ROGATORIA INTERNA
. L'organo giurisdizionale non può esercitare il suo potere che nei limiti della propria giurisdizione, e quindi, fuori del distretto non può compiere alcun atto relativo al processo di cui è investito. Tale principio, rigidamente applicato, produrrebbe la paralisi nell'amministrazione della giustizia tutte le volte che gli elementi per la decisione non si trovassero tutti nell'ambito della giurisdizione del magistrato. Soccorre per tali eventualità l'istituto della commissione rogatoria interna, il quale, senza immutare nella ripartizione della competenza territoriale fra gli organi giurisdizionali dello stato, dà modo al giudice di acquisire al processo elementi che possono solo essere raccolti dal giudice di un altro distretto: esso, cioè, rivolge a questo una richiesta. Ma il giudice nell'inviare una commissione rogatoria al giudice di un altro distretto non esplica un'attività giurisdizionale; esso esplica semplicemente un'attività amministrativa, in quanto non compie nessun atto che rientra nelle sue funzioni di dichiarare il diritto nel caso concreto procurandosi conseguentemente i mezzi necessarî, ma la ricerca di tali mezzi commette ad altro magistrato, il quale dal suo canto rimane nei limiti delle proprie funzioni allorché esegue l'incarico affidatogli.
Dato che l'amministrazione della giustizia è una delle funzioni fondamentali dello stato, il magistrato, cui la commissione rogatoria è diretta da un altro magistrato, deve ritenersi non solo autorizzato, ma obbligato a corrispondervi, perché unicamente con l'esecuzione di essa è possibile al magistrato da cui proviene di esercitare il suo ufficio. Ben diversa è la situazione allorché la commissione rogatoria gli pervenga dal magistrato di un altro stato, in quanto col magistrato straniero non si trova in rapporto di coordinazione: in questo caso gli stati mediante particolari convenzioni possono assumere impegni in proposito e il magistrato non può che seguire la linea di condotta fissata dallo stato.
Quantunque il magistrato per corrispondere a una commissione rogatoria interna non abbia bisogno di un comando espresso dello stato, si è ritenuto opportuno emanare disposizioni particolari così in materia civile come in materia penale. Dispone l'art. 208 capov. del codice di procedura civile che, se la prova si debba eseguire nella giurisdizione. di altra autorità giudiziaria, si può o richiedere questa di delegare uno dei suoi giudici, o commettere direttamente il pretore del mandamento in cui la prova deve farsi. Sono, dunque, due i modi con i quali si può superare la difficoltà derivante dal fatto che la prova si debba eseguire nella giurisdizione di un altro tribunale, ma si risolvono ambedue in una richiesta, in una commissione rogatoria: ciò è chiaro quando la prova è commessa direttamente al pretore; ma, anche quando si lascia all'autorità giudiziaria richiesta di delegare allo stesso scopo un suo magistrato, in sostanza si dà a essa mandato di raccogliere la prova pur rimettendosi all'autorità stessa la delega del magistrato che dovrà effettivamente farlo. Il regolamento generale giudiziario aggiunge che, nel caso previsto nell'art. 208 del codice e in ogni altro caso analogo, le richieste da uno ad altro tribunale dello stato si fanno nella sentenza che prescrive la richiesta operazione, o per lettere requisitorie sottoscritte dal presidente e dal cancelliere (s'indica l'istituto della commissione rogatoria con la traduzione letterale del termine latino: litterae requisitoriales).
Analogamente in materia penale: stabilisce infatti l'art. 296 del codice di procedura penale che il giudice, per gli atti da compiere nella circoscrizione di altro tribunale, richiede in via normale il giudice istruttore o il pretore del luogo.
Infine, a termini dell'articolo 171 della legge consolare i tribunali dello stato possono per il tramite del Ministero della giustizia indirizzare rogatorie ai consoli e ai tribunali consolari, e viceversa questi possono rivolgersi tanto ai tribunali dello stato, quanto agli altri tribunali consolari italiani.