BENINI, Rodolfo
Nacque a Cremona l'11 giugno 1862 da Angelo e Luigia Anelli. Fin dall'inizio i suoi interessi di studioso furono rivolti ad argomenti commerciali e finanziari (nel 1888 comparvero le prime opere); e appunto di storia del commercio fu la prima cattedra da lui ricoperta presso la Scuola superiore di commercio di Bari.
Ad essa il B. fu chiamato nel 1889, e vi rimase fino al 1896; fu un periodo soprattutto importante per la sua formazione, e in particolare per lo spostamento dei suoi interessi verso la statistica. Dopo il periodo barese, egli tenne per un anno la cattedra di economia a Perugia e poi, dal 1897 al 1907, la cattedra di statistica a Pavia. Ebbe anche, dal 1905, l'insegnamento di statistica all'università Bocconi di Milano, insegnamento che conservò, anche dopo il suo trasferimento a Roma, fino al 1909. Di questo periodo sono alcune delle sue opere più importanti. Nel 1907-1908 il B. passò a Roma dove insegnò statistica fino al 1918, poi economia politica.
Alla attività scientifica si aggiunsero importanti incarichi. Fu tra l'altro presidente del Consiglio superiore di statistica, presidente della Commissione di statistica e legislazione presso il ministero di Grazia e Giustizia, presidente della Corninissione statistica dall'Assemblée générale pour le recensement agricole mondial (1926), delegato del governo italiano alla conferenza di Ginevra dei 1921. Ebbe numerosi riconoscimenti dall'Italia e dall'estero: socio dell'Accademia dei Lincei (dal 1908), accademico d'Italia (dal 1932), socio corrispondente dell'Istituto lombardo di scienze e dell'Istituto veneto di scienze, lettere ed arti, membro onorario dell'Institut international de statistique, dell'American statistical association e della Société hongroise de statistique. Nel 1953 gli fu assegnato il premio Marzotto per la sua opera di economista. Morì a Roma il 12 febbr. 1956.
I contributi scientifici del B. si possono distinguere in tre grandi gruppi, rispettivamente statistica, demografia e scienze economiche e sociali; un cenno a parte meritano i suoi studi danteschi.
La parte più importante è senza dubbio quella statistica; anche se gli studi statistici non formano un gruppo numericamente più rilevante degli altri, in essi trovano lo sviluppo più esplicito i principi di drganizzazione razionale che sono alla base di tutta la sua opera. C. Gini lo definì "il primo statistico italiano completo" (Giorn. d. econom., 1929); con lui per la prima volta in Italia la statistica assunse l'aspetto di una disciplina autonoma, svincolandosi dalle scienze economiche, demografiche e sociali con le quali veniva ancora confusa, pur essendo, in esse, soltanto uno strumento.
Sotto tale aspetto è molto interessante l'impostazione concettuale del B., esposta esaurientemente in quella che è senza dubbio la sua opera 1 principale, i Principidi statistica metodologica, pubblicati a Torino nel 1906.
Distinguendo la "statistica come forma di osservazione" dalla "statistica come forma di induzione", egli mette l'accento sulla seconda, indicando come compito della statistica di "sceverare nei fenomeni collettivi ciò che vi ha di tipico nella varietà dei casi di costante nella variabilità, di più probabile nell'apparente accidentabilità, e decomporre... il sistema di cause o forze, di cui essi fenomeni sono la risultante". Si arriva così a trovare delle "regolarità statistiche" empiriche e approssimate, valide non per i singoli casi ma per la massa; si potrebbe dire, con termini più moderni, delle leggi probabilistiche. La vicinanza alle idee, oggi generalmente accettate, sulla interpretazione probabilistica delle leggi fisiche e naturali è evidente.
La fiducia del B. nella fecondittà dell'accostamento tra statistica e teoria delle probabilità appare anche evidente nella trattazione di alcuni argomenti particolari, come lo studio, in termini probabilistici, dei fattori determinanti il sesso dei gemelli, l'esame dell'interpretazione della media di una serie di dati osservati come valore più probabile, e così via. Questo punto di vista è stato trascurato in seguito dagli indirizzi principali della scuola statistica italiana (come notava C. Gini, che tali indirizzi aveva largamente contribuito a determinare), e ripreso solo recentemente, con un avvicinamento agli sviluppidella statistica matematica in altri paesi.
La maggior parte dei contributi metodologici del B., apparsi in vari scritti, ma ripresi poi nei Principi, prende lo spunto dalle applicazioni demografiche o economiche, per portare alla creazione di strumenti di validità generale. Tra essi vanno ricordati soprattutto gli "indici di attrazione", la scomposizione di serie con termini raggruppati, la legge dei patrimoni derivata dalla legge dei redditi di Pareto, il metodo per ricavare la periodicità settimanale di fenomeni di cui sono noti solo i dati mensili.
Tali contributi, assieme alla sistemazione dei metodi statistici in una teoria organica, e il rigore e l'affinamento tecnico da lui apportati in tutte le elaborazioni svolte, giustificano l'importanza che viene attribuita alla sua opera statistica.
Anche per la demografia è difficile dire se sia più importante l'opera di sistemazione del B. o il contributo da lui apportato nello studio di problemi particolari. Contributi importantissimi - tanto più ammirevoli se si pensa alle difficoltà derivanti a quell'epoca sia dalla scarsezza di dati, sia dalle conoscenze ben poco sviluppate in alcuni campi basilari per la demografia - sono contenuti in una serie di articoli intitolati Di alcuni punti oscuri della demografia (in Giornale degli economisti, 1896). Venivano studiate, fra l'altro, le fluttuazioni stagionali dei fenomeni della popolazione, e in particolare le relazioni tra le variazioni mensili delle morti e quelle dei concepimenti; le diverse proporzioni dei maschi alla nascita tra le città e le campagne, le variazioni di fecondità della donna con l'età.
Più evidente invece l'aspetto di sistemazione di conoscenze nei Principi di demografia (Firenze igoi), assieme all'affermazione della sua autonomia, come studio statistico della popolazione, sia dalla statistica sia dallo studio dei fenomeni sociali. Il B. distingueva una "teoria qualitativa della popolazione", nella quale esaminava i fattori che contribuiscono al mantenimento della coesione delle collettività demografiche, da una "teoria quantitativa", nella quale fra l'altro rielaborava le teorie di Malthus, ma da punti di vista diversi, operandone quasi un rovesciamento.
Fra gli altri contributi del B. vanno ricordati l'introduzione dell'indice di attrazione - che serve a misurare la tendenza a contrarre matrimoni all'interno di un gruppo demografico, piuttosto che con appartenenti ad altri gruppi -, e l'analisi di alcune serie di dati demografici in cui delle apparenti variazioni erano dovute ad errori. Da citare come esempio, a questo proposito, lo studio delle dichiarazioni di nascita differite dagli ultimi giorni di un anno ai primi del successivo.
Con aspetti diversi si presenta l'opera del B. nel campo economico-sociale; né poteva essere altrimenti, tenuto conto del diverso grado di sviluppo al quale erano giunte ai suoi tempi le scienze economiche, e delle forti personalità che avevano contribuito a tale sviluppo.
Per la sua opera di economista il B. si rifà più esplicitamente al Ricardo, ma la sua formazione è dovuta anche in gran parte a Malthus e Marx. Il legame con tali autori, nei quali la visione economica era strettamente connessa con quella demografico-sociale, è pienamente comprensibile dato lo spirito enciclopedico del B., che rifuggiva dai compartimenti stagni, e alla base del quale si trovava, come si è accennato, una esigenza "statistica" di indagine critica della realtà, sgombra da presupposti aprioristici. Nella sua prolusione al corso di statistica a Roma, nel 1907, egli sosteneva la distinzione tra le "verità razionali" dedotte dal concetto teorico di "homo oeconomicus" e le leggi reali, che debbono tener conto di tutti gli altri aspetti dell'uomo.
Questo principio è alla base del pensiero del B., sviluppato successivamente fino all'edizione definitiva delle sue Lezioni di economia politica (Bologna 1936). La sua economia non è mai "economia pura"; essa parte da basi demografiche e sociali e non si arresta a conclusioni statiche e definitive, ma richiede una continua revisione, su base empirica, per l'adeguamento all'evoluzione della realtà.
In tale visione una parte importante è affidata allo stato come moderatore delle forze economiche in campo. La necessità dell'azione dello stato è sostenuta anche, e con maggior vigore, nei rapporti internazionali. La difesa del protezionismo doganale aveva dato luogo già nel 1895 (sul Giornale degli economisti)ad una viva polenuca con altri studiosi.
Nel campo sociale vanno infine citati i suoi lavori di statistica giudiziaria. Varie questioni furono da lui studiate nella Commissione di statistica e legislazione di cui era presidente, e nelle Lezioni di Statistica giudiziaria raccolse uno studio sistematico dell'argomento. Il suo spirito ordinatore lo indusse anche a proporre i primi elementi di una nuova disciplina nell'articolo Per un programma di scienza induttiva della vita giuridica (in Riv. it. di sociologia, XX [1916], pp. 274-306).
Il B. diede anche contributi agli studi danteschi. impiegandovi il metodo statistico in senso lato. Sono contributi sparsi per quasi mezzo secolo (l'ultimo è del 1950), raccolti parzialmente in un volume nel 1919 e infine nel volume Dante tra gli splendori de' suoi enigmi risolti ed altri saggi (Roma 1952).
Bibl.:Giornale degli economisti e Rivista di statistica, XLIV(1929), nn. 11-12, fascicolo speciale dedicato al B., con ampia bibl.; Studi in memoria di R. B., università di Bari, facoltà di econorma e commercio, 1956; M. Boldrini, L'opera scientifica di R. B., in Giornale d. economisti e Annali di economia, n. s., XVI (1957), nn. 11-12, pp. 599-618; R. B. (bibliografia), in Statistica, n. s., XVI (1956), n. 5, pp. 87-93, e in Bibliografie con brevi cenni biogr., Bibl. di Statistica, Bologna 1960.