D'AFFLITTO, Rodolfo
Nacque ad Ariano di Puglia (oggi Ariano Irpino in prov. di Avellino) il 19 marzo 1809 da Luisa d'Evoli e da Pantaleone dell'antica famiglia nobile dei marchesi di Montefalcone.
Dopo aver studiato legge ed amministrazione, nel 1834 iniziò la carriera nella amministrazione borbonica come relatore presso la Consulta di Stato. Dopo dieci anni, nel giugno 1844, venne nominato sottointendente a Cefalù e di lì nel giugno 1846 fu trasferito - con la stessa carica - a Bovino, nell'Irpinia. Nel corso del 1848 fu segretario generale d'Intendenza prima a Potenza, poi ad Avellino ed infine nel giugno a Napoli. Nel Regno intanto era già in corso una feroce reazione contro democratici, costituzionalisti e liberali. Il D., che per l'appartenenza alla nobiltà e la propria solerzia di funzionario governativo non era che un liberale molto moderato, si mostrò tuttavia nettamente contrario alla repressione in corso. Nominato quindi direttore dei rami finanziari riuniti nel febbraio 1852 a Foggia, rifiutò l'incarico e fu tenuto perciò in quella città a domicilio coatto.
Alla fine del 1857 a Napoli cominciò a riunirsi un gruppo di cospiratori liberali, denominato Comitato dell'ordine. Con esso fu probabilmente in contatto il D., che nell'ottobre 1859 fu arrestato insieme ad altri, ma poi subito rilasciato. Dopo la concessione della costituzione da parte di Francesco II nel giugno 1860, il comitato riprese vigore, sotto la direzione di Silvio Spaventa e con il D. tra i suoi membri più attivi. Il comitato si impegnò prima ad ottenere un pronunciamento dell'esercito a favore dell'annessione al Piemonte e poi - dopo il fallito colloquio del D. con il generale De Sauget - a provocare l'insurrezione del continente prima dell'arrivo di Garibaldi, per impedire una svolta rivoluzionaria. Anche questa seconda iniziativa non ebbe l'effetto desiderato, provocando solo una parziale insurrezione in Basilicata. Frattanto il D. era stato inserito in alcuni organismi consultivi creati da Francesco Il nel mese di luglio, ma ormai il rovescio era imminente e dopo poco, il 7 sett. 1860, Garibaldi faceva il suo ingresso in Napoli.
Negli ultimi quattro mesi del 1860 il D. partecipò attivamente alla vita politica napoletana, un breve ma intenso periodo in cui furono affrontati i molti problemi meridionali e attuato il passaggio da capitale di un regno indipendente a semplice capoluogo di una delle province del Regno d'Italia. Egli fu uno degli esponenti del moderatismo meridionale che collaborarono in tale azione con gli inviati del governo torinese, con l'intento, alquanto palese, di attutire le spinte rivoluzionarie di stampo garibaldino e di operare un amalgama con la classe dirigente settentrionale. Ad attuare tale politica il D. contribuì in modo notevole anche in seguito, in quelli che saranno gli ultimi dodici anni della sua vita: come prefetto, consigliere provinciale e comunale di Napoli, come senatore dei Regno, come esponente tra i più attivi e combattivi, ma anche tra i più discussi e osteggiati del moderatismo meridionale.
Nel governo provvisorio, creato nel settembre da Garibaldi, il D. fu ministro dei Lavori pubblici, ma ben presto si scontrò - come gli altri ministri - con il segretario della dittatura, il Bertani, che compiva atti e emanava decreti in contrasto con il moderatismo del governo di L. Romano. Dopo l'annessione al Regno d'Italia fece parte, nel novembre, della luogotenenza Farini, prima come consigliere ai Lavori pubblici e dopo pochi giorni agli Interni.
Nei due mesi circa in cui ricoprì questo incarico egli si mise in luce principalmente per la sua azione nei confronti della quotizzazione dei demani nel Mezzogiorno, per la cui attuazione si diede molto da fare, arrivando qui anche a nominare alcuni commissari demaniali con ampi poteri. Per il resto si dedicò in massima parte alla normale amministrazione (sicurezza delle strade. contatti con gli organi periferici, movimento di funzionari) e fu duramente accusato dal Bonghi - altro esponente del partito moderato - di non aver fatto nulla contro il carovita. Il 20 genn. 1861, dopo le sue dimissioni, fu nominato senatore e nel febbraio venne eletto deputato per la VIII legislatura nel collegio di Bovino, mandato al quale ovviamente rinunciò. Nell'aprile dello stesso anno fu nominato governatore (prefetto) di Napoli, ma per contrasti col Cialdini si dimise alla fine di luglio. A novembre il D. era nominato prefetto di Genova, dove rimase fino al gennaio 1863. In tale periodo tornò ad occuparsi del problema della quotizzazione dei demani, partecipando ai lavori di una commissione consultiva istituita dal governo.
Nel gennaio 1863 il D. faceva il suo ritorno a Napoli come prefetto.
Il momento era difficile: crisi politica dopo Aspromonte, grosso malcontento popolare nella città, infuriare della camorra e del brigantaggio in tutto il Mezzogiorno. Dopo la rinuncia del Ricasoli si decise di affidare al D. il compito di "riaffermare il rispetto della legalità e mettere finalmente a posto l'amministrazione napoletana" (Scirocco, 1971, p. 21). La sua opera si rivolse in massima parte ad indebolire i partiti di opposizione che agivano nella città, mazziniani, garibaldini, murattiani, borbonici, e a rafforzare il partito governativo. La sua parzialità gli provocò gli odi dei democratici napoletani, mentre insanabili contrasti sorgevano coi gen. La Marmora a proposito dell'azione da compiersi contro il piccolo brigantaggio. Nell'ottobre 1864 il La Marmora, diventato frattanto presidente del Consiglio, giudicava troppo fazioso il suo operato e decideva di sostituirlo col Vigliani.
Il D. non si allontanò però dall'ambiente politico napoletano, perché era eletto al Consiglio comunale nel 1865 e poi rieletto nel 1868. Frattanto ricopriva per un breve periodo (dal 28 luglio al 9 dic. 1866) la carica di commissario regio a Treviso ed era nominato vicepresidente del Senato dal 1867 al 1871.
Il 31 ott. 1869 egli riebbe la carica di prefetto a Napoli, una città in cui era largamente diffuso il malcontento e c'era un sensibile calo del partito moderato. Nei tre anni in cui ricoprì questo incarico, il D. si distinse per l'azione conservatrice, contrastando apertamente e con ogni mezzo sia il nascente movimento operaio, sia i democratici.
Nei confronti del movimento internazionalista adottò misure molto drastiche, condannate anche dall'opinione pubblica democratica. Nel febbraio 1870 intervenne contro uno sciopero dei pellettieri e fece arrestare i principali organizzatori, condannati poi ad un mese di carcere. Poiché la legge non consentiva lo scioglimento dell'organizzazione, il D. tramò per cambiame gli intenti e - pare - consegnare alla polizia la corrispondenza segreta con gli altri internazionalisti. Per tale motivo tentò, corrompendo anche alcuni operai, di infiltrare spie ed agenti provocatori nell'organizzazione; finché nell'agosto 1871, risultati vani i suoi piani, la sciolse con la forza, facendo arrestare e processare i suoi principali esponenti.
Il D. si impegnò moltissimo per rianimare le forze moderate, sia cercando l'alleanza coi cattolici, sia boicottando la giunta comunale di Sinistra. Si spiegano così la repressione dell'anticoncilio del Ricciardi nel dicembre '69, gli ostacoli frapposti al piano di risanamento finanziario del comune, i ripetuti e vani tentativi di far sciogliere la giunta da parte del ministro dell'Intenno, ed infine - dopo lo scioglimento del Consiglio nel 1872 - il progetto di alleanza coi cattolici sconfessato dal Lanza.
Dimessosi proprio in conseguenza di quest'ultimo episodio, il D. morì dopo pochi giorni per un attacco di apoplessia il 26 luglio 1872 a Napoli.
Fonti e Bibl.: Brevi biogr. del D. sono in dizionari e repertori suiparlam. e suiprefetti dei Regno d'Italia: T. Sarti, Il Parlamento subalpino e naz., Roma 1890, p. 337; A. Malatesta, Ministri, deputati e senatori dal 1848. al 1922, Roma 1946, I, p. 310; M. Missori, Governi, alte cariche dello Stato e prefetti del Regno d'Italia, Roma 1973, pp. 367, 412, 500. Più ampia e articolata, ma con un vistoso errore nella data di nascita (1819), è la biografia compilata da R. De Cesare per il Diz. del Ris. naz., II, pp. 804 s. Altra breve biogr., unica a riportare i nomi dei suoi genitori, in Gazzetta di medicina pubblica, III (1872), pp. 319 s. Sulla sua attività di funzionario borbonico mancano studi specifici: la notizia delle cariche ricoperte è però in Archivio di Stato di Napoli, Gabinetto di polizia, F. 1613. Sull'arresto del 1859 e la sua attività cospirativa nel 1860 vi sono cenni in R. De Cesare, La fine di un Regno, Roma 1975, ad Indicem; A. Allocati, Napoli dal 1848al 1860, in Storia di Napoli, IX, Napoli 1970, pp. 201, 207, 221. Sulla sua attività politica e amministr. dal 1860 a Napoli si sofferma in diversi saggi A. Scirocco: Dall'Unità alla prima guerra mondiale, in Storia di Napoli, X, Napoli 1971, pp. 5, 7, 21, 23, 28, 30-33, 102; Governo e paese nel Mezzogiorno nella crisi dell'unificazione(1860-61), Milano 1963, ad Indicem; Il Mezzogiorno nell'Italia unita, Napoli 1979, passim; Democrazia e socialismo a Napoli dopo l'Unità(1860-1878), Napoli 1973, p. 250. Sulla sua posizione nei confronti del brigantaggio si sofferma F. Molfese, Storia dei brigantaggio dopo l'Unità, Milano 1976, ad Indicem. Infine sulsuooperato nei confronti del movimento operaio napoletano visono notizie e giudizi in A. Romano, Storia del movimento social. in Italia, I, Bari 1966-67, pp. 330-337; e in K. Marx-F. Engels, Corrisp. con italiani, Milano 1964, ad Indicem.