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Rodolfo I d'Asburgo

di Enrico Pispisa - Enciclopedia Dantesca (1970)
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Rodolfo (Ridolfo) I d'Asburgo

Enrico Pispisa

Re di Germania, imperatore designato (non ottenne mai l'incoronazione papale: Federigo di Soave, ultimo imperadore de li Romani - ultimo dico per rispetto al tempo presente, non ostante che Ridolfo e Andolfo e Alberto poi eletti siano -, in Cv IV III 6), è ricordato più volte da D. come colui che, pur avendo la possibilità di restaurare l'autorità imperiale in Italia, e di conseguenza ristabilirvi la pace e la giustizia (Rodolfo imperador fu, che potea / sanar le piaghe c'hanno Italia morta, Pg VII 94), si lasciò distrarre dagl'interessi particolari del suo regno (Ch'avete tu e 'l tuo padre sofferto, / per cupidigia di costà distretti, / che 'l giardin de lo 'mperio sia diserto, VI 103-105: in questo rimprovero è accomunato il figlio di R., Alberto) facendo quindi decadere la massima autorità temporale, origine di tutti i beni civili. Per questa sua colpa R. è posto nella valletta dei principi negligenti (VII 91-96) ove, per la sua dignità imperiale, siede più alto di tutti, in atteggiamento di profondo rimorso per la propria indolenza politica (fa sembianti / d'aver negletto, ciò che far dovea, vv. 91-92), non prendendo parte al canto del Salve Regina (non move bocca a li altrui canti, v. 93), tutto chiuso nel suo rimpianto, in ascolto solo dei rimproveri della propria coscienza; unico conforto per lui è la vicinanza di Ottocaro II di Boemia (che ne la vista lui conforta, v. 97), il suo grande avversario. Il mostrare così pacificati due reggitori politici, la cui contesa in vita non ebbe soste, indica come nel luogo di salvazione le passioni terrene vengano superate; quindi può apparire un controsenso il grande rimpianto di R. per la condotta politica tenuta in vita: ma in questo caso è D. che vede traditi nel personaggio i suoi ideali d'Impero, e pertanto identifica nello stato d'animo del personaggio le proprie delusioni politiche. Da questi sentimenti deriva il ritratto poetico di R., tutto ripiegato su sé stesso e isolato nella consapevolezza della portata della sua colpa per esser venuto meno all'altissimo compito affidatogli in terra.

Nato nel castello di Limburg, in Brisgovia, il 1° maggio 1218, da Alberto IV il Saggio conte di Asburgo, mediante eredità, benefici e il matrimonio con Geltrude di Hohenberg, erede dell'Alsazia superiore, si costituì un vasto dominio territoriale nella Germania sud-occidentale. Pur essendo stato seguace della politica di Federico II e quindi fautore di Corradino, ottenne l'appoggio dei vescovi renani per la sua candidatura imperiale e il favore di papa Gregorio X nei confronti di Alfonso di Castiglia, di Ottocaro di Boemia e di Filippo III di Francia; fu quindi eletto re di Germania il 1° ottobre 1273 a Francoforte e incoronato ad Aquisgrana il 24 dello stesso mese. Il papa lo riconobbe ufficialmente nel settembre 1274, durante il concilio di Lione, e in quell'occasione fu anche prospettato il matrimonio fra la figlia di R., Clemenza (v.), e Carlo Martello, figlio di Carlo Il d'Angiò (E la bella Trinacria... / attesi avrebbe li suoi regi ancora, / nati per me di Carlo e di Ridolfo, Pd VIII 72), matrimonio che fu portato a compimento per l'intervento di Niccolò III.

La politica del papa tendeva a creare un equilibrio tra le opposte fazioni, al fine di raggiungere una pacificazione generale che gli permettesse di portare a compimento il disegno cui più teneva, la crociata. A tal fine s'impegnò lo stesso R., ma in seguito non tenne fede alla promessa; inoltre nell'incontro di Losanna (ottobre 1275) strinse col papa un pactum per cui gli restituiva diversi territori italiani sfuggiti al controllo della Chiesa, e sanciva il distacco tra la corona di Sicilia e quella imperiale. Da ciò si comprende come nell'ambito dell'azione politica di R. la questione italiana rivestisse un ruolo di secondaria importanza, provocando quindi lo sdegno di D.; ma il fatto si giustifica considerando l'ambiente politico in cui R. si trovò ad agire. Sua precipua cura fu infatti il ristabilire la pace e un saldo ordine amministrativo all'interno dell'Impero germanico, ove i principi ecclesiastici e laici erano troppo potenti per essere sottoposti a un sovrano che non avesse alle spalle una forte potenza familiare. A tal fine rivendicò da Ottocaro II di Boemia, il quale si era rifiutato di riconoscere la sua elezione, i territori dell'eredità dei Babemberg, quali possessi dell'Impero; quindi occupò l'Austria, la Stiria e la Carinzia (1276); poi, non avendo Ottocaro mantenuto il giuramento di fedeltà, gli mosse guerra, l'uccise in battaglia (26 agosto 1278) e investì della Boemia il figlio di Ottocaro, Venceslao, cui dette in moglie sua figlia Guta. Dei territori recuperati concesse l'Austria, la Stiria e la Carniola ai figli Alberto I e Rodolfo II (1282), e la Carinzia al conte Mainardo del Tirolo (1286), fondando il regno austriaco degli Asburgo e iniziandone la politica espansionistica verso l'Adriatico e l'Ungheria; tuttavia in tale direzione poco poté fare, dato che il papa Niccolò IV sostenne fermamente la propria autorità sulla corona magiara (1291); Egualmente fallì il tentativo di R. di assicurarsi una continuità dinastica; infatti nella dieta di Francoforte tentò di designare il proprio figlio Alberto re di Germania, ma non vi riuscì per l'opposizione dei principi. La morte lo colse a Spira alcuni mesi dopo (1291). Suo successore fu Adolfo di Nassau (v.).

Bibl. - K. Hampe, R. von Habsburg, in Herrschergestalten des deutschen Mittelalters, Stoccarda 1927; G. Trenta, Nota al verso 96 del c. VII del Purgatorio, in " Giorn. d. " III (1896) 555-559; G. Federzoni, Sopra Celestino V e R. d'A. nella D.C., nuove osservazioni, Rocca S. Casciano 1898; A. d'Ancona, Il canto VII del Purgatorio, in Lett. Dant. 809-823; S. Pasquazi, Il canto VII del Purgatorio, in Lect. Scaligera II 221-255.

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