ROLANDO da Cremona
ROLANDO da Cremona. – Nacque a Cremona attorno al 1178. Le fonti non restituiscono informazioni circa l’appartenenza familiare.
Si può supporre che, analogamente ad altri illustri filosofi (Gherardo, Prepositino, Moneta) e medici (Adamo) del XII secolo originari della stessa città, abbia maturato una prima formazione presso la locale scuola capitolare. Fu forse in quell’ambiente o a Bologna, dove successivamente insegnò, che costruì un significativo bagaglio culturale, in cui a posteriori sembra predominare il sapere medico. È certo che al momento della conversione alla vita religiosa, avvenuta tra il dicembre 1218 e l’ottobre 1219, Rolando era un affermato docente di arti e medicina presso lo Studium bolognese. L’incontro decisivo per l’ingresso nelle fila del neocostituito Ordine domenicano, risalente forse al luglio del 1218, fu quello con Reginaldo d’Orléans, fondamentale tramite per il reclutamento della prima generazione di frati dal contesto universitario locale.
L’improvvisa vocazione di Rolando, verificatasi in un frangente delicato per la neonata comunità dei Predicatori, fu clamorosa, data la solida fama intellettuale di cui già allora godeva il magister cremonese («fama celebris et excellens in philosophicis» – o «in physicis», variante concorrente nella tradizione manoscritta –, stando alle Vitae fratrum di Gerardo di Frachet: Gerardi de Fracheto Vitae fratrum..., a cura di B.M. Reichert, 1896, p. 26) scritte una quarantina d’anni dopo. Evidentemente per questo motivo nello stesso 1219 Reginaldo inviò Rolando a Parigi per insegnare teologia ai frati di Saint-Jacques; ma l’anno successivo il Capitolo generale dell’Ordine svoltosi a Bologna lo sollevò dall’incarico di lector in favore di Giordano di Sassonia. Fece probabilmente ritorno nella provincia domenicana d’origine, per poi compiere il percorso inverso con lo stesso Giordano in occasione del Capitolo parigino del 1228.
A quel medesimo anno, secondo la non sempre affidabile cronologia offerta dai frammenti della trecentesca Chronica maior Ordinis Praedicatorum di Galvano Fiamma (edita in G. Odetto, La cronaca maggiore, 1940), risalirebbe la fondazione a opera del magister del convento di S. Guglielmo a Cremona, avvenuta con il contributo del confratello e concittadino Moneta.
A Parigi, Rolando divenne baccelliere sentenziario di Giovanni di S. Egidio, conseguendo nel maggio 1229, primo frate domenicano, la licentia docendi in teologia. Il concomitante sciopero dei maestri secolari indusse il vescovo Guglielmo di Auvergne ad affidare una cattedra di teologia ai domenicani, di cui proprio Rolando fu titolare (primo nella storia dell’Ordine). Anche questa volta il magistero parigino durò un solo anno, terminando nel 1230: nell’occasione il frate cremonese insignì del dottorato il confratello e futuro cardinale Ugo di Saint-Cher. Partito da Parigi non prima dell’autunno, Rolando, forse di concerto con l’autorità papale, trasferì la propria docenza a Tolosa, dove rimase per un biennio a partire dai primi mesi del 1231. Il frate istituì nello Studium della città linguadociana, di recentissima fondazione (1229), la prima cattedra universitaria di teologia.
Tale insegnamento era evidentemente ritenuto strategico in funzione antiereticale, in considerazione dell’alta densità della presenza catara in quel territorio, dove si era combattuta fino a pochi anni prima la crociata e dove si era appena stabilito il tribunale inquisitoriale. Risale forse a questa congiuntura una prima stesura della Summa. Da quel momento in avanti le fonti restituiscono un pressoché esclusivo impegno del frate contro la devianza religiosa, coerentemente con una programmatica frase pronunciata da Rolando nella stessa Tolosa al termine di una sommossa di eretici avvenuta durante la predica di un frate domenicano («Certe nunc oportet quod nos magis ac magis contra hereticos et eorum credentes predicemus»; G. Pelhisson, Chronique..., a cura di J. Duvernoy, 1994, p. 42).
Tornato in Italia, ai primi di ottobre del 1233 – esauritosi il moto devozionale dell’Alleluia, che aveva riguardato diverse città padane – a Piacenza mentre predicava nella piazza antistante la cattedrale Rolando fu bersaglio di un tumulto: la rivolta armata fu orchestrata dal podestà Lantelmo Maineri, cui il frate aveva ingiunto di combattere gli eretici. Il domenicano si salvò a stento («semivivus», riferiscono i documenti, MGH, Epistolae saeculi XIII, I, 1883, n. 556) e, costretto a lasciare la città, dichiarò scomunicato il podestà, ordinandone la cattura. Questa fu successivamente eseguita e, su esortazione dello stesso Rolando, Lantelmo Maineri insieme ad altri rivoltosi incarcerati fu costretto a recarsi a Roma per essere sottoposto al giudizio del papa.
Benché la storiografia abbia frequentemente attribuito a Rolando da Cremona, a partire da questo episodio, la qualifica di inquisitore, tale denominazione non trova riscontro nelle fonti, anche se è indubbio che il frate abbia esercitato compiti di natura repressiva, come risulta anche da alcune testimonianze autobiografiche contenute nelle sue opere. In effetti Rolando agiva in funzione antiereticale in stretto raccordo con l’autorità papale: lo conferma l’esistenza di specifiche direttive in tal senso, reiterate da Gregorio IX il 20 novembre 1234 con la lettera Relatum est: in quell’occasione il pontefice ordinò al domenicano, che aveva fatto catturare due ricchi mercanti fiorentini sospettati d’eresia, di procedere contro di essi «prout per aliud tibi mandatum injunximus» (Bullarium Ordinis Fratrum Praedicatorum, a cura di Th. Ripoll - A. Bremond, 1729, p. 71), se riconosciuti colpevoli, altrimenti di richiedere il deposito di un’ingente cauzione a garanzia della loro ortodossia.
Qualche anno più tardi, tra l’agosto e l’inizio di ottobre del 1238, Rolando si cimentò volontariamente in una pubblica disputa con il filosofo arabo Teodoro d’Antiochia, il quale aveva in precedenza messo in scacco alcuni frati predicatori. Allo scopo, pur malato di gotta, il teologo si diresse verso Brescia, dove, per l’assedio alla città, si trovava accampato l’imperatore Federico II, circondato dal suo seguito: il duello dialettico si concluse con una netta supremazia di Rolando, poi riferita da Umberto di Romans.
L’ultima testimonianza di un incarico in funzione antiereticale è trasmessa dalla lettera Relatu fide digno di Innocenzo IV del 12 marzo 1244, con cui il pontefice affidò al frate cremonese l’avvio di un’inchiesta di alto livello contro Ezzelino III da Romano, accusato di ‘disprezzo delle chiavi’ e perciò sospettato d’eresia: papa Fieschi prescrisse a Rolando di recarsi in un’indefinita città prossima ai domini ezzeliniani per l’apertura dell’inquisitio, citando in contumacia il convenuto e stabilendo che i risultati dell’indagine fossero trasmessi allo stesso pontefice. Da altra lettera non datata di Innocenzo IV (P. Sambin, Problemi politici, 1955, p. 43) siamo informati della prosecuzione dell’inchiesta a opera del domenicano, le cui spese furono addebitate al vescovo veneziano di Castello.
L’erudito settecentesco Giambattista Verci (1779, pp. 341, 575 s.) riferì a Rolando l’invio della successiva bolla Pia mater di Innocenzo IV del 1251 concernente gli sviluppi dell’azione giudiziaria contro Ezzelino, individuando arbitrariamente nel teologo cremonese l’anonimo priore domenicano di Mantova, codestinatario delle istruzioni pontificie. Tale riconduzione, senza alcuna evidenza nelle fonti, è stata in seguito fatta propria da alcuni studiosi.
L’8 aprile 1246 il teologo è presente nella sua città natale, figurando tra i testimoni di un atto riguardante le monache di S. Giovanni della Pipia rogato nel locale convento dell’Ordine. Mancano successive evidenze biografiche fino al 1258, anno in cui, stando alla tarda documentazione dei Monumenta conventus Bononiensis, Rolando ricoprì l’incarico di lector presso lo Studium domenicano di Bologna. Morì poco tempo dopo nello stesso convento, probabilmente, secondo una consolidata tradizione, l’anno successivo.
La notorietà di Rolando da Cremona è essenzialmente legata, oltre che al suo ruolo di capofila ‘accademico’ nell’Ordine, alle sue opere. La loro fortuna fu di breve durata, come testimoniano sia la scarsa tradizione manoscritta, sia l’assenza di richiami agli scritti rolandiani nelle opere teologiche dei secoli XIII e XIV. A questa marginale eco ha in seguito corrisposto una limitata iniziativa editoriale, inversamente proporzionale al ridestarsi dell’interesse della recente storiografia, principalmente dovuta alla precocità della testimonianza storica offerta dalla teologia del domenicano, tra i primi esempi di un nuovo snodo della Scolastica, cui i mendicanti diedero una decisiva impronta. La principale opera teologica di Rolando è la Summa – titolo oggi comunemente invalso, a fronte di concorrenti varianti della tradizione – trasmessa da sei manoscritti, due dei quali deperditi: nessuno dei testimoni superstiti restituisce l’opera nella sua forma integrale.
La Summa è articolata in quattro libri, intitolati rispettivamente De Deo uno et trino, De Deo creatore, De incarnatione e De sacramentis: di questi attualmente, oltre al prologo (Cremascoli, 1975, pp. 858 s.), soltanto il primo e il terzo risultano editi, benché non in forma critica (Summae magistri Rolandi Cremonensis O.P., Liber primus, a cura di L. Cortesi - U. Midali, Bergamo 2015; Summae magistri Rolandi Cremonensis O. P. Liber tercius, a cura di L. Cortesi, Bergamo 1962).
La datazione dell’opera, il cui assetto è probabilmente frutto di diverse fasi redazionali, risulta controversa: una primitiva stesura risalirebbe ai primi anni Trenta, in coincidenza con la docenza transalpina dell’autore. È probabile che il teologo intervenne nuovamente sulla stessa in tempi successivi, una volta rientrato in Italia. La Summa, che non si configura quale commento alle Sentenze di Pietro Lombardo, ma segue un’autonoma e organica struttura, è influenzata dal poliedrico bagaglio culturale di Rolando: il frate riversò nell’opera non solo saperi filosofici – di qui il giudizio del confratello Stefano di Salagnac, secondo cui «Summam quam [Rolandus] fecit philosophiae sale condivit» (Stephanus de Salaniaco - Bernardus Guidonis, De quatuor..., a cura di Th. Kaeppeli, 1949, p. 32) –, ma anche altri apparentemente estranei o lontani, con riferimento alla medicina, all’astronomia e alla zoologia, in ogni caso sempre ausiliari e complementari rispetto alla teologia. Ciò contribuisce a spiegare la ricezione e l’impiego delle opere di filosofia naturale di Aristotele: e se è vero che tali echi non devono essere complessivamente sopravvalutati, pure Rolando può esser considerato un timido apripista di un processo di armonizzazione e coniugazione del pensiero aristotelico con la rivelazione cristiana. È in ogni caso innegabile la precoce conoscenza da parte del teologo anche delle opere aristoteliche di recente traduzione, tra cui l’Etica Nicomachea nella versione di Michele Scoto.
Soltanto a metà del Novecento, grazie alle illuminanti intuizioni di Antoine Dondaine (1941, pp. 109-137), è stata dimostrata la sicura paternità rolandiana di uno scritto esegetico, la Postilla in Iob. L’opera, ancora inedita e – a eccezione del prologo – trasmessa da un unico testimone (Parigi, Bibliothèque nationale de France, Mss., Latin 405), è caratterizzata da una pluralità di indirizzi, tra cui predomina l’intento antiereticale. Dal momento che la lettura di uno specifico libro biblico caratterizzava la docenza universitaria della teologia, è probabile che la Postilla, salvo successivi riadattamenti, sia stata scritta a inizio anni Trenta, in corrispondenza del magistero parigino e tolosano del frate. Al domenicano è infine attribuito un Sermo in coena Domini di recente edizione (P.B. Hodel, Un sermone di Rolando da Cremona per il Giovedì Santo?, in Divus Thomas, CVI (2003), 3, pp. 60-77).
Fonti e Bibl.: Bullarium Ordinis Fratrum Praedicatorum, a cura di Th. Ripoll - A. Bremond, I, Romae 1729, pp. 69, 71, 135; G. Mussi, Chronicon Placentinum, in L.A. Muratori, RIS, XVI, Milano 1730, col. 461; Bullarium Franciscanum, a cura di G.G. Sbaraglia, I, Romae 1759, pp. 132-134; MGH, Epistolae saeculi XIII e regestis pontificum Romanorum selectae, a cura di C. Rodenberg, I, Berolini 1883, nn. 556, 559, II, 1887, nn. 52, 187; Les registres d’Innocent IV, a cura di É. Berger, I, Paris 1884, nn. 518, 1988; Umberto di Romans, Expositio Regulae B. Augustini, in Id., Opera de vita regulari, a cura di J.J. Berthier, I, Romae 1888, pp. 437 s.; Monumenta conventus Bononiensis, in Analecta Ordinis Praedicatorum, I (1893-1894), pp. 396, 399; L. Astegiano, Codex diplomaticus Cremonae. 715-1334, I, Torino 1896, p. 276; Gerardi de Fracheto Vitae fratrum ordinis Praedicatorum, a cura di B.M. Reichert, Lovanii 1896, pp. 26, 38, 168, 275, 335; Les registres de Grégoire IX, a cura di L. Auvray, I, Paris 1896, nn. 1560, 1569, 1607, 2065, 2066, 2107, 2216, 2603; Galvagni de la Flamma Cronica, a cura di B.M. Reichert, Romae-Stuttgardiae 1897, pp. 19, 98; G. Borselli, Cronica gestorum ac factorum memorabilium civitatis Bononie, a cura di A. Sorbelli, in RIS2, XXIII, 2, Città di Castello 1929, p. 19; G. Odetto, La cronaca maggiore dell’ordine domenicano di Galvano Fiamma. Frammenti inediti, in Archivum Fratrum Praedicatorum, X (1940), pp. 345, 350-352; Stephanus de Salaniaco - Bernardus Guidonis, De quatuor in quibus Deus Praedicatorum Ordinem insignivit, a cura di Th. Kaeppeli, Romae 1949, pp. 32 s.; P. Sambin, Problemi politici attraverso lettere inedite di Innocenzo IV, Venezia 1955, p. 43; G. Pelhisson, Chronique (1229-1244), a cura di J. Duvernoy, Paris 1994, pp. 40, 42, 44; Pietro da Ripalta, Chronica Placentina, Piacenza 1995, pp. 79 s.
P.M. Campi, Dell’historia ecclesiastica di Piacenza, II, Piacenza 1651, pp. 149, 154; J. Quétif - J. Échard, Scriptores Ordinis Praedicatorum, I, Lutetiae Parisiorum 1719, pp. 125-127, 195; P.M. Domaneschi, De rebus coenobii Cremonensis Ordinis Praedicatorum, Cremonae 1767, pp. 134-147; G.B. Verci, Storia degli Ecelini, III, Bassano 1779, pp. 296, 341, 575 s.; L. Luchini, Il beato Rollando da Cremona Maestro di san Tommaso d’Aquino in Cremona e sue opere, Cremona 1886; M. Sarti - M. Fattorini, De claris Archigymnasii Bononiensis professoribus a saeculo XI usque ad saeculum XIV, Bononiae 1888-1896, I, pp. 534 s.; F. Ehrle, S. Domenico, le origini del primo Studio Generale del suo Ordine a Parigi e la Somma Teologica del primo maestro, R. da Cremona, in Miscellanea dominicana, Romae 1923, pp. 85-134; P. Glorieux, Répertoire des maitres en théologie de Paris, Paris 1933, pp. 36, 42 s.; E. Filthaut, Roland von Cremona O.P. und die Anfänge der Scholastik im Predigerorden, Vechta 1936; O Lottin, Roland de Crémone et Hugues de Saint-Cher, in Recherches de théologie ancienne et médiévale, XII (1940), pp. 135-143 (poi in Id., Psychologie et morale aux XIIe et XIIIe siécles, Gembloux 1960, pp. 171-180); A. Dondaine, Un commentaire scripturaire de Roland de Crémone «Le livre de Job», in Archivum Fratrum Praedicatorum, XI (1941), pp. 109-137; E. Preto, Un testo inedito: la ‘Summa theologica’ di R. da Cremona, in Rivista di filosofia neoscolastica, XL (1948), pp. 45-72; M.-H. Vicaire, Roland de Crémone ou la position de la théologie a l’Université de Toulouse, in Les universités du Languedoc au XIIIe siècle, Toulouse 1970, pp. 145-178 (poi in Id., Dominique et ses prêcheurs, Fribourg-Paris 1977, pp. 75-100); G.B. Melloni, Atti o Memorie degli uomini illustri in santità nati o morti in Bologna (Supplimento alla I e II classe), a cura di A. Benati - M. Fanti, Firenze-Roma 1971, pp. 67-76; G. Cremascoli, La «Summa» di R. da Cremona. Il testo del prologo, in Studi medievali, s. 3, XVI (1975), pp. 825-876; P. Marangon, S. Antonio, R. da Cremona e la nuova cultura. Spunti per una ricerca, in Il Santo, XVI (1976), pp. 131-137 (poi in Id., Ad cognitionem scientiae festinare. Gli studi nell’Università e nei conventi di Padova nei secoli XIII e XIV, a cura di T. Pesenti, Trieste 1997, pp. 126-134); Th. Kaeppeli, Scriptores Ordinis Praedicatorum Medii Aevi, III, Romae 1980, pp. 330 s.; A. D’Amato, I domenicani a Bologna, I, Bologna 1988, pp. 45 s., 66, 131, 141 s.; M.M. Mulchahey, “First the bow is bent in study”. Dominican education before 1350, Toronto 1998, pp. 30 s., 60-67, 227 s., 364, 371, 502 s.; F. Santi, Il cielo dentro l’uomo. Anime e corpi negli anni di Federico II, in Federico II “Puer Apuliae”: storia, arte, cultura, a cura di H. Houben - O. Limone, Galatina 2001, pp. 143-170; A. D’Amato, Il primo aristotelismo a Bologna. R. da Cremona - Bombologno da Bologna, in La Chiesa di Bologna e la cultura europea, Bologna 2002, pp. 63-79; R. Lambertini, Studia dei Frati Predicatori ed Università: prospettive di studio sul caso bolognese, in Domenico di Caleruega e la nascita dell’ordine dei frati Predicatori, Spoleto 2005, pp. 483-487; L. Baietto, Il papa e le città. Papato e comuni in Italia centro-settentrionale durante la prima metà del secolo XIII, Spoleto 2007, pp. 292-295; B. Faes de Mottoni, Figure e motivi della contemplazione nelle teologie medievali, Firenze 2007, pp. 49-100; R. Parmeggiani, Studium domenicano e Inquisizione, in Praedicatores/doctores. Lo Studium Generale dei frati Predicatori nella cultura bolognese tra il ’200 e il ’300, a cura di R. Lambertini, Firenze 2009, pp. 118-122; Id., R. da Cremona († 1259) e gli eretici. Il ruolo dei frati Predicatori tra escatologismo e profezia, in Archivum fratrum Praedicatorum, LXXIX (2009), pp. 23-84.