ROSSI, Rolando
– Nacque attorno alla metà degli anni Ottanta del Duecento da Guglielmo e da Donella da Carrara: era forse il maggiore dei figli maschi (Litta, 1837, tav. II).
Esule con la famiglia al tempo della signoria di Giberto da Correggio su Parma, Rolando fu coinvolto in una rixa a Borgo San Donnino e rimase ferito alle mani (luglio 1314). Rientrato in città il mese successivo, si impose gradualmente nella scena politica locale. Fu lui (che di Giberto era nel frattempo divenuto cognato) a orchestrare assieme a Gianquirico Sanvitale, Obizzo da Enzola e Paolo Aldighieri la cacciata di Giberto dalla città (luglio 1316: Chronicon parmense ab anno MXXXVIII usque ad annum MCCCXXXVIII, a cura di G. Bonazzi, 1902-1904, pp. 134 s., 146).
Rossi e Sanvitale furono abili a cavalcare il nuovo clima politico e a estendere una progressiva tutela sulle istituzioni popolari, orientandone l’azione contro le famiglie rivali (Gamberini, 2010, p. 173).
Nel 1322 erano maturi i tempi per un nuovo ribaltone: i Rossi organizzarono l’espulsione dei Sanvitale e la pacificazione con i Correggio (Chronicon parmense, cit., pp. 166 s.). Per consolidare il proprio potere Rolando condusse Parma nell’orbita della Chiesa: l’alleanza con Bertrando del Poggetto gli valse la nomina a capitaneus Ecclesiae (giugno 1325). Con un esercito molto numeroso si rese protagonista di alcune vittorie: da capitano percepiva una rendita giornaliera di trenta fiorini, che gli permetteva di vivere «multum honorifice» (Chronicon parmense, cit., p. 178).
Lo stretto rapporto con il legato permise a Rolando di mediare concessioni a favore di fideles e amici (G. Mollat, Jean XXII..., 1904-1947, n. 25623). Assieme al fratello vescovo Ugolino, poi, assunse progressivamente un atteggiamento di tipo signorile: nel novembre del 1325 i due imposero la cancellazione dei bandi a tutti coloro che essi «voluerunt dicere esse de sua parte, et sui amici» (Chronicon parmense, cit., p. 180).
I rapporti con la Chiesa iniziarono a deteriorarsi. Nel settembre del 1326 il legato impose la dedizione di Parma alla Chiesa; alla fine dello stesso anno fece poi liberare Gianquirico Sanvitale, tenuto prigioniero su istanza dei Rossi sin dal 1322 (p. 184).
La discesa del Bavaro e l’espansione scaligera in Italia settentrionale convinsero Rolando a cacciare il rappresentante papale nell’estate del 1328 e a stringere alleanza con Cangrande della Scala.
La vacanza di un potere superiore era un’occasione troppo ghiotta: domenica 25 settembre 1328, in un consiglio generale con all’ordine del giorno il «bonus status» della città, la balìa fu conferita a Rolando e a un consiglio di otto sapienti. La riforma, di fatto, ridimensionava l’Anzianato: «Rolandus vero erat dominus civitatis et districtus, et omnia fiebant ut precipiebat et volebat» (pp. 187 s.). Un mese dopo diede la giovanissima figlia Maddalucia in moglie a Francesco, illegittimo di Cangrande della Scala (Varanini, 1989, p. 400). Il legame fra le due famiglie era così stretto che Rolando passò il Natale del 1328 alla corte dello Scaligero (Chronicon parmense, cit., p. 190).
Un ulteriore colpo alle istituzioni municipali fu assestato il 26 febbraio 1329, quando Rolando fu nominato capitano degli stipendiari del Comune e si stabilì che nessuno potesse essere eletto all’Anzianato «nisi de suis specialibus amicis et de sua parte». Nominò poi un consiglio di credenza composto da cento fedelissimi. Signore di fatto, Rolando prese ad assumerne anche l’immagine: fece edificare presso la sua residenza in contrada di San Giovanni un loggiato dove esponeva le proprie insegne; assunse una scorta «pro custodia sue persone» (p. 191).
Alla morte di Cangrande (luglio 1329) si recò a Bologna per intavolare trattative di pace con il legato, il quale però lo mise agli arresti, forse per il rifiuto di rappacificarsi con Sanvitale e Correggeschi. A Parma la notizia provocò «maximus dolor»: Marsilio Rossi assunse la guida della città in sua vece (p. 197).
Quando Rolando fu liberato (gennaio 1331) il clima politico era nuovamente mutato. La dipartita del Bavaro aveva spinto i fratelli Rossi a un accordo con Giovanni di Lussemburgo. Dall’alleanza con il re di Boemia, i Rossi ottennero, il 5 marzo 1331, il titolo comitale e varie giurisdizioni in territorio parmense (Dumontel, 1952, p. 73).
Rolando fu molto vicino a Carlo, figlio di Giovanni, che accompagnò spesso in viaggi diplomatici fra il 1332 e il 1333 (Chronicon parmense, cit., pp. 219, 222-224; Widder, 1993, p. 391). Quando poi l’esperienza di Giovanni in Italia volse al tramonto, l’impegno di Rolando assicurò a Parma l’appoggio del Legato papale oltre ai vicariati su Parma e Lucca (A. de Bezanis, Cronica, a cura di O. Holder-Egger, 1908, p. 90; Dumontel, 1952, p. 124).
Alla fine del 1333 a Parma i Rossi esercitavano il potere «nemine contradicente» (Chronicon parmense, cit., p. 227). Erano però soli ad affrontare le forze estrinseche, ora appoggiate dalle milizie scaligere. Nel gennaio del 1334 Rolando si recò a Bologna per chiedere aiuti militari al legato. Per facilitare le cose, i Rossi decisero l’ennesima dedizione alla Chiesa, stavolta formalizzata «sic et simpliciter», poiché sin dall’aprile tutti i consigli civici erano stati svuotati di competenze a seguito di una nuova riforma dell’assetto istituzionale (p. 231).
Nel novembre del 1334 Rolando si recò ad Avignone per chiedere aiuto alla Sede apostolica. La missione non ebbe esito: provò quindi a giocarsi la carta milanese e a far leva sull’incipiente rivalità fra Scaligeri e Visconti, offrendo a questi ultimi la signoria (Greci, 1992, p. 53).
In giugno si convinse a trattare con gli Scaligeri: il 15 due emissari (uno scelto dal consiglio cittadino, l’altro da Rolando) furono inviati a formalizzare la dedizione, letta pubblicamente il 18 (Chronicon parmense, cit., pp. 246 s.).
Nei primi mesi fra vecchi e nuovi dominatori vi fu sostanziale accordo. Gli Scaligeri confermarono ai Rossi alcuni privilegi e forse ingaggiarono i fratelli nelle imprese militari della signoria (Chronicon veronense, a cura di L.A. Muratori, 1726, col. 649). Così, l’8 luglio 1335 Rolando arruolò tre capitani tedeschi appena liberatisi dal servizio presso i Manfredi a Reggio, caduta in mano scaligera (Chronicon parmense, cit., pp. 249, 252)
Il rapporto con Mastino si guastò ben presto: nella primavera del 1336 i tre fratelli, che si trovavano a Verona ed erano di fatto «curialiter detempti» (Varanini, 1995, pp. 11 s.), fuggirono a Venezia e furono banditi dal dominio, poco prima dello scoppio della guerra fra gli Scaligeri e la lega veneziano-fiorentina. A luglio Rolando guidò le truppe fiorentine all’assedio di Lucca, difesa da Azzo da Correggio (G. Cortusi, Chronica..., a cura di B. Pagnin, 1941-1975, p. 83). Dopo la morte di Pietro e Marsilio nel 1337 fu chiamato a comandare l’esercito di stanza in Veneto (p. 86). Nell’ottobre del 1338 Benedetto XII ordinò al nunzio in Lombardia Bernardo de Lacu di informarsi sui beni della chiesa vicentina, sequestrati da Venezia e da Rolando nelle fasi concitate della guerra (J.M. Vidal, Benoit XII..., 1913-1950, nn. 2022, 2024).
Gli accordi di pace stipulati il 24 gennaio 1339 e ratificati da Rolando per la parte a lui competente quattro giorni dopo reintegrarono i Rossi nei loro beni. Poiché tuttavia a Rolando fu impedito di fare ritorno a Parma, gli fu garantita una pensione di 100 fiorini mensili (Gli atti cancellereschi viscontei, a cura di G. Vittani, II, 1929, n. 764).
Rimase dunque a Padova; nel 1340 fu nominato erede universale dal padre (Pelicelli, 1936, p. 34). Entrò a far parte del seguito di Ubertino da Carrara, supportandone la politica, per es., nel caso dell’eredità dei Camposampiero (Kohl, 1998, pp. 77-79). Nel 1344, assieme a Enrico da Lozzo (che nel 1338 aveva sposato una figlia del Rossi), fu incaricato di invitare Guglielmo II di Hainaut alla corte padovana (G. Cortusi, Chronica..., 1728, col. 911).
Rossi morì a Padova nel maggio del 1345 e fu sepolto accanto ai fratelli e al padre nella chiesa del Santo.
Negli anni Settanta i loro corpi trovarono definitiva collocazione nella cappella Lupi, all’interno della medesima chiesa (Norman, 1995, pp. 170-181; Pettenella, 1992, p. 38).
Infrantosi contro il processo di formazione degli stati regionali italiani, il progetto rossiano di insignorimento a Parma era destinato a rimanere un’esperienza irripetibile.
Toccò ai figli di Rolando, Bertrando e Giacomo (avuti dalla moglie Agnese Ruggeri) continuare il progetto di potere della famiglia, ricalibrato però sulla scala del «piccolo stato signorile» (Gentile, 2007, pp. 29 s.).
Fonti e Bibl.: Chronicon veronense ab anno 1117 ad annum usque 1278, a cura di L.A. Muratori, in RIS, Mediolani 1726, coll. 617-660 (in partic. col. 649); G. Cortusi, Chronica de novitatibus Padue et Lombardie, ibid., XII, Mediolani 1728, coll. 767-954 (in partic. col. 911); Chronicon parmense ab anno MXXXVIII usque ad annum MCCCXXXVIII, in RIS, IX, a cura di G. Bonazzi, Città di Castello 1902-1904, ad ind.; G. Mollat, Jean XXII (1316-1344). Lettres communes analysées d’après les registres dits d’Avignon et du Vatican, Paris 1904-1947, n. 25623; A. de Bezanis, Cronica, in MGH, Scriptores rerum Germanicarum, III, a cura di O. Holder-Egger, Hannoverae-Lipsiae 1908, p. 90; J.-M. Vidal, Benoit XII (1334-1342), Lettres closes et patentes intéressant les pays autres que la France, Paris 1913-1950, nn. 2022, 2024; Gli atti cancellereschi viscontei, II, a cura di G. Vittani, Milano 1929, n. 764; G. Cortusi, Chronica de novitatibus Padue et Lombardie, in RIS, XII, 5, a cura di B. Pagnin, Bologna 1941-1975, pp. 83, 86.
P. Litta, Le famiglie celebri italiane, s.v. Rossi, Milano 1837; N. Pelicelli, I vescovi della chiesa parmense, I, Parma 1936, p. 34; C. Dumontel, L’impresa italiana di Giovanni di Lussemburgo re di Boemia, Torino 1952, pp. 73-124; G.M. Varanini, Della Scala, Cangrande, in Dizionario biografico degli Italiani, XXVII, Roma 1989, pp. 393-406 (in partic. p. 400); R. Greci, Parma medievale. Economia e società nel Parmense dal Tre al Quattrocento, Parma 1992, p. 53; P. Pettenella, Sull’arca di Raimondino Lupi, in Il Santo, n.s., XXXII (1992), 1, p. 31-61 (in partic. p. 38); E. Widder, Itinerar und Politik. Studien zur Reiseherrschaft Karls IV. südlich der Alpen, Köln-Weimar-Wien 1993, p. 391; D. Norman, Those who pay, those who pray and those who paint: two funerary chapels, in Siena, Florence and Padua. Art, society and religion 1280-1400, a cura di D. Norman, New Haven-London 1995, pp. 169-194 (in partic. pp. 170-181); G.M. Varanini, Istituzioni, politica e società nel Veneto (1329-1403), in Il Veneto nel medioevo. Le signorie trecentesche, a cura di A. Castagnetti - G.M. Varanini, Verona 1995, pp. 5-124 (in partic. pp. 11 s.); B.G. Kohl, Padua under the Carrara, 1318-1405, Baltimore 1998, pp. 77-79; M. Gentile, La formazione del domino dei Rossi tra XIV e XV secolo, in Le signorie dei Rossi di Parma tra XIV e XVI secolo, a cura di L. Arcangeli - M. Gentile, Firenze 2007, pp. 23-55; A. Gamberini, Il contado di fronte alla città, in Storia di Parma, III, 1, Poteri e istituzioni, a cura di R. Greci, Parma 2010, pp. 169-211 (in partic. pp. 29 s.).