
Bibl.: M. Bieber, in Am. Journ. Arch., L, 1946, p. 405 s.; F. Matz, in Geistige Welt, I, 1946, p. 36 ss.; L. Curtius, in Forschungen u. Fortschritte, 21-23, 1947, p. 222; C. Weickert, in Gnomon, XXI, 1949, p. 82 ss.; L. Curtius, Deutsche und antike Welt, Stoccarda 1956, p. 451 s.; H. Sedlmayr, Ars Humilis, in Hefte Kunsthist. Semin., München, 6, 1962, p. 7 ss.