ROGOZEN
Località della Bulgaria nord-occidentale, 43 km a Ν di Vraca, nel territorio anticamente abitato dalla tribù tracia dei Triballi, dove è stato rinvenuto il più grande tesoro finora noto (sia per numero di pezzi, sia per valore storico-artistico) di prodotti della toreutica tracia (v. toreutica). Il ritrovamento è avvenuto in due tempi: nel luglio 1985 sono riaffiorati fortuitamente, in occasione di lavori agricoli, sessantacinque vasi d'argento; nel gennaio 1986 gli archeologi del Museo Storico di Vraca hanno riportato alla luce altri cento vasi. Il tesoro si trovava a 40-50 cm di profondità, in due fosse, alla distanza di 5 m l'una dall'altra; i vasi erano stati raccolti verosimilmente in due sacchi.
Secondo alcuni studiosi questi pezzi si datano tra gli inizî del V e la fine del IV sec. a.C., mentre altri li collocano tra la metà del V e gli inizî del III sec. a.C., datazione che sembra più attendibile. I vasi sono in argento, per un peso complessivo di 20 kg e alcuni presentano una decorazione dorata. In base alla forma si dividono in tre gruppi: centootto phiàlai, cinquantaquattro brocche, tre tazze. Queste ultime e sei phiàlai sono dorate.
La phiàle è assai diffusa in Tracia ed è utilizzata sia nella vita quotidiana, sia nei riti religiosi: nel tesoro ve ne sono di varie forme e dimensioni, con decorazioni diverse. Trentasette esemplari sono lisci, diciannove ornati con elementi vegetali, geometrici o figurati, cinquantadue con baccellature. Parte delle phiàlai lisce hanno corpo profondo emisferico, del tipo «calyx-cup», conosciuto in Grecia negli ultimi decenni del IV sec. a.C. e attestato in altri tesori traci della Bulgaria settentrionale (Lukovit, Bukovci). Una seconda serie di phiàlai, ornate con baccellature combinate in maniera diversa, raggiunge un altissimo livello artistico e tecnico, e si può confrontare con esemplari achemenidi, come suggerisce il rinvenimento di Deve Hüyük.
Un terzo gruppo presenta una decorazione a fiori di loto, alternata a elementi a mandorla su una o due file; su alcuni esemplari il loto è sostituito da palmette. Le phiàlai con la decorazione c.d. Blutenkelch in Tracia subiscono l'influsso di più antiche forme achemenidi, ma il tema del motivo decorativo si conserva anche più tardi in esemplari ellenistici della Grecia; su alcune di esse si incontrano anche motivi antropomorfi e zoomorfi, teste umane, di animali e di uccelli; due, ritenute di importazione greca, sono decorate l'una con coppie di leoni alati e grifoni, l'altra, con un medaglione applicato al centro, che raffigura Auge ed Eracle e reca l'iscrizione esplicativa: δηλαδη αυγη. Molti studiosi ritengono che vi sia rappresentata una scena ispirata a una tragedia di Euripide. Gran parte delle phiàlai, che non si datano prima del secondo quarto del IV sec. a.C. e più tardi del primo quarto del III sec. a.C., sono lavorate in botteghe locali tracie su modelli ionici e greci.
Anche le brocche si distinguono per la grande varietà dei motivi decorativi (nessun vaso è privo di decorazione): prevalgono le baccellature verticali, a lingua, disposte sul corpo e sulle spalle, spesso separate da una o due file di fasce orizzontali a rilievo con ornamento a ovoli o altro. Le baccellature orizzontali si incontrano soltanto su una brocca; dieci di esse sono decorate con motivo di foglie plastiche, conosciuto sia da altri rinvenimenti traci, sia in centri greci. Particolare interesse presentano sei brocche con decorazione a fregi figurati, di controversa interpretazione, ma sicuramente a carattere mitologico. Una brocca è decorata con due figure simmetriche di dea con arco in mano, a cavallo di una leonessa, accompagnate da un motivo noto attraverso altri esemplari traci, e cioè da un leone che assale un cervo; un'altra, senza dubbio un capolavoro, presenta due carri tirati da quattro cavalli alati affrontati, guidati secondo alcuni studiosi (Marazov) dalla Grande Dea e da sua figlia, secondo altri (Venedikov) dalla dea e da Apollo. La grande dea alata, o Artemide asiatica, tra due coppie di centauri e toro aggredito da cani, adorna l'altra brocca. In un'altra scena, si vede solo una figura, di incerta interpretazione, che insegue con la lancia una figura maschile nuda con gli attributi di Eracle (pelle di leone e clava): si tratta di Apollo contro Eracle o Eracle contro un'Amazzone. Un altro esemplare presenta una scena forse interpretabile come Bellerofonte e Chimera. Le raffigurazioni rivelano forti fenomeni di sincretismo nell'arte tracia sin dall'epoca pre-ellenistica, cosa del tutto spiegabile se si ha presente il contesto dinamico in cui si sviluppano la società e la cultura tracie. La somiglianza, nella composizione dei rilievi e nella resa dei dettagli, con le brocche e con i rhytà di Porojna e con altri tesori della Bulgaria settentrionale e della Romania fa pensare che esistesse una fiorente bottega nella Bulgaria nordoccidentale, che lavorava attivamente nella seconda metà del IV sec. a.C.
Su parte dei vasi si trovano iscrizioni in lingua greca, nomi propri e di villaggi. Secondo le norme attiche sono indicati i nomi dei re Odrisi Cotis I (383-359 a.C.) e Cersoblepte, suo figlio (359-341 a.C:). A questa cerchia va ricollegato anche il nome di Sadoco e di Didjukamos; quest'ultimo nome è forse di un ignoto aristocratico o sovrano dei Triballi. Dislojas si considera come nome del maestro. I nomi di villaggi della Tracia-Apros, Ergiske (Argiske), Beos, Sajutaba, Gejstoi si localizzano nella Tracia meridionale, nelle terre degli Odrisi e si presume siano stati prodotti nelle botteghe reali. Significato eccezionale in relazione con la religione tracia ha anche l'iscrizione che menziona Kotis, figlio di Apollo.
Secondo alcuni studiosi, i vasi del tesoro farebbero parte della tesoreria reale, e sarebbero stati accumulati come tributi delle città suddite oppure sarebbero doni offerti al re odrisio. Egli dal canto suo li avrebbe donati ai suoi alleati - sovrani Geti e Triballi. Secondo altri, i vasi farebbero parte del patrimonio di un santuario tracio, che forse era nelle vicinanze del luogo di ritrovamento. Altri ancora ritengono che il tesoro avrebbe un carattere rituale e così pure il suo sotterramento, e si tratterebbe di dono del re alla Grande Dea Madre, cioè alla Terra. Contemporaneamente si propongono ipotesi collegate a concreti avvenimenti politici che ne avrebbero causato il sotterramento: la campagna di Filippo II il Macedone contro gli Sciti nel 339 a.C. oppure la vittoria di Alessandro Magno nel 335 a.C. sul sovrano dei Triballi, Sirm.
Bibl.: i. Marazov, The Rogozen Treasure, Sofia 1989; B. F. Cook (ed.), The Rogozen Treasure. Papers of the Anglo-Bulgarian Conference, London 1987, Londra 1989; Α. Fol, Der Schatzfund von Rogozen. Zum Hellenismus in Südosteuropa, in Akten des XIII. Internationalen Kongresses für klassische Archäologie, Berlin 1988, Magonza 1990, pp. 195-205.
(M. Čičicova)