ROLANDO (Rolandus/Orlandus Guamignani/Guarmignani) da Lucca
ROLANDO (Rolandus/Orlandus Guamignani/Guarmignani) da Lucca. – Autore del più antico trattato di diritto pubblico prodotto dalla dottrina giuridica medievale (Summa Trium Librorum), Rolando fu una figura di spicco nel governo consolare di Lucca e nei primi anni di affermazione del regime podestarile.
Le indicazioni autobiografiche da lui fornite nel proemio della Summa consentono di identificarlo con l’attivissimo Rolandus Guamignani iudex, presente nella documentazione lucchese in più di ottanta occasioni a partire dal 1153.
Il patronimico attesta la discendenza di Rolando e dei suoi quattro fratelli (Ildebrandus, Guidoctus, Guamignanus e Ronciliatus) da Guamignanus, possessore fondiario nell’area di Guamo, oggi frazione del Comune di Capannori, a sud-est di Lucca. Tanto il profilo fondiario, quanto la residenza comune di Rolando e dei fratelli in una torre situata nella curtis regia, nucleo abitativo più antico di Lucca e centro dell’amministrazione longobarda fino al IX secolo, spingono a inquadrare i Guamignani nella fascia medio-alta della popolazione lucchese.
L’impressione è confermata dall’assunzione di magistrature consolari da parte sia di Rolando sia dei fratelli Guidoctus e Guamignanus, entrambi consules treguanorum rispettivamente nel 1182 e nel 1209.
La specializzazione nel campo del diritto di Rolando, primo della sua famiglia ad abbracciare la carriera di iudex, contribuì a innalzare le sorti dei Guamignani nel corso del XIII secolo, accorciando la distanza dalle maggiori famiglie aristocratiche lucchesi (gli Avvocati, i filii Malpilii, discendenti dall’influente casta di iudices cittadini dell’XI secolo e dotate di patrimoni fondiari di estensione nettamente superiore). Il successo nell’amministrazione lucchese di Rolando, che dall’inizio del Duecento viene definito dominus, e le carriere di notarius e di iudex et notarius Romani Imperii svolte nella seconda metà del secolo dai suoi due parenti Bonaventura e Guidoctus contribuiscono a spiegare l’inclusione dei Guamignani tra i «potentes e casatici» nella lista contenuta dallo statuto di Lucca del 1308, dove non si percepisce più distintamente il confine tra famiglie di antica e recente affermazione.
Se si eccettua il riferimento a un filiaster di nome Simeon, nel 1181, non è nota una discendenza diretta di Rolando, sposato prima ad Atha filia Henrici, poi a Gemma quondam Dentis.
L’ipotesi di un coinvolgimento della famiglia nel settore commerciale di area pisana è priva di fondamento, mentre appare meno remota la supposizione di interessi nel campo della zecca lucchese. Benché fondata sul solo argomento della prossimità della turris dei Guamignani al luogo di coniazione della moneta a Lucca (sito anch’esso nella curtis regia), l’idea parrebbe confortata dalla presenza di Rolando, in veste di testimone, all’accordo fra Lucca e Pisa sul funzionamento delle rispettive zecche, siglato a Pisa nella chiesa di S. Sisto nel 1181, e, sul piano culturale e dottrinale, dal notevole interesse mostrato dal giudice per il tema della moneta nella sua Summa.
La carriera di Rolando esemplifica soprattutto le possibilità di ascesa offerte dalla formazione giuridica, a partire dalla rinascita degli studi di diritto colto del XII secolo. I contenuti tecnici e culturali che nelle nuove scuole di diritto si associarono alla qualifica di iudex contribuirono a ricongiungere questo titolo all’articolato bagaglio di conoscenze giuridiche dal quale nel corso dell’Alto Medioevo si era andato invece sempre più slegando. Proprio all’epoca di Rolando, in effetti, il titolo di iudex cessò di essere monopolio a Lucca di una ristretta élite urbana, che era giunta persino a tramandare ereditariamente una qualifica attestante ormai solo uno status, e non più una professione.
L’aspirazione statuale dei comuni italiani rese invece evidente la necessità di arruolare personale in grado di far fronte alle sfide amministrative provenienti soprattutto dai settori della giurisdizione e della fiscalità.
Ben si comprende, dunque, l’impressionante numero di incarichi pubblici che in breve tempo furono affidati a Rolando in forza della sua preparazione culturale: nel 1179 fu responsabile, insieme ad altri due ufficiali, del debito pubblico di Lucca (iustitiator communis debiti lucani); nel 1182 fu nominato Lucensium foretanorum causarum consul, membro cioè della curia foretanorum (detta anche Sancti Alexandri), competente sulle liti fra abitanti del contado, e fra cittadini e residenti all’interno delle cosiddette Sei miglia (il territorio sul quale Lucca rivendicava la propria giurisdizione e che le venne riconosciuto ufficialmente dall’imperatore Enrico VI con un diploma del 1186); nel 1202 amministrò giustizia in qualità di iudex delegatus per conto del primo podestà locale (Ildebrando da Porcari), mentre nel 1217-18 presiedette il tribunale designato alle cause sui confini (Lucensium causarum finiandarum consul) nella curia detta di San Cristofano. Nel 1188 è ricordato come testimone di trattati di pace tra Pisa e Genova ratificati a Lucca, nella curia del vescovo, e in un passo della sua Summa afferma di essere stato spesso ambasciatore per la sua città, forse in un’occasione anche a Genova (descrive infatti la posizione del faro della città ligure).
A questa carriera di carattere amministrativo, Rolando affiancò l’attività di consulente e avvocato, la cui rilevanza è deducibile dalla statura delle parti che rappresentò: nel 1179 risulta consulente di Tancredi quondam Sineanime, uno degli esponenti più in vista dell’antica famiglia lucchese degli Avvocati (iudices, vicedomini episcopali, missi imperiali e comites sacri palatii), nel 1184 e nel 1187 fu advocatus dello spedale di Altopascio (e dunque coinvolto nell’amministrazione del vastissimo patrimonio fondiario di questo grande ente), mentre nel 1196 esercitò giustizia delegata per conto dei potenti signori territoriali ‘da Porcari’ (iudex delegatus dominatuum de Porcari).
Nello svolgimento di tali attività, Rolando entrò in contatto con il mondo della burocrazia sveva toscana, i cui compiti fiscali analizzò, da un punto di visto teorico, nella sua Summa, denunciando gli abusi di coloro che identificava come procuratores fisci (o cesariani), vale a dire gli ufficiali preposti dall’imperatore all’esercizio di uffici pubblici e alla riscossione delle imposte.
Un profilo a sé stante assumono gli incarichi che vedono Rolando interagire con i vertici della Chiesa lucchese o con enti ecclesiastici locali: al menzionato ruolo di advocatus per lo spedale di Altopascio, Rolando affiancò l’esercizio dello iuspatronatus sulla chiesa di S. Pietro a Guamo (1215) e il frequente intervento, in veste di arbiter, in liti che vedevano coinvolti il vescovo e altri enti ecclesiastici. Come molti altri giudici e notai di Lucca, intrattenne rapporti privilegiati con i canonici di S. Martino, ricevendo da loro terre in affitto, figurando spesso testimone nei loro atti e rivestendo nel 1182 il ruolo di arbiter nella lite che oppose ai canonici la potente famiglia degli Allucinghi, per terre ubicate nella località di Verciano.
La fiducia in lui riposta dall’amministrazione comunale, da grandi famiglie aristocratiche toscane e da prestigiosi enti ecclesiastici fu certamente motivata dalla straordinaria cultura giuridica acquisita da Rolando intorno agli anni Sessanta del XII secolo, non sappiamo in quale ambiente scientifico. Se manca qualsiasi prova di una frequentazione dello Studium bolognese, la familiarità di Rolando con l’ambiente pisano potrebbe indicare il conseguimento a Pisa di una formazione specialistica in diritto romano, in qualche struttura didattica dagli incerti contorni.
In un documento del 1169 è detto causidicus, ma egli stesso ricorda nella sottoscrizione autografa di essere divenuto poi iudex sacri palatii, qualifica da lui stabilmente adottata nei decenni successivi in tutti i documenti da lui sottoscritti. Iudex domini imperatoris o semplicemente iudex sono i titoli alternativi con cui figura, salvo un’occasione in cui è definito iurisperitus nel 1188, quando è testimone della pace tra Pisa e Genova, mentre non è detto mai notarius né iudex et notarius, come spesso si qualificava invece il personale giudiziario toscano della sua epoca.
La solida fede imperiale, in linea con il tradizionale schieramento di Lucca nei primi secoli di storia comunale, ispirò profondamente non solo la sua attività professionale, ma anche la produzione scientifica. Se ciò risulta evidente dalla composizione di un’operetta apologetica ancora inedita, dal titolo Tractatus de Imperatore, anche la scelta di scrivere un commento dotto sugli ultimi tre libri del Codice di Giustiniano fu in buona parte motivata dal desiderio di Rolando di illustrare le prerogative dell’imperatore ed esaltarne la funzione. I cosiddetti Tres Libri rappresentavano infatti il luogo in cui era stato un tempo concentrato il diritto pubblico romano, e una delle sezioni più trascurate del Corpus iuris civilis nei secoli altomedievali. La dettagliata spiegazione che contenevano degli organi di rappresentanza romani, dei diritti e doveri del civis e in particolare del funzionamento della fiscalità tardoantica non poteva però che entusiasmare i giuristi comunali di fine XII secolo, che nelle strutture statali romane videro un modello di riferimento per le nascenti esperienze politiche cittadine. Benché commentati anche da professori di scuola, i Tres Libri furono trattati integralmente solo da Rolando, giudice militante e non docente, se si eccettua la possibilità di un’informale attività didattica da lui forse svolta a livello locale.
La dedica della Summa Trium Librorum all’imperatore Enrico VI e l’accenno alla sua avvenuta incoronazione rivelano che una prima versione dell’opera fu composta da Rolando tra il 1195 e il 1197.
Come rivela una parte della tradizione manoscritta, sul testo egli tornò però più volte soprattutto per due ragioni: il desiderio di aggiornare il commento alle antiche costituzioni romane, alla luce delle vicende politiche duecentesche che lo videro ancora protagonista; e la lettura dei commenti parziali ai Tres Libri di Piacentino e Pillio da Medicina, integralmente inglobati da Rolando in una seconda versione della sua opera.
La presenza, in quest’ultima, di una citazione del Liber Extra di Gregorio IX solleva il quesito se Rolando possa essere vissuto fino al 1234, ben 13 anni più tardi dell’ultima testimonianza che lo ritrae in vita a Lucca, o se la citazione non sia piuttosto frutto di un intervento postumo.
Il testo di Rolando fu conosciuto nelle scuole e probabilmente a Bologna, forse proprio nel circuito intellettuale di Accursio, come l’opera del figlio Francesco sembra in particolare suggerire. Molti dei numerosi casus da lui composti in margine alla Glossa paterna hanno a oggetto, infatti, la fiscalità municipale, e nella loro elaborazione egli sembra debitore nei confronti delle riflessioni di Rolando e di Pillio da Medicina. La Summa Trium Librorum è ancora citata, a metà del Trecento, dal grande giurista lombardo Alberico da Rosciate, che la addita come una delle fonti di riferimento civilistiche per la materia del prelievo fiscale. Una parte del testo, confluita nei manoscritti contenenti la raccolta delle Summae di Azzone, finì per passare a stampa insieme a esse. Solo da alcuni anni la storiografia giuridica ne ha riconosciuto la paternità.
L’ultima testimonianza che lo segnala in vita risale al 1221.
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