roggio; robbio
robbio. Per le due forme, dal latino rubens, v. Parodi, Lingua 227-228. Per il significato, l'aggettivo si distingue da ‛ rosso ' per aver sempre rapporto col fuoco: " rosso come fuoco ", " color fiamma ", " colore affocato di cosa che arde ". Due volte è in rima (If XI 73 e Pg III 16); altre due occorrenze in If XIX 33 e Pd XIV 87.
Nel primo caso termine è riferito alla città di Dite, detta città roggia per eccellenza, la città del foco (X 22) le cui meschite sono vermiglie come se di foco uscite / fossero (VIII 70-73), e che il foco etterno / ch'entro l'affoca... dimostra rosse (vv. 73-74); l'alta torre ha la cima rovente (IX 36) e, all'interno, tra li avelli fiamme erano sparte (v. 118).
L'Andreoli cita il Borghini; " Roggio... è fuoco rovente e che tende al colore della ruggine "; dunque il colore è qui di un cupo rosso affocato.
Più violento e luminoso il colore indicato dall'aggettivo in Pg III 16, come può essere quello del sole che fiammeggiava roggio, " splendebat rubeus " (Benvenuto), " come fiamma " (Buti): era l'alba, e il sole, a causa della densità dell'atmosfera, aveva un intenso colore non dissimile da quando tramonta.
Forse ancora più intenso e violento il colore di Marte (l'affocato riso de la stella / ... mi parea più roggio che l'usato, Pd XIV 87): Marte, che già ha una luce rossastra, appare molto rosseggiante quando è basso sull'orizzonte (cfr. Cv II XIII 21 e Pg II 13-15); nel caso in questione esso " videbatur rubicundior sole " (Benvenuto) e il suo riso, la sua luce ‛ affocata ' è ancora più rossa " per letizia dell'entrata di Dante e Beatrice in esso (cfr. Par. V, 94-96) " (Chimenz). La più roggia fiamma che succia i piedi dei papi simoniaci (If XIX 33) è non tanto " più rossa ", con riferimento al colore, bensì " più viva ", con riferimento al calore e alla intensità del tormento; " come se la fiamma assorbisse gli umori delle membra del paziente " (Casini-Barbi; per il testo cfr. Petrocchi, Introduzione 180).
Anche ‛ robbio ' indica il colore del fuoco rovente; appare soltanto una volta, in rima (con conobbi e addobbi, unico esempio di rima in -obbi): con tanto lucore e tanto robbi / m'apparvero splendor dentro a due raggi, / ch'io dissi: " O Elïòs che sì li addobbi! " (Pd XIV 94).
" Latinismo dantesco " lo definisce il Parodi (Lingua 228), il quale, non trovandone altri esempi, aggiunge: " Potevano concorrere a suggerirlo il prov. rob e il nostro robbia ". Consegue senza dubbio alla ricerca di un effetto stilistico la successione, a distanza di due terzine, della forma popolare, posta nel mezzo del verso, e del latinismo addotto a comporre una rima difficile, secondo un'abitudine cara a Dante.
V. Anche ROSSO; RUBECCHIO; VERMIGLIO.