Romania
Presupporre, com'è stato fatto da alcuni recenti indagatori della ‛ fortuna ' di D. in R., che i medici inviati dalla repubblica di Venezia a Stefano il Grande abbiano portato con sé, fra i loro libri, anche la Commedia, introducendola così alla corte del principe, cui si deve la prima fioritura artistica e culturale di schietta impronta rumena, è ipotesi soltanto suggestiva. È legittimo invece pensare che un contatto diretto con l'opera di D., conosciuta in Polonia fin dal sec. XV, si sia stabilito nelle scuole cattoliche polacche dei gesuiti, frequentate, nel corso dei secc. XVII e XVIII, dai futuri cronisti rumeni, per non parlare di quanti hanno potuto formarsi in ambienti di cultura italiani, dal principe Costantino Cantacuzino, ‛ scolaro ' dello Studio patavino (sec. XVII), ai giovani teologi delle scuole cattoliche di Blaj (i futuri promotori del movimento latinista transilvano), inviati ai collegi romani della congregazione " De Propaganda Fide ". È possibile infatti rilevare nell'opera di qualcuno di essi la presenza di D., riconoscibile nell'adozione di schemi formali (la terzina dantesca introdotta da Timoteo Cipariu [1805-1887] nella sua " Egloga in lode del vescovo Giovanni di Lemene ": Eglog pentru întronarea episcopului Lemmi, Blaj 1832); o in influssi intrinseci all'ispirazione, come nella " Visione dell'asceta Barlaam " (Vedenie ce au văzut un schimnic Varlaam...) scritta da Vasile Pogor nel 1821, come in alcuni episodi del poema eroicomico " La Zingareide " (Tiganiada), pubblicata postuma nel 1875 e nella sua versione più organica solo nel 1925, opera di uno dei poeti rumeni più sensibile all'influenza della cultura italiana, Budai Deleanu (1760-1820).
Ma si deve pur sempre parlare di testimonianze indirette. Il primo a introdurre nel circolo della cultura rumena il nome e l'opera di D. e a darne testimonianza esplicita e precisa, rimane Ion Eliade Rădulescu. Con il Rădulescu ci troviamo di fronte a un atteggiamento che si prolunga fino ai nostri giorni. La scoperta di D. corrisponde alla presa di coscienza della propria missione e del proprio destino non solo come individui, ma come nazione: una nazione che non può rinunciare, senza tradirsi, alla latinità come componente dominante della propria storia e della propria civiltà.
In Moldavia, bisogna attendere il 1865 perché il nome di D. sia autorevolmente proposto all'ammirazione del pubblico. In quell'anno il poeta G. Asachi (1788-1866), che ha in comune col Rădulescu, oltre alla vocazione di educatore delle masse, l'amore per la cultura italiana, assimilata direttamente in un lungo soggiorno a Roma, dava notizia delle celebrazioni dantesche nel mondo, deplorando che su cinque milioni di Rumeni non uno avesse ancora sentito il dovere d'impegnarsi in una traduzione. Quasi per aprire la strada, l'Asachi - che aveva già composto retorici versi celebrativi di D. anche in italiano - si cimenta nella versione del frammento 1-66 del canto XXIII dell'Inferno, in versi non rimati di 16 sillabe. Il suo appello sarà accolto però solo nel 1882 da uno scrittore di origine moldava, Nicolae Gane. Ma nello stesso anno celebrativo (1865) A. Densusianu - oltre a evocare, sulle tracce della Vita di D. del Boccaccio, la figura dell'Alighieri - pubblicava la traduzione di tre canti (If III, Pg XXVIII, Pd XXIII), in versi di 13 e 14 sillabe, raggruppati in terzine e quartine a rima alterna. Tentativo non felice, che veniva ripreso - sempre limitatamente a canti isolati o frammenti - nel 1877, con le traduzioni di I. Drăgescu (If III, in versi di 12 e 13 sillabe a rima 1-3, nella Rivista " Familia " di Budapest); e nel 1881, con la traduzione in prosa, curata da G.S. Grădisteanu, dei primi cinque canti dell'Inferno pubblicati in " Observatorul " di Sibiu). Tra queste due date s'inserisce l'opera di Maria Chitu, cui spetta il merito della prima versione integrale delle due prime cantiche. Tra il 1893 e il 1894 usciva la traduzione dei primi dodici canti dell'Inferno a c. di G. Boteanu: la prosa è meno accademica, ma non animata dal minimo soffio di poesia.
Nella prima metà del sec. XX la fortuna di D. è legata, sul piano nobilmente divulgativo, all'opera di N. Gane, di A. Marcu, di I. Tundrea (di quest'ultimo è stata pubblicata nel 1945 la traduzione in terza rima dell'Inferno, mentre è stata annunziata la stampa delle altre due cantiche nella " Biblioteca per tutti "). Sul piano artistico, il contributo più valoroso è rappresentato dalla traduzione ormai classica di G. Coşbuc: accanto a essa, a distanza di quarant'anni dalla prima edizione dell'opera del Coşbuc, è venuta a collocarsi la traduzione integrale, e anche dal punto di vista metrico fedelissima, di un'esimia italianista: Eta Boeriu (Divina Comedie, Bucarest 1965). La traduttrice unisce alla scaltrita intelligenza del testo un'autentica sensibilità artistica.
Un posto a sé merita la critica dantesca, che ha visto in quest'ultimo decennio una notevole fioritura di studi seri e autorevoli (Vianu, Façon, Duƫu, Pârvulescu, ecc.). Una segnalazione particolare merita l'italianista A. Balaci, specialmente come promotore appassionato del ritorno di D. - interpretato in chiave politico-sociale - nel circolo della cultura rumena.
Mentre si attende la stampa delle opere minori di D., che sono state integralmente tradotte in questi ultimi anni, si desidererebbe dalla critica rumena un esame delle opere ispirate e dedicate a Dante. Ci limitiamo a segnalare il dramma " La morte di D. " (Moartea lui Dante), pubblicato postumo nel 1939: l'autore, Alexandru Macedonski (1854-1920), ha voluto far rivivere in esso il suo stesso dramma, del visionario incompreso e ribelle, che ha per solo rifugio il sogno.
Bibl.-C. Tagliavini, D. in R., in " Italia che scrive " n. 11 (1921); M. Baffi, La fortuna di D. in R., in Saggi di letteratura comparata italo-romena, Roma 1957, 29-54; A. Barbieri, Traduttori romeni di D. nei secoli XIX e XX, in " Rendic. Ist. Lombardo " XCI (1957) 167-174; R. Del Conte, D. in R., in D. nel mondo, Firenze 1965, 369-405 (con ampia Bibl. delle traduzioni e dei saggi critici pubblicati dal 1848 ai giorni nostri); P. Iroaie, Momenti danteschi nella letteratura romena, in Atti Convegno D. e la Magna Curia, Palermo 1967, 555-562.