ROMA - Musei e collezioni
Il panorama delle collezioni medievali romane è estremamente variegato e frammentato, per la presenza puntiforme di materiale in quasi tutte le raccolte cittadine, motivata soprattutto dal continuo evolversi della metodologia degli studi medievali e del concetto stesso di conservazione.Nel 1916 il palazzo di Venezia dall'Impero austriaco passava allo Stato italiano, che se ne appropriava per accogliervi 'opere d'arte insigni' e allestirvi un museo del Medioevo, del Rinascimento e del Barocco sotto la direzione di Federico Hermanin (Aliberti Gaudioso, 1976). Nel museo confluì quindi un primo nucleo di opere, provenienti dal Mus. Kircheriano, da Castel Sant'Angelo e dalla Gall. Naz. d'Arte antica, poi arricchito con donazioni e acquisti.
Nei primi anni Cinquanta, però, con la ripresa degli studi storiografici sul Medioevo, fu avvertita l'esigenza di creare un museo archeologico per contenere i principali reperti di età altomedievale (Arena, Paroli, 1993). Su questa linea si poneva già nel 1955 il Consiglio Superiore delle Antichità e Belle Arti, su proposta di Mario Salmi, auspicando la creazione di un museo dell'Alto Medioevo che contenesse i reperti provenienti da tutto il territorio nazionale. Successivamente, tuttavia, a seguito di variazioni di tendenza sopraggiunte nella conservazione museale e di difficoltà oggettive (Melucco Vaccaro, 1983), l'acquisizione fu limitata ai pezzi reperibili sul territorio già di competenza della Soprintendenza alle Antichità di Roma - Lazio, Umbria, Marche - con l'unica eccezione di un frammento abruzzese da Montorio al Vomano, donato al Mus. Naz. Romano alla fine dell'Ottocento. Il primo nucleo della raccolta del Mus. dell'Alto Medioevo è costituito infatti dal materiale proveniente dal Mus. Naz. di Castel Sant'Angelo, al quale erano già pervenute nei primi anni del Novecento, per allestire un museo della città, molte opere altomedievali dal Mus. Naz. Romano, che a sua volta inviò un altro lotto nel 1957 direttamente alla sede della nuova esposizione. La collezione del Mus. Naz. Romano era costituita dai pezzi recuperati negli sventramenti a R. e nelle necropoli longobarde di Nocera Umbra sulla via Flaminia, portata alla luce da Pasqui negli anni 1897-1898, e di Castel Trosino sulla via Salaria, scavata da Mengarelli tra il 1893 e il 1896 (Arena Taddei, Paroli, 1986), o pervenuti attraverso la Coll. Simonetti (paliotto c.d. dell'Aracoeli) e il mercato antiquario (lastra con l'Ascesa al cielo di Alessandro Magno), mentre i pezzi della Coll. Gorga sembra siano giunti direttamente da Castel Sant'Angelo. Nel Mus. dell'Alto Medioevo è confluito, inoltre, il materiale proveniente dai siti archeologici di S. Cornelia e S. Rufina nella Campagna Romana - scavati dalla British School at Rome negli anni Sessanta e Settanta - ma non tutto ciò che è stato rinvenuto nel tempo sul territorio, a tutt'oggi disseminato di una serie di antiquaria: Antiquarium Forense, Antiquarium del Palatino, Antiquarium Ostiense, castello di Giulio II e magazzini a Ostia Antica, deposito del Pantheon (Paroli, 1983).
La creazione del Mus. dell'Alto Medioevo, investendo un arco cronologico e geografico estremamente limitato, non comportò il totale impoverimento del Mus. del Palazzo di Venezia, dove comunque rimasero alcune sezioni dedicate al Medioevo, ricche soprattutto di opere più tarde. Nel nuovo allestimento, curato nel 1985 da Franco Minissi, le sale dell'appartamento Cibo sono dedicate al Medioevo e i loro materiali presentati secondo "il principio del collezionismo che è alla base delle varie raccolte confluite nel Mus. del Palazzo di Venezia comprese quelle messe insieme dal museo stesso" (Bernini, 1985), essendo impossibile nel caso specifico la sistemazione cronologica o tipologica e rivelandosi superato al tempo stesso anche l'originario ordinamento come appartamento nobile, collocabile cronologicamente fra il Quattrocento e il Cinquecento, realizzato nel museo al momento della sua creazione, secondo la tendenza del tempo. Vi sono esposti: pezzi di scultura altomedievale e, tra i bronzi, uno dei due frammenti - l'altro è nei Mus. Vaticani - della porta ageminata d'argento (1070 ca.) della basilica di S. Paolo f.l.m.; alcune sculture lignee tra cui la Madonna detta di Acuto (1222 ca.); ceramiche romane, laziali e toscane; smalti, oreficerie e avori, tra i quali il trittico con la Déesis e santi della Casanat. e la lunetta a traforo in metallo dorato dal frontale della Confessione di S. Pietro, proveniente dal santuario di S. Maria in Vulturella; dipinti su tavola; matrici sigillari della Coll. Corvisieri, databili tra il sec. 12° e il 14°, come quelle del monastero di S. Maria in Pallara (od. S. Sebastiano al Palatino), del rappresentante imperiale a R., Pietro dei Prefetti, e dell'imperatore Carlo IV (1347-1378). Nella sezione dedicata ai tessuti è conservato un frammento di vestis litterata, con crittogramma costantiniano, facente parte del c.d. tesoro di Tivoli (Casanova, 1985b).Più o meno contemporaneamente all'istituzione del Mus. dell'Alto Medioevo veniva creato a R. l'altrettanto specialistico Mus. Naz. d'Arte Orientale, inaugurato nel 1958 a palazzo Brancaccio a seguito di un accordo tra il Ministero della Pubblica Istruzione e l'Ist. Italiano per il Medio ed Estremo Oriente (ISMEO), che avrebbe esposto le sue raccolte. I bronzi, le ceramiche, i marmi, le terrecotte, le sculture lignee e i tessuti conservati provengono da scavi o dal mercato antiquario, oppure da depositi a lungo termine o anche da scambi con altri paesi e istituzioni e interessano un'area geografica compresa tra l'Iran e il Giappone per un arco cronologico che dall'età protostorica giunge fino ai giorni nostri (Faccenna, 1960-1961; 1980). Per il periodo medievale sono da segnalare in particolare le ceramiche iraniche (secc. 9°-13°) e i vasi in lustro metallico delle officine di Rayy e di Kāshān (secc. 12°-13°), da cui provengono anche le mattonelle per la decorazione architettonica del 13° e 14° secolo.A incrementare le collezioni dell'appena istituito Mus. del Palazzo di Venezia contribuirono inizialmente anche pezzi medievali pervenuti dalla Gall. Naz. d'Arte antica, costituita già nel 1895 con le donazioni del palazzo e della Coll. Corsini (1883), alla quale si aggiunsero le acquisizioni delle raccolte Torlonia (1892), del Monte di Pietà (1892), Odescalchi (1895), Hertz (1915), Chigi (1918). Con le nuove collezioni subentrarono però problemi di spazio che comportarono l'acquisto nel 1949 di palazzo Barberini, dove dal 1955 vennero esposte tutte le opere che esulavano dal nucleo originario della Coll. Corsini, contenuta interamente nell'omonimo palazzo, come testimonianza del collezionismo della prima metà del 18° secolo. Palazzo Barberini rimase invece come raccolta aperta, suscettibile di ampliamenti, e come tale vi sono conservati i pochi pezzi medievali che non figuravano nella primitiva collezione e che in alcuni casi, dopo un periodo di deposito al Mus. del Palazzo di Venezia, sono stati recuperati dalla Gall. Naz d'Arte antica (Aliberti Gaudioso, 1976). In particolare nel palazzo Barberini sono esposti: croci dipinte; un nucleo di opere di pittori riminesi del sec. 14°; una Madonna con Bambino riferibile all'ambito di Simone Martini, che, dalla sua sede di provenienza (Mus. del Palazzo di Venezia), viene detta del Maestro della Madonna di Palazzo Venezia; smalti e metalli, fra i quali la capsella limosina proveniente dall'ex Mus. Artistico Industriale.Tra le grandi collezioni ancora private di R. - molte disperse per le mutate condizioni economiche, politiche e sociali delle famiglie di appartenenza - solo la Gall. Colonna contiene al suo interno alcuni pezzi medievali, grazie a Marcantonio Colonna (1881-1947) e a sua moglie, che hanno mantenuto integra la collezione, all'interno della quale è conservato per es. il mosaico (seconda metà sec. 13°) proveniente da S. Maria in Aracoeli e raffigurante un Colonna, probabilmente Giovanni, in adorazione davanti alla Vergine e ai ss. Giovanni e Francesco, nonché la Crocifissione firmata da Jacopo Avanzi.Altri materiali medievali sono presenti nei musei gestiti dalla Soprintendenza ai Beni Culturali del Comune di Roma, tra i quali, al primo posto, figura il Mus. Capitolino, la più antica raccolta al mondo di opere d'arte, il cui nucleo originario è infatti costituito dai bronzi lateranensi donati da Sisto IV nel 1471 al popolo romano. I pochissimi pezzi di scultura medievale, conservati nel palazzo dei Conservatori, hanno però diversa provenienza, essendo generalmente legati alla storia del colle capitolino come luogo deputato nel Medioevo non solo alle funzioni politiche, ma anche al mercato e all'amministrazione della giustizia. Di queste attività infatti restano le testimonianze nel museo con la statua di Carlo d'Angiò, proveniente probabilmente dal tribunal dell'Aracoeli, e le misure dell'olio, del vino e del grano, precedentemente collocate sulla piazza. Nel palazzo Senatorio (sala del Carroccio) si conservano l'iscrizione relativa al carroccio milanese, portato a R. da Federico II che se ne era impadronito nella battaglia di Cortenuova (1237), pezzi di scultura altomedievale e il famoso rilievo circolare con scene della Vita di Achille, adattato nel sec. 13° a pannello cosmatesco dell'ambone dell'Aracoeli (Petrassi, Guerra, 1974). Figurano nella raccolta anche due iscrizioni provenienti da S. Clemente e nel Medagliere aurei bizantini e monete medievali papali.I dipinti medievali - per es. due pannelli del polittico (1335 ca.) proveniente dal convento di S. Cerbone presso Lucca (altri due sono conservati a Lucca, Mus. Naz. di Villa Guinigi e un terzo a Washington, Nat. Gall. of Art) - entrarono nel museo solamente nel 1936 con la Coll. Sterbini, acquisto estremamente recente della Pinacoteca Capitolina, costituita già nel 1748-1749 da Benedetto XIV con l'acquisizione delle quadrerie Sacchetti e Pio di Savoia, che, rispecchiando i gusti dei proprietari, erano prive di opere dei c.d. primitivi (Pietrangeli, 1964; Petrassi, Guerra, 1974).Nel Mus. di Roma, ospitato dal 1952 all'interno di palazzo Braschi, sono invece conservate le raccolte relative alla storia della città, ai suoi scavi e sventramenti. Il palazzo, commissionato da Pio VI Braschi (1775-1799) a Cosimo Morelli per destinarlo ai suoi nipoti, fu acquistato nel 1871 dallo Stato come sede del Ministero dell'Interno e poi nel 1949 concesso al Comune per allestirvi il museo della città (Ricci, 1989), ospitato dal 1930 nell'edificio dell'ex pastificio Pantanella in piazza Bocca della Verità. Tra il materiale in esso custodito meritano particolare attenzione alcuni affreschi medievali, la collezione di ceramiche medievali (Mazzuccato, 1990) e quella di marmi altomedievali - in quest'ultima è confluita anche parte del materiale dello smembrato Mus. Artistico industriale, fondato nel 1872 dalla Giunta comunale come supporto alla scuola comunale d'arte applicata all'industria -, che costituisce un settore consistente della raccolta comunale, suddivisa tra l'Antiquarium comunale, l'Albergo della Catena e i magazzini del teatro di Marcello, dell'area sacra di largo Argentina, del Foro di Augusto (Paroli, 1983; Per il nuovo Museo di Roma, 1994-1995).Nel 1958 furono inoltre acquistati dal museo tre frammenti musivi dell'antica basilica di S. Pietro, pervenuti - attraverso i Torlonia - dal feudo di Poli della famiglia Conti, alla quale erano stati donati dai pontefici, probabilmente in due momenti successivi, nel 1596 e nel 1606. Si tratta del busto di Gregorio IX, pertinente all'originaria facciata, di quello di Innocenzo III e di una fenice, riconosciuti come provenienti dall'antica abside, demolita nel 1592 (Iacobini, 1989).Allo stesso contesto absidale è riconducibile anche un quarto frammento, l'Ecclesia Romana, facente parte della Coll. Barracco già dal 1905 e quindi come tale conservato attualmente nel Mus. Barracco, che riveste ancora carattere di collezione privata. Il museo fu infatti allestito nei locali della Piccola Farnesina ai Baullari per contenere la raccolta donata nel 1904 al Comune di Roma dal barone Giovanni e conservata fino al 1938 nel Mus. di Scultura Antica, costruito nei pressi della via Paola, a spese dello stesso Barracco, dall'architetto Gaetano Koch e poi, nel 1938, distrutto dallo sventramento di corso Vittorio. Dal 1913, data di morte del collezionista, fino al 1938, il museo fu diretto da Ludwig Pollak, esperto d'arte che aveva già indirizzato il collezionista nei suoi acquisti. Dal 1938 la raccolta fu riposta in casse, fino a quando nel 1948 venne nuovamente esposta al pubblico nel palazzo della Farnesina, acquistato dal Comune nel 1900 (Il nuovo Museo Barracco, 1982; Cagiola, Cimino, Nota, 1990). Raccoglie principalmente materiale egizio, assiro, greco, ma anche alcuni pezzi medievali di gran pregio, come il citato mosaico raffigurante l'Ecclesia Romana, i frammenti di affreschi ritrovati nella casa romana sottostante lo stesso edificio e due formelle del sec. 10°-11°, relative forse all'ambone della cattedrale di Salerno, smembrato in diverse collezioni (Sorrento, Mus. Correale di Terranova; Berlino, Staatliche Mus.; New York, Metropolitan Mus. of Art). Bibl.: F. Hermanin, Il Palazzo di Venezia, Roma 1948; C. Pietrangeli, Palazzo Braschi, Roma 1958; id., Museo Barracco di scultura antica. Guida, Roma 1960; D. Faccenna, Il Museo nazionale d'arte orientale in Roma, Musei e gallerie d'Italia 6, 1960-1961, pp. 1-11; P. Hoffmann, Il Museo d'arte orientale, Capitolium 38, 1963, pp. 388-389; C. Pietrangeli, La formazione delle raccolte, ivi, 39, 1964, pp. 209-212; M. Taddei, Il Museo nazionale d'arte orientale, Palatino 8, 1964, pp. 176-180; F. Zeri, La Galleria Colonna a Roma, in Tesori d'arte delle grandi famiglie, Milano 1966, pp. 21-46; E. Gaudioso, Museo nazionale di Castel Sant'Angelo, in Arte a Roma, Firenze 1971, pp. 81-88; C. Pietrangeli, Il Museo di Roma. Documenti e iconografia, Bologna 1971; F. Guerra, Per un catalogo della scultura altomedioevale a Roma. I. I reperti delle collezioni comunali del Palazzo Senatorio, Area Sacra di Largo Argentina, X Ripartizione di Antichità e Belle Arti, Studi romani 20, 1972, pp. 56-64; La diocesi di Roma, a cura di L. Pani Ermini (Corpus della scultura altomedievale, 7), II, Spoleto 1974; M. Petrassi, O. Guerra, Il colle capitolino, Roma [1974]; F.M. Aliberti Gaudioso, Il nuovo ordinamento del Museo di Palazzo Venezia, Musei e gallerie d'Italia 21, 1976, pp. 3-12; P. Della Pergola, Le nuove sezioni del Museo di Palazzo Venezia, ivi, 22, 1977, pp. 24-28; D. Faccenna, Il Museo nazionale d'arte orientale, in Museo perché, museo come, Roma 1980, pp. 103-106; Il nuovo Museo Barracco. Mostra storica e documentaria, cat. (Roma 1982-1983), Roma 1982; A. Melucco Vaccaro, Matrici culturali e struttura del Museo dell'Alto Medioevo in Roma, ArchMed 10, 1983, pp. 7-18; L. Paroli, Prospettive per un museo archeologico medievale di Roma, ivi, pp. 19-42; D. Bernini, Relazione introduttiva al progetto di riordinamento e nuovo allestimento del Museo nazionale di Palazzo Venezia, Quaderni di Palazzo Venezia 3, 1985, pp. 13-14; M.L. Casanova, Le collezioni del Museo di Palazzo Venezia, ivi, 1985a, pp. 15-16; id., Sui contenuti della sezione medioevale, ivi, 1985b, pp. 37-42; F. Minissi, Relazione al progetto generale di massima del nuovo ordinamento e allestimento del Museo di Palazzo Venezia in Roma, ivi, pp. 17-33; M.S. Arena Taddei, L. Paroli, Il Museo dell'Alto Medioevo. Breve guida alle collezioni, Roma 1986; S. Alloisi, "Perché è nazionale la gloria e l'amore delle arti". La Galleria Corsini da collezione fidecommissaria a Galleria statale. Studi per la ricostruzione del fondo storico, Quaderni di Palazzo Venezia 5, 1987, pp. 7-38; L. Mochi Onori, La Galleria nazionale di Palazzo Barberini: il nuovo allestimento delle collezioni di dipinti e la sezione del sec. XVIII, ivi, pp. 39-54; A. Iacobini, Il mosaico absidale di San Pietro in Vaticano, in Fragmenta Picta. Affreschi e mosaici staccati del Medioevo romano, cat., Roma 1989, pp. 119-129; E. Ricci, Palazzo Braschi. Storia ed architettura di un edificio settecentesco, Roma 1989; L. Cagiola, G. Cimino, M. Nota, Museo Barracco. Storia dell'edificio. La collezione egizia, Roma 1990; O. Mazzuccato, Introduzione alla ceramica medioevale del Museo di Roma, Roma 1990; M.S. Arena, L. Paroli, Museo dell'Alto Medioevo a Roma, Roma 1993; L. Del Francia Barocas, Museo dell'Alto Medioevo di Roma. I materiali copti, Roma 1994; Per il nuovo Museo di Roma, Bollettino dei Musei comunali di Roma, n.s., 8, 1994, pp. 178-207; 9, 1995, pp. 165-178; La diocesi di Roma, a cura di A. Melucco Vaccaro, L. Paroli (Corpus della scultura altomedievale, 7), VI, Spoleto 1995.
P. Rossi
Musei e collezioni vaticane. - La formazione della raccolta di antichità cristiane e medievali della Biblioteca Apostolica Vaticana trasse la propria origine dal sostrato di interessi coltivati nei circoli antiquari della R. tardoseicentesca: il diffondersi degli studi e la loro crescente specializzazione contribuirono al compimento di una riflessione storiografica avviata oltre un secolo prima dalla pubblicistica controriformista e tendente alla rivalutazione delle testimonianze materiali del cristianesimo primitivo. Precedenti isolati di tale atteggiamento si possono già cogliere nel Mus. Puteano di Cassiano Dal Pozzo (1588-1657) e in quello Kircheriano di Athanasius Kircher (1601-1680), che traducevano in chiave museografica le istanze apologetiche degli Annales di Cesare Baronio (v.); ma fu solo nel 1703 che l'erudito veronese Francesco Bianchini (1662-1729), nominato da Clemente XI (1700-1721) commissario delle Antichità di Roma, venne incaricato della creazione in Vaticano di un museo ecclesiastico incentrato sulla raccolta di documenti epigrafici e comprendente, accanto a materiali classici e tardoantichi, anche lastre e iscrizioni medievali. Il nuovo museo ebbe vita breve - nel 1716 la maggior parte dei reperti era già dispersa -, ma l'importanza della sua fondazione risiede nel fatto che per la prima volta testimonianze dei secoli di mezzo venivano raccolte per il loro valore documentario ed esposte nelle adiacenze del cortile Ottagono, in una prospettiva di continuità storica con le più alte espressioni dell'arte antica. L'acquisto, da parte di Clemente XII (1730-1740), della raccolta numismatica del cardinale Alessandro Albani (1692-1779) portò alla fondazione, poco dopo, del primo nucleo del Medagliere (oggi compreso in BAV), sistemato nei pressi del Belvedere, nella galleria ricavata dalla chiusura del portico occidentale del cortile (1738): qui, all'interno di armadi fregiati dell'arma del pontefice e sormontati dai vasi 'etruschi' della collezione Gualtiero di Orvieto - provenienti dall'eredità del cardinale Filippo Antonio (m. nel 1728) - avrebbero trovato sistemazione nei decenni successivi le raccolte confluite nella biblioteca per volere di Benedetto XIV (1740-1758), come quelle, acquisite fra il 1741 e il 1747, del cardinale Gaspare Carpegna (1625-1714; monete, cammei, vetri dorati e suppellettile catacombale), di Francesco Ficoroni (1664-1747; bolli plumbei e sigilli), di Anton Francesco Gori (1691-1757) e Giuseppe Bianchini (1704-1764; archeologia etrusca e paleocristiana), di Saverio Scilla (numismatica papale), di Alessandro Gregorio Capponi (1683-1746; monete e medaglie antiche), di Pier Leone Ghezzi (1674-1755; cammei e intagli antichi), di Filippo Buonarroti (1761-1837) e Flavio I Chigi (1631-1693; vetri dorati). A queste si aggiunsero dopo il 1749 quelle di Bartolomeo Cavaceppi (1716-1799; sarcofagi e iscrizioni paleocristiane) e, soprattutto, di Francesco Vettori (1692-1770; gemme, cammei, intagli su cristallo), comprendenti fra l'altro bronzi, vetri dorati, avori, smalti, oreficerie e tavole dipinte.La raccolta così ampliata fu sistemata in fondo alla galleria di Urbano VIII, in ambienti appositamente studiati e decorati di marmi antichi (1756). Una lapide sul prospetto d'ingresso informava come il nuovo museo venisse istituito "ad augendum Urbis splendorem et asserendam religionis veritatem", sottraendo alle devastazioni del tempo reliquie sacre alla memoria della cristianità. Nel 1757 la costituzione Ad optimarum artium sanciva la nascita del Mus. Sacro (o Cristiano, oggi compreso in BAV), dettando le linee-guida della sua organizzazione e affidandone la curatela allo stesso Vettori.Il successore di Benedetto XIV, Clemente XIII (1758-1769), ordinò con un breve del 4 agosto 1761 il trasferimento di una parte delle raccolte all'estremità opposta del 'corridore del Belvedere', nel tratto finale della galleria Clementina: nasceva così, in rapporto dialettico con il Mus. Sacro, il nuovo Mus. Profano (oggi anch'esso compreso in BAV), comprendente, oltre alle raccolte numismatiche, la parte profana della Coll. Carpegna. Su suggerimento del cardinale bibliotecario, l'influente collezionista Alessandro Albani, al riordino delle raccolte fu chiamato il tedesco Johann Joachim Winckelmann (1717-1768), letterato e studioso di antichità alla corte di Augusto II di Sassonia, passato al servizio del porporato dopo il trasferimento a R. nel 1755. Il 17 aprile 1763 Winckelmann veniva nominato prefetto delle Antichità, antiquario apostolico e commissario per le Antichità della Camera Apostolica, con l'incarico della custodia delle Antichità profane della Biblioteca Apostolica Vaticana. La morte, sopravvenuta cinque anni dopo in tragiche circostanze, gli impedì di completare l'opera di riordino e catalogazione dei reperti, proseguita, dopo l'acquisto della raccolta Assemani (numismatica antica e medievale, 1768), dal vecchio Francesco Vettori e portata a termine, alla morte di quest'ultimo, dal 'bidello' Giovanni Elia Baldi, prefetto dei Musei della Biblioteca a partire dal 1770.Contemporaneamente alla ristrutturazione dell'antico palazzetto innocenziano e all'allestimento dei nuovi musei di scultura, fondati da Clemente XIV (1769-1774) e ampliati sotto Pio VI (1775-1799), proseguiva la campagna di incremento delle raccolte epigrafiche, alla cui catalogazione fu chiamato fin dal 1772 monsignor Gaetano Marini (1740-1815), primo custode e poi prefetto della Biblioteca. Una parte del materiale, diviso nelle sezioni pagana e cristiana, pervenne dalla vendita del disperso Mus. Kircheriano all'indomani della soppressione della Compagnia di Gesù (1774). Fu sistemata nel 'corridore della Libraria', nel tratto opposto al braccio clementino della biblioteca, corrispondente all'od. Mus. Chiaramonti (facente parte dei Mus. Vaticani). Nella stessa galleria Clementina la stanza delle Medaglie, adiacente al nuovo ingresso del Mus. Pio-Clementino (oggi nei Mus. Vaticani), si arricchiva dei bronzetti provenienti dagli scavi di Otricoli (1776-1783) e del Laterano (1779-1788), come pure del vasellame recuperato dai lavori di bonifica nelle paludi pontine. Nell'ambito delle arti minori un'attenzione particolare veniva riservata alle opere di glittica, per le quali Luigi Valadier (1726-1785), creato nel 1779 'Soprintendente alli Restauri di bronzi antichi e legature di cammei ai due Musei Sacro e Profano', fu incaricato di realizzare una serie di preziose incorniciature in metallo e pietre dure. L'ingente raccolta, comprendente oltre un centinaio di esemplari, andò perduta negli anni della rivoluzione ed è oggi nota solo attraverso una serie di duecentocinquanta rami incisi nel 1784 (Roma, Ist. Naz. per la Grafica, Calcografia Naz.).All'indomani dell'invasione delle legazioni da parte dell'Armée d'Italie e delle azioni belliche che portarono alla resa di Tolentino il 19 febbraio 1797, il papa fu costretto a ottemperare alle dure condizioni imposte dal trattato di pace con la Francia, che prevedevano il pagamento di un'indennità di guerra e la consegna a una commissione di esperti di cento opere d'arte e cinquecento manoscritti da trasferire a Parigi. Le sottrazioni napoleoniche infersero un duro colpo alla consistenza delle collezioni di pittura e scultura dei musei Vaticani, ma anche le raccolte sacre e profane della biblioteca ebbero a soffrire dei ripetuti saccheggi perpetrati durante l'occupazione militare e dell'invio alla Bibliothèque Nationale di Parigi di quel che restava del Medagliere pontificio, comprese le collezioni Albani, Carpegna e Odescalchi (1798).Dopo la caduta di Napoleone, il congresso di Vienna (1814-1815) sancì la restituzione delle opere sottratte agli stati vinti e le trattative, per quel che riguarda lo Stato della Chiesa, furono condotte da Antonio Canova (1757-1822), ispettore generale delle Belle Arti, e da Alessandro d'Este (1787-1826), segretario. La missione fu coronata da un sostanziale successo e importanti nuclei collezionistici poterono essere recuperati ed esposti, contro il parere degli antichi proprietari, in un'unica sede, secondo i voti delle potenze che avevano appoggiato le rivendicazioni della Santa Sede. La Biblioteca, che aveva incaricato delle trattative gli abati Marino Marini, nipote del prefetto Gaetano, e Giovanni Battista Sartori Canova, fratello uterino dello scultore, poté recuperare solo una minima parte del materiale trafugato.Frattanto le estese campagne di acquisto promosse fin dai primi anni del pontificato di Pio VII (1800-1823) avevano gradualmente colmato le lacune aperte nei musei di scultura dalle asportazioni francesi, rendendo necessaria l'apertura nel 1807 di una nuova ala espositiva, individuata nel portico orientale del Belvedere, nel tratto già utilizzato da Clemente XIV per l'allestimento della raccolta epigrafica. L'apertura del nuovo museo - che fu poi detto Mus. Chiaramonti dal nome del suo fondatore - provocò ingenti lavori di pavimentazione e livellamento per il trasferimento nel tratto settentrionale del 'corridore' delle oltre mille iscrizioni della raccolta lapidaria, recentemente arricchite dall'acquisto delle collezioni del Capitolo di Santa Maria in Trastevere (1806), del cardinale Di Pietro (1807), di Pier Luigi Galletti (1808), di monsignor Rusconi (1808) e del cardinale Francesco Saverio Zelada (1808). Alla classificazione e al trasporto dei reperti, ordinatamente murati sulle pareti della galleria, sovrintese lo stesso monsignor Gaetano Marini, che mantenne la prefettura della Biblioteca fino all'aprile 1808.Per quel che attiene alle collezioni di pittura, fin dalla metà del sec. 18° il Mus. Sacro aveva ospitato una piccola raccolta di icone, prevalentemente di area cretese-veneziana, inventariate da Francesco Vettori nel suo Index del 1762. Più tardi, indipendentemente dalla fondazione nell'appartamento Borgia della Pinacoteca di Pio VII - allestita con le opere rientrate da Parigi all'indomani della Restaurazione -, la biblioteca procedette a un'autonoma campagna di acquisti e alla formazione di una propria collezione di 'primitivi', incentrata sui dipinti provenienti dalla raccolta dell'avvocato Agostino Mariotti, acquisiti nel 1820. Un secondo e maggiore incremento si ebbe per iniziativa di monsignor Gabriele Laureani, secondo custode della Biblioteca dal 1831 e primo custode dal 1838 al 1849: secondo una notizia riferita da d'Achiardi (1929), ma a tutt'oggi mancante di conferme documentarie, il prelato avrebbe indirizzato agli Ordini religiosi di molte città italiane una lettera circolare, invitandoli a offrire le opere d'arte bizantina e medievale che si trovassero inutilizzate presso di loro. Il coinvolgimento personale di Laureani, ricordato da un osservatore attento come Moroni (1848), è provato dal particolare taglio della raccolta, basato in misura maggiore sull'interesse tipologico dei dipinti che sull'integrità originaria delle opere o su criteri di esposizione cronologico-stilistica.Nel 1837 la collezione così ampliata veniva sistemata nella sala che fu poi detta degli Indirizzi, all'interno degli armadi disegnati da Raffaele Stern per la biblioteca del cardinale Zelada; vi figuravano centottantuno dipinti su tavola, prevalentemente di scuola senese, fiorentina e umbro-marchigiana, anche se non mancavano opere di provenienza emiliana e adriatica, che permettevano di delineare con particolare cura la storia della pittura italiana del 14° secolo.Ancora sotto il pontificato di Gregorio XVI (1831-1846), le raccolte della biblioteca si arricchirono di importanti opere di glittica, in parte provenienti da scavi nelle catacombe, in parte da acquisti o lasciti di privati, come i cammei acquisiti dall'incisore Giuseppe Girometti (1779-1851) o il complesso di duecentocinquantacinque gemme provenienti dall'eredità del cardinale Placido Maria Zurla (1769-1834). Sotto Pio IX (1846-1878) gli studi di antichità cristiane conobbero notevole impulso grazie all'istituzione, nel 1852, della Commissione di Archeologia Sacra e alla fondazione, due anni più tardi, del Mus. Pio Cristiano, allestito da Giuseppe Marchi (1795-1860) e Giovanni Battista De Rossi (1822-1894) nella nuova sede del palazzo Lateranense (ora ai Mus. Vaticani). La collezione, inaugurata dal pontefice il 9 novembre 1854, era articolata in due sezioni, la prima delle quali composta prevalentemente da sarcofagi, la seconda da iscrizioni. Il complesso, divenuto la più grande raccolta esistente di monumenti paleocristiani, fu integrato nel 1855-1857 con copie di pitture cimiteriali e con un gruppo di pitture originali dei secc. 12°, 13° e 14°, facenti parte dei complessi affrescati in S. Nicola in Carcere e in S. Agnese fuori le mura.Con il pontificato di Leone XIII (1878-1903) non si verificarono incrementi di rilievo, se non l'acquisto, da parte del Medagliere, della raccolta di monete papali del cardinale Lorenzo Ilarione Randi (1818-1887), costituita da oltre ventiseimila esemplari di età medievale, moderna e contemporanea (1901). Pio X (1903-1914) assegnò alla biblioteca (1906) i preziosi cimeli rinvenuti entro l'altare della cappella del Sancta Sanctorum al Laterano (BAV, Mus. Sacro), decretando al tempo stesso il trasferimento delle collezioni di pittura alla nuova Pinacoteca (Mus. Vaticani). Con l'acquisizione dei 'primitivi' e delle icone del Mus. Sacro, le collezioni di pittura dei Mus. Vaticani raggiungevano un grado di rappresentatività paragonabile a quello di altre grandi collezioni italiane, avvalendosi di un ordinamento per epoche e per scuole improntato a moderni principi museografici. La conciliazione fra l'Italia e la Santa Sede con la firma dei patti Lateranensi del 22 febbraio 1929 e l'istituzione del nuovo Stato della Città del Vaticano portarono all'inaugurazione, il 27 ottobre 1932, del grandioso edificio della Pinacoteca, costruito sotto Pio XI (1922-1939) dall'architetto Luca Beltrami (1854-1933). Le raccolte di pittura medievale, unificate al resto delle collezioni, furono ospitate nelle prime due sale del museo, mentre anche la collezione di icone, dopo aver sostato per qualche tempo negli stessi ambienti, veniva collocata definitivamente in una saletta attigua all'atrio della Pinacoteca (1972). Ancora sotto Pio XI sono da registrare l'acquisizione, nel 1934, del Giudizio di scuola romana proveniente dall'oratorio di S. Gregorio Nazianzeno presso la chiesa di S. Maria in Campo Marzio ed eseguito, nella seconda metà del sec. 12°, dai maestri Niccolò e Giovanni, e quella - in deposito dalla Reverenda Fabbrica di S. Pietro - del trittico commissionato a Giotto per l'altare maggiore della basilica di S. Pietro (trittico Stefaneschi), dipinto verso il 1320 e conservato fino al 1931 nella sagrestia della basilica stessa. Lo stesso pontefice dispose il riordino, nel 1934, delle raccolte del Mus. Sacro, dove confluirono nuovi oggetti dal tesoro della cappella Sistina e dalle altre cappelle pontificie.Al di fuori della biblioteca e dei musei propriamente detti, un cospicuo nucleo di antichità medievali era quello originariamente costituitosi presso la Reverenda Fabbrica di S. Pietro in Vaticano, l'antico Mus. Petriano o di S. Pietro, realizzato sotto Pio XI dall'architetto Giovanni Battista Giovenale (1894-1934) e ideato da monsignor Giuseppe Cascioli (1854-1934) allo scopo di raccogliere ed esporre materiali inerenti alle distinte fasi decorative della basilica. Inaugurato il 14 febbraio 1925 ma già lesionato nel 1945, l'edificio, incuneato fra il braccio di Carlo Magno, il palazzo del Santo Uffizio e la chiesa di S. Maria della Pietà in Campo Santo, fu demolito nel 1966 per fare posto al cantiere dell'aula delle Udienze. Dopo la chiusura del museo e la dispersione delle raccolte, parte dei reperti venne trasferita nell'appartamento pontificio di rappresentanza, parte nei Mus. Vaticani e nella Biblioteca Apostolica Vaticana, parte ancora negli ottagoni, nelle fondamenta e nel Mus. Storico (Tesoro di S. Pietro) della basilica vaticana. Isolate soppravvivenze del periodo medievale - frammenti architettonici e decorativi, epigrafi, mosaici, sculture e suppellettile liturgica - si conservano anche nei musei sorti presso le aree extraterritoriali di S. Giovanni in Laterano (Roma, Mus. della Basilica, Chiostro) e S. Paolo f.l.m. (Roma, Pinacoteca; Chiostro; Lapidario Paoliano). Bibl.: Fonti inedite. - G.E. 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G. Cornini