RENIER, Rodolfo
Filologo e letterato, nato a Treviso l'11 agosto 1857, morto a Torino l'8 gennaio 1915. Fece gli studî medî nelle Marche, dove a Urbino ebbe maestro Francesco Donati, il Cecco frate, amico del Carducci, e condiscepolo il Pascoli. Iniziò a Bologna, nell'anno 1875-1876, il corso universitario alla scuola del Carducci e lo continuò e compì nei tre anni successivi a Torino, dove fu tra i primi discepoli di A. Graf e prese la laurea in filosofia nel 1879. L'anno dopo passò a Firenze come perfezionando, e vi conseguì il diploma di lettere e storia nell'Istituto di studî superiori. Ivi, alla scuola di A. Bartoli, che era allora nel più bel fiore della sua feconda e animatrice attività di studioso e di maestro, rimase altri due anni. E subito dopo, ottenuta la libera docenza in storia comparata delle letterature neolatine, ebbe questa cattedra nell'università di Torino, cattedra che tenne sino alla morte, prima come incaricato (febbraio 1883), poi come straordinario (1885) e ordinario (1895).
L'insegnamento del Bartoli e il soggiorno fiorentino ebbero un'efficaciȧ profonda sull'avviamento intellettuale del R. A tacere di qualche recensione e tentativo di prosa d'arte, egli aveva esordito nel 1878 con due saggi estetizzanti e nel 1879 aveva pubblicato un volume su La Vita Nuova e la Fiammetta, il quale, come diceva il R. stesso, "ha carattere unicamente psicologico e non la pretende mai a lavoro di erudizione". Ma poi si volse tutto alle materie e ai procedimenti di studio che caratterizzavano il cosiddetto metodo storico e si diede fervidamente alle ricerche di biblioteca, dalle quali uscirono non poche sue pubblicazioni concernenti la letteratura italiana del Trecento, principale tra queste il testo critico delle prime di Fazio degli Uberti, dottamente illustrato nell'ampia introduzione. Quuesto libro è del 1883, l'anno stesso in cui il R. insieme col Graf e con F. Novati fondava il Giornale storico della letteratura italiana, la grande rivista destinata ad adempiere un'alta missione rinnovatrice nel dominio degli studî e a divenire un immenso archivio di monografie, di documenti, di note e d'informazioni; monumento insigne della moderna critica erudita. Ritiratosi già alla fine del 1890 il Graf dalla direzione e venutasi attenuando la cooperazione del Novati, suppergiù dal principio del nuovo secolo il R. accentrò in sé l'ufficio direttivo del Giornale, che dalle sue salde convinzioni metodiche, dalla sua mente chiara, ordinata, equilibrata, precisa e dalla sua probità di studioso ebbe un'impronta caratteristica e una ben definita e organica struttura.
Non si può negare che nei primordî della sua carriera scientifica, anche il R. cadesse negli eccessi che verso la fine del secolo XIX minacciarono di far degenerare il sano metodo storico in uno storicismo arido e snperficiale. Ma a liberarnelo valsero, oltre al rinnovarsi delle condizioni spirituali dei tempi, le tendenze speculative già manifestatesi, sia pur vagamente, nelle sue prime pubblicazioni, la varietà mirabile dei suoi interessi e quella bella agilità di spirito, di cui è espressione la sua stessa prosa, fattasi sempre più disinvolta, alla mano, quasi giornalistica; non per nulla egli aveva collaborato assiduamente in gioventù al Preludio di Ancona (1880-84), e poi redatto per la maggior parte la sezione bibliografica e informativa del Giornale storico e, nel periodo tra il 1904 e il 1913, anche degli Studi medievali fondati da lui e dal Novati.
Della varietà dei suoi interessi intellettuali è bella prova la molteplicità degli argomenti dei suoi studî. Dalla letteratura trecentesca (oltre al ricordato testo critico delle liriche dell'Uberti, le novelle inedite del Sercambi, la Fimerodia di Iacopo del Pecora, ecc.) e dalle altre letterature romanze medievali (il Tipo estetico della donna nel Medioevo, La discesa di Ugo d'Alvernia all'inferno, ricerche su Uggeri il Danese, ecc.), egli passò alla storia culturale, letteraria, artistica uel Rinascimento, alla quale diede contributi insigni sia con la pubblicazione o l'illustrazione di testi (i sonetti del Pistoia, il canzoniere di Niccolò da Correggio, le lettere del Castiglione, ecc.), sia con monografie storiche di singolare importanza, composte le più in collaborazione con Alessandro Luzio, che gli offriva il materiale archivistico dal R. dottamente elaborato e lucidamente ordinato (Mantova e Urbino, I Filelfo e l'umanesimo alla corte dei Gonzaga, La cultura e le relazioni letterarie d'Isabella d'Este Gonzaga, ecc.). Ai quali ampî studî eruditi, egli volentieri intramezzava articoli di letteratura italiana moderna e modernissima o su scrittori francesi e tedeschi, o su svariate questioni storiche, seriamente concepiti e perfettamente informati, ma agili nella loro forma adatta a un largo pubblico di lettori. Il volume Svaghi critici, in cui egli raccolse, nel 1910, quando si diceva "già morto come produttore di materia scientifica originale" perché tutto assorbito dalle cure del Giornale storico, due dozzine di suoi articoli, che vanno da uno studio sull'antico gergo furbesco ai Promessi Sposi e alle tragedie del D'Annunzio, da Margherita di Navarra a Giulio Verne, da Arrigo Heine a Goffredo Keller, e trattano, altri, di tradizioni e leggende e del modo di studiarle, rappresenta assai bene la tempra intellettuale del R., che il culto severo degli studî eruditi non distoglieva dall'occuparsi di questioni di vita, specialmente universitaria.
La bibliografa compiuta degli scritti del R., in capo al volume Scritti vari d'erudizione e di critica in onore di R. R., Torino 1912; essa consta di 608 numeri, che salirono poi a 665.
Bibl.: V. Cian e A. Farinelli, R. R., nell'Annuario 1915-16, della R. Univesità di Torino; V. Crescini, R. R. e F. Novati, in Romanica Fragmenta, Torino 1932, p. 154 segg.