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roffia

di Domenico Consoli - Enciclopedia Dantesca (1970)
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roffia

Domenico Consoli

Una sola volta nella Commedia, in rima rara con soffia e paroffia: per il soffio di Borea si purga e risolve la roffia / che pria turbava, sì che 'l ciel ne ride (Pd XXVIII 82).

L'esegesi è stata a lungo incerta sul preciso significato della parola. Per gli antichi essa vale genericamente " oscurità di vapori umidi, spissati e condensi insieme " (Buti; poi Landino e Daniello). Il Lombardi, che ricorda l'uso di Imola e di altri paesi romagnoli (ad es. la voce lombarda ruffa), intende " quella lordura che sulle monete, ed altre cose, col maneggiare cagionasi "; così anche il Cesari. Il Tommaseo spiega " sozzura di vapori ".

Rifacendosi a luoghi degli statuti senesi citati dal Torraca, il Parodi (Lingua 283) propone " ripulitura e spuntatura di pelli conciate ", donde, secondo lo Scartazzini, il valore derivato di " rifiuto ", " immondezza ". Ma il Parodi si preoccupava pure di connettere r. con l'antico francese roife e il settentrionale rofia, " forfora, crosta, desquamazione della lebbra "; " appunto questo ", nota il Contini (Lect. Scaligera III 1014), " è il termine presente, non quello tecnico dei pellai che ne è una specificazione; è la lebbra del cielo che spazza il maestrale, la roife di uso letterario, fra Gautier de Coincy e la canzone di Ami et amile ".

Vocabolario
róffia
roffia róffia s. f. [dal longob. hruf «forfora»], ant. raro. – Propriam., spuntatura di pelli conciate; quindi, scoria, rifiuto. In senso fig., con riferimento alle nuvole (che formano come una lordura che copre il cielo): rimane splendido...
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