roffia
Una sola volta nella Commedia, in rima rara con soffia e paroffia: per il soffio di Borea si purga e risolve la roffia / che pria turbava, sì che 'l ciel ne ride (Pd XXVIII 82).
L'esegesi è stata a lungo incerta sul preciso significato della parola. Per gli antichi essa vale genericamente " oscurità di vapori umidi, spissati e condensi insieme " (Buti; poi Landino e Daniello). Il Lombardi, che ricorda l'uso di Imola e di altri paesi romagnoli (ad es. la voce lombarda ruffa), intende " quella lordura che sulle monete, ed altre cose, col maneggiare cagionasi "; così anche il Cesari. Il Tommaseo spiega " sozzura di vapori ".
Rifacendosi a luoghi degli statuti senesi citati dal Torraca, il Parodi (Lingua 283) propone " ripulitura e spuntatura di pelli conciate ", donde, secondo lo Scartazzini, il valore derivato di " rifiuto ", " immondezza ". Ma il Parodi si preoccupava pure di connettere r. con l'antico francese roife e il settentrionale rofia, " forfora, crosta, desquamazione della lebbra "; " appunto questo ", nota il Contini (Lect. Scaligera III 1014), " è il termine presente, non quello tecnico dei pellai che ne è una specificazione; è la lebbra del cielo che spazza il maestrale, la roife di uso letterario, fra Gautier de Coincy e la canzone di Ami et amile ".